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Livore : Daniele Salvato ed il cast ci parlano della seconda stagione di Livore

Livore : Daniele Salvato ed il cast ci parlano della seconda stagione di Livore

Lo scorso venerdì abbiamo assistito alla presentazione in anteprima della webserie livornese Livore, diretta da Daniele Salvato ed ideata da quest’ultimo con la collaborazione di Veronica Riccomini. Assieme alle nostre impressioni, dovute alla proiezione dei primi due episodi della seconda stagione ancora inedita online, troverete nell’articolo anche una corposa intervista fatta a Daniele, Veronica, Melinda Susini, Jacopo Mauriello e Rachele Salvini, quest’ultimi nei ruoli di co-sceneggiatrice, attore ed attrice.

Fare cortometraggi è una delle esperienze più difficili che possano venire in mente ai giovani o ai neo-registi in erba. Se la stesura di una sceneggiatura può essere fatta in tutta tranquillità, trangugiando biscotti deliziosi e bevendo litri di tè earl grey o buon caffè, il lavoro sul campo è tutto un altro paio di maniche. Molto spesso “l’idea” di ciò che si vuole rappresentare non coincide nemmeno minimamente con il risultato finale, in altre, invece, bisogna fare i conti con le limitazioni imposteci dal tempo, portafoglio e mezzi, perché non tutti si possono permettere la telecamera d’ultimo modello o un team di collaborato come quelli di Scorsese o J.J. Abrams al proprio seguito.

I corti, tuttavia, hanno un grandissimo punto di forza, e se volessimo essere onesti, esso è basato proprio sulla necessità e la volontà di voler raccontare storie, tramite il linguaggio cinematografico, pur essendo consci che queste non saranno mai “belle” o “curate” come vorremmo o come desidereremo che fossero.

Livore, un progetto prodotto da Livorno Artistica, nato dalla mente di Daniele Salvato e Veronica Riccomini, oggi giunto alla sua seconda stagione, è una web serie che al suo interno gode proprio dei privilegi sopra descritti. Pur non essendo perfetta dietro al profilo tecnico, e mostrando lacune evidenti per quel che concerne la regia e la messa in scena, resta un potente e sincero attestato di amore verso il cinema e voglia di divertirsi e far divertire. Non è poco di questi tempi, tenetelo a mente. Oggi tutti vogliono partecipare ad ogni festival di cui vedono il manifesto o bando su Facebook, convinti di proporre al mondo il nuovo “Quarto Potere”. Purtroppo, poi, la realtà è un’altra: il pubblico deve sorbirsi quindici minuti di nulla totale, supportato da un’audio pessimo, e con una storia che cerca di avere quel tocco di non senso onirico figlio di maestri come David Lynch comprensibile solo da quella mente malata che grazie alla propria elevata modestia ha deciso di condividerla con il resto del pianeta.

Livore è tutt’altra storia, e per fortuna ci sentiamo in vena di aggiungere. Bisogna, a prescindere dalla qualità estetica e tecnica non di elevatissimo livello, tener comunque presente che rispetto alla prima stagione questo seguito è fin da subito parso molto più curato e elaborato. Il primo episodio visto ci ha sorpreso e divertito, complici un paio di accozzamenti particolarmente ispirati come quello di voler riproporre l’inseguimento presente nei titoli di testa di Prova a Prendermi di Spielberg in una versione live-action con tanto di musiche di John Williams come accompagnamento musicale. Semplicemente una trovata tanto brillante quanto funzionante, che mette in secondo piano tutti gli aspetti che un occhio critico esperto potrebbe notare e far notare ai realizzatori.

Un altro piccolo dettaglio che ha attirato piacevolmente la nostra attenzione è stato quello dei continui omaggi al cinema ed alle serie tv. Dopo una sigla che ha ricordato chiaramente Breaking Bad, c’è stato poi l’accompagnamento di una canzone di Bob Dylan e sequenze che si rifanno ai classici del genere noir. La conclusione della seconda parte è stata poi contraddistinta dalla sigla d’apertura della prima season di True Detective.

