Game over, dopo 14 anni il Livorno sprofonda nuovamente in quell’inferno della Lega Pro. Una serata da incubo quella degli amaranto che in vantaggio di 2 reti sul Lanciano si fanno recuperare sfumando la possibilità di potersi almeno giocare i playout. Con il pareggio è retrocessione diretta.
Nella serata si preannunciava l’impresa, Armando Picchi pieno, grandissima risposta della città per supportare i suoi ragazzi ed il 2 a 0 dal primo tempo aveva allentato la tensione palpabile che sovrastava Livorno. Ma poi accade quello che non ti aspetti, l’arbitro Nasca al 70° concede un rigore quanto mai dubbio al Lanciano e all’84° arriva la doccia fredda, gelata. Pinsoglio in uscita va per farfalle, il pallone finisce sui piedi di Turchi che dalla breve distanza non può fallire il pareggio. Questi episodi hanno scaldato gli spalti ed inevitabile è esplosa la dura contestazione verso la dirigenza e soprattutto contro il portiere.
Ma non è agli errori arbitrali o individuali che dobbiamo appellarci per giustificare la retrocessione in Lega Pro. Il tifoso accorto, anche se in fondo al cuore coltivava una viva speranza, sapeva che da mesi in quell’aria frizzante e salmastra era presente un’inerzia negativa alla quale sembrava ormai impossibile sfuggire. Il Livorno non retrocede in virtù del discutibile pareggio di ieri sera, il Livorno retrocede dopo aver perso tanti, troppi punti lungo il tragitto. Soprattutto a causa delle numerosissime sconfitte e pareggi ottenuti contro le dirette concorrenti, è lì che il Livorno ha perso la salvezza. Troppe volte abbiamo assistito a sconfitte indecorose e penosi pareggi in extra time. E diciamocelo chiaramente, la squadra non è neanche probabilmente così scarsa da meritare un piazzamento simile, il problema è altrove e sta nella mente. Quando la testa non c’è le gambe non girano. Il trend negativo sembrava impossibile da invertire e purtroppo così è stato. I giocatori hanno sempre avuto paura di vincere, per questo motivo abbiamo perso così tanti punti che si sono poi rivelati decisivi.
Ma errori dei giocatori e della dirigenza a parte adesso c’è solo una cosa da fare. Non sappiamo cosa accadrà a livello dirigenziale ma chi resta o chi arriverà dovrà esser convinto della propria scelta. Per come la vedo io il Livorno adesso ha l’opportunità di ricominciare in modo diverso perché altrimenti la Lega Pro da purgatorio può diventare un vero inferno. E le parole per scongiurare una lunga permanenza nella lega sono fondamentalmente queste: progetto e pianificazione. Cose che a Livorno da anni non si sono più viste e nel calcio, lo sappiamo, niente avviene per caso. Può esserci quell’annata fortunata in cui si azzeccano un paio di acquisti e tutto va nel verso giusto ma se poi alla stagione successiva li vendi a peso e d’oro e al loro posto arrivano altre scommesse che poi non pagano allora il destino è presto scritto. Per troppe stagioni è stato seguito questo modus operandi e forse ora che il Livorno ha raggiungo il fondo del barile (si spera) può solo risalire e ricominciare. Ricominciare bene, con investimenti nel settore giovanile e nello stadio, con una pianificazione a lungo tempo. Non si può andare avanti con una squadra formata da giocatori in prestito e sperare che tutto possa andare bene. Se non ci sono giocatori attaccati alla maglia ed un allenatore degno di questo nome non si potrà mai cominciare un ciclo. E forse questo è paradossalmente il momento giusto per ricominciare.
Un colpo sicuramente molto duro per la città, da ko. In una città che ormai attraversa un periodo di profonda crisi su tutti fronti almeno in questi anni chi più chi meno trovava il modo di consolarsi con i risultati che conseguiva la squadra. Un colpo che ci vorrà del tempo per metabolizzare.
Per un verso dobbiamo essere grati per quello che negli anni passati abbiamo avuto la fortuna di vedere coi nostri occhi; certe storie del Livorno calcio le potevano aver sentite solo dai racconti nostalgici dei nostri nonni. Perché diciamocelo, prima del Livorno di Protti – Lucarelli dobbiamo andare molto indietro, probabilmente direttamente a quello degli anni ’40. Ma dall’altro, un continuo tira e molla (vado, resto, vendo, non vendo) è un atteggiamento che complice i continui cambi di allenatori non può che aver nociuto alla squadra stessa. Una squadra che mai come in questa stagione è apparsa allo sbando, senza una guida ed in balia degli eventi.
Adesso il Livorno è atteso dai campi di provincia della Lega Pro, da squadre che non abbiamo neanche mai sentito nominare e da giocatori sconosciuti che daranno anima e corpo per guadagnarsi un po’ di spazio e fama contro una squadra indubbiamente importante per il baratro nel quale è finita. Non raccontiamoci frottole, chi pensa che la Lega Pro sia una passeggiata si sbaglia di grosso. Gli amaranto dovranno dare tutto loro stessi ma per uscire candidi da quella bolgia di squadre affamate è necessario ricominciare in modo serio, non vogliamo più sentire promesse scritte sulla sabbia. La parola d’ordine è progetto.
Alessio Nicolosi
[Foto La Nazione]
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