Giacomo Puccini torna a Livorno con una nuova e coinvolgente versione della Madama Butterfly interamente prodotta dalla nostra Fondazione Goldoni. Carlo da Prato, responsabile della regia assieme ad Alberto Paloscia, spiega, in un’annotazione di regia, che “Cio-Cio San e Pinkerton, protagonisti dell’opera, diventano foto-ritratti che si smaterializzano in scena e che lasciano come epilogo della loro vicenda due cornici simbolicamente vuote: percezione di un’assordante assenza proiettata nell’eternità, un sogno frantumato in schegge di dolore non più sanabile”. L’opera pucciniana, in una estrema sinossi, vede svilupparsi il dramma d’amore della geisha Cio-Cio San, detta Madama Butterfly, in un climax introspettivo e drammatico composto da tre atti.
Nel primo, a Nagasaki, in un’epoca contemporanea a quella dell’autore quando dà vita alla lirica, giunge Benjamin Franklin Pinkerton, un ufficiale della marina militare statunitense. Questi, cinico ed avventuriero, s’è così invaghito della giovane geisha dal volerla subito sposare, solo con rito giapponese però, senza valore negli Usa. La quindicenne Madama Butterfly, però, crede così ingenuamente nell’amore dell’ufficiale, da abbracciare la fede cristiana ed essere rinnegata dalla sua intera famiglia. Il matrimonio e la prima notte di nozze suggellano il legame. Nel secondo atto, la fedele Suzuki, ancella dell’ormai americana Cio-Cio San, prova a consolare la giovane sposa. Pinkerton, partito poco dopo le nozze, manca già da tre anni. Aveva promesso di far ritorno a primavera, ma, ormai, soltanto Madama Butterfly, che giura di uccidersi qualora egli non faccia più ritorno, continua debolmente a credere alle parole che pronunciò l’ufficiale. Questi, si scoprirà con una lettera che invia al console Sharpless, personaggio che ha molto a cuore la sorte della giovane giapponese, si è addirittura risposato negli Stati Uniti ed ignora che ad attenderlo a Nagasaki, ci sia anche suo figlio, oltre alla sua giovane prima sposa.
Nel terzo ed ultimo atto, Pinkerton, tornato a Nagasaki con la consorte Kate, apprende con sconforto per quanto tempo Cio-Cio San l’abbia aspettato invano. Colmo di rimorso e di pentimento, non riuscirà a salvare la Madama Butterfly. Questa, dopo aver incontrato Kate, in un crescendo di disperazione, prova a riprendere in mano il proprio destino con un ultimo tragico atto. Dopo aver dato uno straziante addio al figlio, guardando un’ultima volta il suo amato Pinkerton, si uccide con la stessa lama con cui si era tolto la vita suo padre. La Madama Butterfly, si legge in un commento di Alberto Paloscia, Direttore artistico della Stagione lirica e regista dell’opera, si tratteggia, specialmente in questo allestimento, in un monodramma più che in una comune opera lirica. Questo perché al centro, c’è il viaggio intimista e psicologico della protagonista, attorno a cui ruotano tutti gli avvenimenti, i personaggi e gli straordinari componimenti musicali di Giacomo Puccini. “Abbiamo lavorato ad una versione asciutta, scarna dell’opera” continua il regista “che nella pulizia visiva mettesse in evidenza la solitudine della protagonista, vittima di una folle e monomaniaca illusione d’amore che la porterà all’autodistruzione. Butterfly vivrà questa tragica dimensione in un’atmosfera sospesa tra sogno e realismo, dove i personaggi che la circondano e la presenza dell’ambiente circostante scandiranno in modo implacabile l’attesa del ritorno di Pinkerton e l’impossibile coronamento di un sogno d’amore che la porterà, dopo aver rinnegato le sue origini e la religione del suo popolo a favore di un’entusiastica adesione al mito occidentale americano incarnato dall’uomo che ama, al rituale e solitario suicidio in stile giapponese. Tragico epilogo di un amour fou e di una attesa ostinata che confermano la fisionomia di un autentico monodramma proprio di questo grande capolavoro”.
Capolavoro interpretato alla perfezione da un cast eccezionale, musicato altrettanto magistralmente dall’Orchestra Filarmonica Pucciniana (guidata dal grande Direttore Stefano Romani), ed accompagnato dal Coro Lirico Livornese. Se del ricco cast abbiamo già dato un accenno qui, va aggiunta una nota di merito per Silvia Pantani. Volto amato al Teatro Goldoni di Livorno, nello spettacolo a cui ho assistito (venerdì 29 marzo), regala alla Madama Butterfly che interpreta un ricco e coinvolgente caleidoscopio di emozioni, in un lungo crescendo di intensità. Gioia, dolore, tribolazione, speranza, paura, disperazione ed amore, tutti i sentimenti di Cio-Cio San vengono proiettati con grazia e forza dalla sua splendida voce sugli spettatori, entusiasti e commossi. Infine, l’azzeccata scelta registica di concentrare tutta l’attenzione sulla protagonista, grazie anche all’espediente della scena unica, regala un’immersione completa nel lavoro del grande compositore lucchese. Livorno dovrebbe essere sinceramente orgogliosa di questa nuova produzione d’eccellenza interamente realizzata dalla Fondazione Goldoni.
Lamberto Frontera
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