Dopo quanto scritto, vi lasciamo alla nostra intervista fatta alla produzione di Livore, augurandovi di avervi incuriosito quel tanto da spingervi a guardare la prima e la seconda stagione di questo progetto a costo zero realizzato da ragazzi che alla tecnica hanno dato la precedenza al divertimento ed alla passione per il Cinema.

[ Daniele Salvato]

Foto di Letizia Ribecai

Una seconda stagione, un anno dopo la prima. Sembra un carico di lavoro di una certa portata anche se si tratta di girare una serie a costo zero. Da cosa è nato Livore, cosa ti ha portato a buttar giù la storia?

Sinceramente è una cosa che non mi ha pesato per niente, e spero neanche al resto della troupe. Ci divertiamo, tutti hanno voce in capitolo e continueremo a farlo fino a quando potremo. Livore è nato dall’idea di omaggiare in primis una serie tv che mi ha veramente emozionato “Breaking Bad”, ma successivamente l’omaggio si è allargato a tutto il mondo del cinema. Personalmente una mia passione è quella di associare musica ad immagini, cercando di evolvere il concetto di videoclip musicale. La storia poi è un pretesto per raccontare la vita e gli ostacoli che sono sempre sul nostro cammino. Penso si capisca che il mio intento è quello di raccontare una storia di vita anche a tratti drammatica, ma sempre con un tocco di ironia surreale.

In Livore fa un cameo, nel ruolo di avvocato, anche Giulio Profeta, fondatore di Uni Info News.

Guardando il primo episodio di questa season inedita si capisce fin da subito che la narrazione alterna, quasi come ci ha abituato Tarantino, sequenze ove i richiami al cinema ed ai capolavori della settima arte appaiono palesi ad altre dove si prova a dare un’impronta personale. Quali sono i lungometraggi e le serie tv a cui maggiormente ti sei ispirato?

Non mi ispiro a niente in realtà. Non ho un regista preferito, sebbene ce ne siano molti di cui apprezzo parecchi film (Fincher, Nolan, Spielberg) e stilare una lista di film che mi piacciono è impossibile. Ci sono scene però che mi sono rimaste impresse e che ho sempre desiderato provare a girarle a modo mio e Livore è stata l’opportunità per farlo. Tra le serie tv, tanto per dirne alcune citerei Prison Break, Lost, House of Cards, The Last Man on Earth… 

Quanto è complesso gestire una produzione, che prevede anche una certa continuità, a costo zero? Da dove ricavi le energie necessarie e quanto conta la volontà di andare avanti pur messo di fronte a dei limiti e delle difficoltà tecniche? 

L’energia principale è la condivisione della creatività. Più invecchio e più mi rendo conto che non posso vivere serenamente senza inventarmi qualcosa. Creare, un corto, un serie web, scrivere un racconto, un romanzo o una sceneggiatura e condividerla è un po come una droga. Quindi sì, sono drogato di creatività. Le difficoltà tecniche sono tante. Dall’attrezzatura inesistente, le location difficili da trovare, ma non voglio star qui a lamentarmi. Se qualcuno ha voglia di aiutarci le porte sono sempre aperte. 

Si parla sempre di corti, ma mai di web-serie. Un progetto ambizioso, non c’è che dire, secondo te quali rappresentano i punti di forza di una produzione di questo tipo? 

La Serie Web mi permette di sperimentare di più, ovviamente. Considero ogni episodio come un mini cortometraggio dove, al netto della storia che deve proseguire, cerco di infilarci sempre qualcosa che possa spiazzare. Il vantaggio pensa sia nel diluire i tempi di esposizione mediatica del prodotto finito, che nel caso di un corto si limita alla prima visione, e permettere a chi vuole di sceneggiare e dirigere un proprio episodio. 

Sul set, in veste di produttore, co-sceneggiatore e co-regista, quale è il tuo atteggiamento ed il tuo approccio? Come si lavora in Livore? 

Divertimento è la parola d’ordine. Prima di tutto Livore infatti è un progetto ludico­creativo, nato anche per iniziare a unire i vari artisti conosciuti tramite Livorno Artistica. Non tutti ovviamente, anche perché gli interessi possono essere di altro tipo, ma il cinema piace a molti. E spesso colgo l’occasione per sponsorizzare determinati artisti che si prestano ad una comparsata. Se la qualità è migliorata rispetto alla prima stagione è merito di tutti. Ci siamo dati dei tempi e devo dire che li abbiamo rispettati. 

