A seguito della morte di George Floyd, il vento della protesta si è propagato dagli Stati Uniti all’Italia, con la repentinità che soltanto i “social” potevano offrire.
Il movimento BLM (Black Lives Matter) oltre che a chiedere,giustamente, una presa di posizione delle istituzioni di fronte ad un ancora attuale discriminazione razziale in molti degli states, ha portato anche inevitabilmente ad un’ondata di violenza nei confronti di alcuni simboli del colonialismo, imperialismo e razzismo in generale.
Spesso questi simboli non sono nient’altro che statue.
Tralasciando lo sdegno che può esserci da parte di un amante dell’arte nei confronti di eventuali capolavori dal punto di vista sculturale, lo studioso socio-politico lo psicologo, o anche semplicemente il curioso, deve necessariamente domandarsi perché ciò avvenga.
Perché l’idea di decapitare una statua può sembrare una buona trovata per farsi sentire o per far valere il proprio punto di vista?
Nell’ultima settimana abbiamo assistito nuovamente all’iconico balletto tutto italiano dello schieramento delle parti e il punto della contesa è stato l’imbrattamento della statua dell’indimenticabile e controverso Indro Montanelli.
Indro Montanelli è stato molte cose nella sua lunga vita, fascista come la grande maggioranza dei suoi connazionali ai tempi, e anti-fascista dopo il 1943, come la grande maggioranza dei suoi connazionali ai tempi; è stato uno scrittore e uno dei più famosi giornalisti del novecento.
Difficilmente collocabile sia a Destra che a Sinistra, anche se sicuramente non collocabile nelle parti estreme delle due.
Per entrambe le fazioni non esiste un giudizio neutro nei suoi confronti, o lo si ama o lo si odia.
Questo in parte è dovuto dal suo carattere, dal suo stile di scrittura e dalla bonaria arroganza derivante da un eccellente intelletto poco discutibile anche da parte dei più forti detrattori.
Sicuramente parliamo di un personaggio sui generis, un uomo che ha avuto una vita piena di successi e che ha influenzato molti degli attuali scrittori e giornalisti.
Il motivo principale della discordia, o per meglio dire, il motivo che è stato trovato per dare vita ad una nuova battaglia ideologica, è come al solito, il suo matrimonio in Etiopia con una bambina tra i 12 e i 14 anni.
Dobbiamo prima di tutto chiarire che si trattava del 1935 e che i matrimoni combinati (ben poco cambiava da un contratto sinallagmatico) venivano celebrati anche in Italia; per di più il colonialismo era ciò che di più europeo ci potesse essere e quindi a quei tempi, ancora non si era sviluppato quel giusto disgusto nei confronti di usurpazioni di territori e dei suoi abitanti.
Alle scuole non insegnavano ciò che ci insegnano oggi e sopratutto la società, che dettava le regole di comportamento, era ben lontana da quella che solo dopo l’intervento americano abbiamo potuto costruire, basata sull’uguaglianza e la libertà.
Questa storia c’è pervenuta proprio grazie al racconto di Indro Montanelli, che non ha mai negato che ciò sia avvenuto.
Nonostante tutto ciò, non è possibile in alcun modo, giustificare il comportamento di Indro Montanelli a quei tempi.
Sebbene non si possa negare che Indro sia stato un grandissimo personaggio, un ottimo scrittore e, perché no, il più famoso giornalista italiano, allo stesso tempo, non si può difendere a spada tratta ciò che ha fatto in quegli anni.
Può essere rapportato ad un sistema di riferimento diverso, ma ha comunque avuto più volte occasioni di dirsi pentito di un errore/orrore commesso in gioventù.
Assistiamo oggi più che mai ad una rabbia disperata di moltissime donne che tutt’ora non si sentono libere di potersi dire libere.
Tralasciando i vari movimenti e le trovate social che possono avere i loro pro, ma hanno dimostrato anche molti contro, rimane comunque un grido silenzioso e pressoché inascoltato.
Sebbene ci siano stati dei grandissimi passi in avanti rispetto a decenni fa, dati alla mano,possiamo riscontrare come una disparità sia ancora viva e vegeta.
Si parla infatti di una bassissima presenza di donne manager in Italia, spesso sottopagate rispetto ai colleghi uomini a parità di competenza; un preoccupante dato anche nel mondo della libera professione, in cui ovviamente non vi sono tutele per le madri-lavoratrici; per non parlare della violenza non solo fisica, ma anche morale perpetuata regolarmente nel bel paese.
Detto tutto ciò, si capisce benissimo per quale motivo chi crede nell’uguaglianza, nella libertà e nella giustizia non possa non ignorare questi evidenti campanelli di allarme e non possa altre sì giustificare la compravendita di una donna, seppure molto tempo fa, ancora minorenne, come se fosse stata un oggetto.
A ben vedere però, sembrerebbe non tornare qualcosa.
All’inizio parlavamo di un movimento anti-razzista sviluppatosi negli Stati Uniti d’America e arrivato qui da noi.
Cosa c’entra la parità di genere?
Nonostante si possa giustamente condannare le azioni di Indro Montanelli, stride un po’ poterle definire completamente razziste.
Di fatto, molti giornalisti in questa settimana, sebbene abbiano censurato le sue azioni, hanno ben richiamato al fare attenzione a non scambiare una mentalità paternalista o retrograda con una mentalità razzista.
Se siamo tutti d’accordo che il razzismo oltre ad essere incredibilmente anacronistico, basato su tesi scientifiche vergognosamente false e a più riprese sdoganate, vada combattuto con forza, è bene non far rientrare nella categoria di razzista ciò che razzista non è.
Detto ciò, magari, chi ha compiuto il gesto di imbrattare la statua di Indro Montanelli ha voluto evidenziare che questo movimento che sta prendendo sempre più piede a livello globale, vuole toccare diverse tematiche, anche la parità di genere; cercando di portare i riflettori sopra storie magari non conosciute da tutti per avere una sorta di rivincita anche se ormai inesorabilmente fuori tempo massimo.
Se tutto questo fosse vero, viene comunque da ridire sulle modalità scelte.
Vandalizzare la statua di Montanelli, nel punto esatto in cui fu gambizzato dalle Brigate Rosse è stato un incredibile autogol, sotto molti punti di vista.
Arriviamo quindi al quesito che avevo aperto ad inizio articolo.
A parer mio l’atto di prendersela con una statua, un quadro o una raffigurazione di un personaggio non fa che avvicinare quella raffigurazione ad una portata quasi mistica, nel mondo delle idee e degli ideali; se quindi l’intento è la condanna all’oblio non possiamo che definirlo errato.
Anche la rimozione di una statua potrebbe non portare all’obiettivo prefissato.
Nel nostro caso concreto, anche se si spostasse la statua di Indro Montanelli, i suoi scritti, i suoi articoli, i libri storici da lui elaborati rimarrebbero comunque come evidente prova della sua esistenza e della sua innata capacità.
A meno che non si decida di bruciarli tutti.
Ma quello lo facevano ben altri personaggi, in una buia notte di Maggio, a Berlino.
Francesco Gadducci