Rispetto alla prima stagione, anche grazie all’esperienza accumulata, ti senti migliorato o hai sviluppato una certa dimestichezza per quel che concerne la messa in scena?

Penso di essere migliorato, ma ho anche capito i miei limiti. Fare il “regista” e “l’operatore di macchina” contemporaneamente è improponibile. Ma insegna molto. Grande merito va anche a tutto il cast e lo staff di supporto, sempre disponibile e pronto a collaborare. Vorrei ricordare anche chi sta dietro le quinte, come il nutrito gruppo di fotografi (Letizia Ribecai, Andreana Ferri, Rita Guarino, Niccolò Lombardi) che ci permette di documentare le giornate sul set con dozzine e dozzine di foto. 

Hai concluso di girare tutti gli episodi? Nel caso pensi già ad una terza stagione? O vuoi concentrarti su altri progetti per il futuro?

Dobbiamo ultimare l’ultimo episodio, ma ormai siamo alla fine. E sì, posso rivelarvi che abbiamo in mente una terza stagione. Non è ancora ufficiale, ma per UNI INFO NEWS faccio uno strappo alla regola. Abbiamo però anche altri progetti in mente. Quindi ne approfitto per invitare tutti quelli che hanno desiderio di divertirsi. e amano il cinema a contattare Livorno Artistica. A Livorno ci sono diversi corsi per imparare il Cinema, con insegnanti sicuramente qualificati e esperti. Livorno Artistica in realtà offre qualcosa di diverso, gratuitamente. Ovvero fare subito pratica. Chi è interessato deve solo farsi vivo! 

[Veronica Riccomini & Melinda Susini]

Come si butta giù una sceneggiatura come quella di Livore? Si ha tutto ben chiaro fin dall’inizio, o alcuni passaggi fondamentali cambiano durante la stesura delle varie bozze?

[Melinda Susini]  Quando ho scritto la sceneggiatura della mia puntata avevo in mente tante cose. Per prima avevo buttato sul foglio tutto ciò che mi veniva in mente. Poi, con l’aiuto di Daniele, ho dato parecchie sforbiciate… e da essere un kolossal americano,  è diventata una puntata di Livore! Durante la stesura,  ho cercato il più possibile di immedesimarmi nel soggetto e Daniele, mi ha molto aiutata anche a capire come fare. Poi, ho creato una storyboard che mi ha aiutata ad essere fedele alle mie idee durante le riprese. Livore è una serie a più mani ed è fondamentale discutere sul da farsi con tutti gli altri… specie se sei alle prime armi!

[Veronica Riccomini] Rispetto alla prima stagione, in cui soprattutto nei primi episodi improvvisavamo, abbiamo adottato una sceneggiatura più solida (anche se non sempre impariamo a memoria le battute). I passaggi fondamentali, salvo imprevisti (tipo gente che partecipa al progetto per poi sparire), rimangono fedeli alla sceneggiatura, mentre le battute o i gesti nelle varie inquadrature possono variare in base a come vengono meglio nell’inquadratura o come viene più naturale all’attore.

Attrice, co-sceneggiatrice ed anche co-regista. In Livore molti di coloro che prendono parte attiva al progetto amano scambiarsi i ruoli. Questo può essere un vantaggio? Come è possibile mantenere una coerenza visiva quando si passa da un regista all’altro? 

[Melinda Susini] Livore è un’idea nata in anzi  tutto da Daniele e Veronica, quindi, quando faccio la regia, la sceneggiatura e l’aiuto regia cerco sempre di essere fedele al filone base. È sperimentale, per cui tutti giochiamo a fare tutto, anche per capire cosa in realtà ci piace di più fare. La coerenza visiva si ha quando ognuno è fedele all’idea di partenza. Certo è che creare un qualcosa di tuo al 100% rende il lavoro sicuramente più uniforme ma Livore è divertente proprio perché è un pò di tutti noi. Ognuno mette del suo in questa serie!

[Veronica Riccomini] In realtà io sono attrice e co-sceneggiatrice, alla regia faccio molto poco (al massimo do un’idea o scrivo le inquadrature nella sceneggiatura). Riguardo alla coerenza registica, nonostante i “cameraman” siano spesso diversi, il regista principale (che quindi dà suggerimenti e indicazioni anche quando non è alla regia) rimane comunque Daniele, è sempre lui ad avere l’ultima parola.

Quanto sei simile ai personaggi che interpreti? In cosa differisci? 

[Melinda Susini] Ho fatto per molti anni teatro in cui sempre mi facevano fare parti da buffona. Mi divertiva fino ad un certo punto perché in fin dei conti, nella vita reale sono un pò così. Lady M mi ha dato la possibilità di tirare fuori la mia parte più livorosa e devo dire che mi piace. Mi piace essere cattiva anche se sono pacifista nella vita reale… quindi con Livore mi sfogo! Mi piacerebbe far diventare il mio personaggio ancora più perfido… sento che posso incattivirmi di più!

[Veronica Riccomini] Mad Mini mi somiglia tanto, posso tranquillamente affermare che la “interpreto” tirando fuori il mio lato peggiore. Non sempre però mi è facile, perché al contrario di lei sono più solare, sorridente e ironica, soprattutto nelle vicinanze di un set. E posso anche affermare di non essere così “codarda”.

Il tuo alter ego, dalla prima season, quanto è cambiato? E’ possibile avvertire una crescita interna in esso? 

[Melinda Susini] Dalla prima stagione Lady M non è cambiata poi moltissimo… la maschera è sempre quella della perfida senza scrupoli. È cambiato però il modo di porsi: più fatti e meno bla bla!

[Veronica Riccomini] Credo sia ancora presto perché si veda il cambiamento, ma lo farà (non aggiungo altro per evitare spoiler).

In Livore il tema cardine sembra essere la vendetta e la rabbia. Secondo te questi sentimenti sono alla base della realtà, anche Livornese, con cui dobbiamo convivere? 

[Susini] Vendetta e rabbia sono due sentimenti che tutti noi abbiamo provato almeno una volta nella vita, chi per motivi validi e chi per futili motivi. Sono sentimenti che servono ma vanno controllati perché delle volte, molto velenosi anche per sé stessi, specie la vendetta che è davvero fine a se stessa. Livore è anche una valvola di sfogo insomma!

[Veronica] Per quanto mi riguarda, questo è un modo per somatizzare un po’ delle fregature che ho preso nella vita, e comunque sono davvero “fumina”, tendo ad arrabbiarmi quando le cose non vanno come vorrei, anche se col tempo sto imparando a gestire il tutto col cervello e a farmela passare prima. A Livorno mi pare che di rabbia ce ne sia veramente poca, anzi al massimo parlerei di rassegnazione, ma per la maggior parte mi sembra puro e semplice menefreghismo.

Hai pensato a fare cortometraggi per conto tuo? Magari cambiando genere o intraprendendo un percorso personale non legato a Livore? 

[Susini] Mi piacerebbe fare un corto tutto mio ma non adesso. Con livore sto imparando molto e ancora devo imparare. Per me è la prima volta che vesto i panni di sceneggiatrice,  regista e attrice davanti al video. Sto giocando a fare di tutto e devo dire che per ora, i panni che mi stanno meglio, sono quelli della regista. Mi piace dirigere e confezionare un prodotto… mi piace dirigere gli attori, scegliere l’inquadratura e il luogo giusto.

[Veronica] Certo che ci ho pensato, e spero di farlo anche presto (appena mostrerò a tenere la mdp!). Però credo che se sarà possibile cercherò di coinvolgere Daniele e i miei livorosi amici!

[Jacopo Mauriello]

Jacopo ormai con i corti hai un certo feeling, ma soprattutto una certa esperienza. Come è stato recitare in Livore? 

Mi sono divertito molto, ogni ciak è stato carico di risate! 

Parlaci un po’ del tuo personaggio. E’ un tipo con cui ti immedesimi alle volte? 

Il personaggio è un giovane detective che indaga sulla temuta droga che sta dilagando in città. Caratterialmente parlando è il classico duro e burbero, avete presente lo stereotipo, no? 

Ma a questo si aggiunge un piccolo tocca di comicità alla Magnum P. I., che non fa prendere troppo sul serio il personaggio. Non mi immedesimo particolarmente ma è un ruolo che avrei sempre voluto interpretare.

Prima regista, ora attore. Ti diverti più davanti alla telecamera o in cabina di regia? Senti una differenza marcata tra il primo ed il secondo ruolo? 

Bhe indubbiamente il ruolo dell’attore è più divertente. Pensi solo a fare la tua parte e non hai il peso della responsabilità del ruolo del regista, ma alla fine a livello di soddisfazione non c’è paragone. Per quanto mi riguarda, fare una buona interpretazione non varrà mai quanto firmare un buon corto. Per quanto riguarda le differenze credo siano, giustamente, ben marcate ma è indispensabile che le due figure si confrontino e se uno riesce a fondere i due ruoli è un tipo fortunato. 

In veste di regista a quali grandi maestri del cinema ti ispiri? 

Oltre a nomi ormai ben noti come Tarantino, i Coen o Danny Boyle, mi piace ricordare gli sfortunatamente meno noti Bava, Fulci, Cronenberg e Wells. 

Dovessi dare dei consigli a chi cerca di avvicinarsi alla recitazione, quali potrebbero essere?

Consiglio di armarsi di tanta pazienza e mettersi in testa che, se lo si vuole fare seriamente, ci vuole tanto studio e allenamento. 

Fare l’attore, in base alla tua esperienza, richiede una preparazione minore che fare il regista? 

Per lungo tempo mi sono illuso di si, ma più studio e approfondisco come attore, e più rendo conto quanto mi sbagliassi. 

Il tuo personaggio è un detective come tanti, puoi rivelarci qualche interessante retroscena che potrebbe contraddistinguerlo e regalargli qualche sfumatura particolare? 

Come ti accennavo, ha un sottile vena comica che potrebbe contraddistinguerlo da un “ispettore Callaghan generico medio” e vorrei dirvi qualcosa di piccante su di lui ma sono vincolato al silenzio. Nessuno spoiler, lo scoprirete vedendolo. 

Foto di Letizia Ribecai

Come è recitare a Livorno? C’è un terreno fertile attraverso cui esprimere la propria passione per il teatro ed il Cinema? 

Livorno è la città che amo e dal punto di vista teatrale, pur conoscendolo solo superficialmente, mi sembra molto attiva; purtroppo non posso dire lo stesso a livello di cinema ma la situazione sta molto migliorando. Basti pensare all’ormai consolidatissimo Fi-Pi-Li Horror Festival, oppure all’Associazione Culturale Vertigo, la cui sezione cinema continua a sfornare ottimi attori e registi ogni anno. Si può migliorare, ma siamo sulla strada giusta. 

Tornerai, a breve, a dirigere corti? Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

Ti ringrazio della domanda Claudio e colgo l’occasione per dirti che sto lavorando ad una serie noir, si intitola Shirley Temple. È in fase di montaggio e non appena saremo più in avanti inizieremo con la campagna pubblicitaria ma questa è la prima volta che ne parlo in maniera ufficiale, quindi considerala un’esclusiva! Il prossimo obbiettivo sarà sicuramente il diploma all’Accademia Nazionale del Cinema di Bologna, che ho iniziato a frequentare a Dicembre.

[Rachele Salvini]

Questo è stato il tuo primissimo ruolo in un cortometraggio? Come è stata l’esperienza sul set di Livore?

Innanzitutto grazie di avermi intervistato, non me l’aspettavo proprio visto il mio ruolo secondario e soprattutto il fatto che ho partecipato a Livore quasi per gioco. Livore è infatti solo il secondo corto a cui partecipo, quindi sono veramente alle primissime armi! In realtà, mi ha aiutato moltissimo aver già “recitato” (si può dire così?) come protagonista in Shirley Temple (web serie di Jacopo Mauriello ed Enrico del Gamba). Quantomeno, mi sono sentita un po’ più sicura durante le riprese di Livore. Magari ho recitato dimmerda lo stesso, però mentre lo facevo mi sentivo bene!  L’esperienza di Livore è stata divertente. Quando le persone mettono in piedi questo genere di iniziative senza pretese e per la pura e semplice voglia di divertirsi, è difficile che un’esperienza sia deludente a livello emotivo. Livore è un’idea semplice nata tra amici. E quando non c’è la presunzione io sono super entusiasta, quindi mi son buttata subito senza esitazione.

Il tuo personaggio non compare nei primi due episodi. Potresti rivelare qualcosa su quello che spetta al pubblico? Come si presenta e che tipo è il tuo alter ego?

Penso che Dani e Vero abbiano creato il nuovo cast basandosi su alcune persone che conoscevano e che pensavano potessero risultare interessanti per la trama di Livore. Hanno preso Frances Farmer, cantante delle Bruiste Gretel, e le ha fatto fare la rockstar. Lo stesso per la giornalista. Il personaggio che interpreto mi somiglia molto: io mi son sempre fatta sentire attraverso articoletti e post sui social, e il fatto che stessi cominciando ad avvicinarmi alla scrittura creativa in modo più serio forse ha portato Dani a vedermi come il tipo di giornalista che vuole fare giustizia e che infila il naso dove non dovrebbe. Il mio personaggio è nato come giornalista ficcanaso, ma con Dani e Vero abbiamo discusso del look e del mio stile e alla fine siamo giunti all’accordo che doveva anche essere una donna un po’ languida, spaccona, con la pelliccia di lupo e la sigaretta in mano. Un po’ più Rachele Salvini, insomma. Non volevo fare la giornalista perfettina, col quaderno tra le braccia, la gonna scozzese e le calze di lana. Per il resto, la giornalista che interpreto in Livore ha obiettivi diversi dai miei. Io, per prima cosa, non sono giornalista e non sto studiando per diventarlo. Il fatto che ogni tanto mi diletti a scrivere qualche scemenza non mi rende certo una scrittrice. 

A Livorno c’è la possibilità, in base alla tua esperienza personale, che persone che si occupano di web-serie o corti riescano ad avere un minimo di attenzione da parte del pubblico o delle istituzioni tramite concorsi o bandi cinematografici?

Sinceramente non penso proprio sia il caso di Livore, visto che è nato come una web serie a budget zero, fatta tra amici o conoscenti con mezzi abbastanza improvvisati. Sì, c’è chi studia recitazione, ma nessuno per quanto ne sappia è professionista e definirei Livore una sperimentazione più che un progetto da concorso. Dani stesso ha detto che Livore è nato per divertirsi e prestare omaggio ad alcuni generi o film che adora e ha adorato. Sicuramente siamo tutti arricchiti da questa esperienza, ognuno a suo modo. Ma non penso che Vero e Dani abbiano in mente altro. 

A parte Livore, comunque, che devo dirti? A Livorno la cultura e le arti ci sono, ma vengono dal basso. Ormai noi giovani diamo per scontato che non ci sia un cane pronto a pagarci quel minimo indispensabile o a scommettere su di noi, a prescindere dalla qualità dei nostri progetti. Pensare così ovviamente è sbagliato, però è normale. Se i creativi stessi dimostrassero più di solidarietà piuttosto che provare un costante moto di sfiducia gli uni nei confronti degli altri, probabilmente iniziative come Livore e molte altre avrebbero un altro tipo di rilevanza. Saremmo una grande forza di giovani che gridano ci siamo, siamo qui, abbiamo un sacco di voglia di fare! A Livorno ci sono un sacco di amanti del cinema. Il problema è che per tanti l’amore non è abbastanza forte da spingerli a fare qualcosa. In altre parole: è inutile dire che ami il cinema, perché se dimostri di amare il cinema sfottendo chi a budget zero ti tira fuori un prodotto, allora evidentemente il tuo amore non è abbastanza forte. Finché stai col sedere sulla sedia, puoi dire quello che vuoi, ma non hai ancora picchiato sulla spalla dei produttori di Livore per gridargli in faccia cosa ci sia che non va, né hai dato vita ad un progetto tuo. Tra l’altro, Dani e Vero hanno un metodo molto democratico: chiunque può proporre un’idea. Io ho detto la mia sullo stile del mio personaggio e su alcuni particolari della trama. Mi hanno ascoltato e mi hanno dato retta. Non è una cosa che si vede tutti i giorni. Alla fine, finché l’obiettivo è divertirsi, non importa la qualità del lavoro, ma l’atteggiamento. Forse sono dura a dirlo, ma se qualcuno critica gli altri o si sente superiore senza fare una minchia, non m’interessa. E’ uno spreco di spazio. Fatti il culo per ciò in cui sei bravo o che ami, poi ne riparliamo. Lo so che ultimamente abuso di questo termine, ma temo che a Livorno stia venendo un po’ a mancare lo spirito rock ‘n’ roll. Facciamo casino, mettiamo su produzioni cinematografiche, creiamo gruppi di scrittura e facciamo capire che siamo giovani e ci siamo. Avere idee significa essere rock ‘n’ roll. Sto facendo una cosa imperfetta? Va bene. Almeno, sto facendo qualcosa. 

Oggi tutti vogliono dirigere, come potremmo azzardare a dire che allo stesso tempo, grazie ai Social, tutti si sentono in vena di dire la loro e scrivere. Guardando il lavoro fatto con Livore, per realizzare un progetto audiovisivo bisogna avere più talento e tecnica o passione?

Ovviamente per realizzare un buon progetto servono talento e tecnica. Se io vado da un videomaker professionista con una sceneggiatura bellissima che però a tale videomaker non entusiasma, realizzerà comunque un lavoro migliore rispetto a quello di un aspirante a cui invece la mia opera è piaciuta tantissimo. Se lavora con una reflex senza luci e senza microfono (che poi sono basi), sicuramente il risultato finale non sarà granché. La passione aiuta il direttore o lo scrittore di talento, perché di base è la passione a muovere le cose. Se hai abbastanza passione, studi e ti rendi conto di quali siano i metodi e le regole da mettere necessariamente in pratica quando giri un corto. Questo non toglie che per tutte le discipline artistiche sia importantissimo fare pratica. Scrivere, suonare, recitare, dipingere, dirigere un film: più fai pratica più impari. Quindi, se Livore è un modo per fare pratica, ben venga. 

Studi Scrittura Creativa e sei una appassionata di Tarantino. Hai trovato utile il tuo coinvolgimento in Livore? Ti ha aiutato a crescere o sviluppare più approfonditamente alcuni tuoi interessi per quanto riguarda il mondo del Cinema?

Sicuramente mi ha reso felice far parte di un gruppo con un obiettivo creativo. Nel gruppo di Livore ognuno ha la sua piccola parte, ma può contribuire al lavoro proponendo idee, senza affrontare le riprese con pesantezza. Livore mi ha incoraggiato e mi ha reso più contenta della città in cui sono nata perché di base sono sempre felice quando vedo persone che si impegnano per ottenere degli obiettivi, a prescindere dalla riuscita o meno. Livore è un progetto riuscito perché ha unito persone diverse, un gruppo di giovani che magari tra dieci anni riguarderanno quei corti e diranno, cazzo, quanto ci siamo divertiti. Per me questa è la migliore riuscita. Anche se la tecnica, per ovvie ragioni di budget e mezzi, non è il punto focale della serie. 

Tarantino è una delle fonti ispiratrici dei miei lavori e sicuramente ho provato ad assumere un po’ dell’atteggiamento intrinsecamente tamarro dei suoi personaggi anche girando. Non sto cercando di fare un paragone perché sarebbe da pazzi, sto solo dicendo che mi piacerebbe pensare di essere ganza la metà della metà della metà di uno qualsiasi dei suoi personaggi.  

Hai mai pensato di buttar giù una sceneggiatura? Magari da proporre poi alla produzione di Livore?

Sto studiando scrittura creativa e sceneggiatura e tra un paio di settimane comincerò uno stage presso una compagnia di produzione video, quindi perché no? Mi piacerebbe scrivere qualcosa da girare in futuro. Ho scritto metà di una sceneggiatura che mi piacerebbe molto girare a Livorno. La sto scrivendo sia in inglese che in italiano, e sono molto entusiasta. Il guaio è che, sebbene per quanto riguarda la recitazione io mi butti facilmente perché non è il mio campo (e se me lo chiedono lo faccio per divertimento o per amicizia), con la scrittura è diverso. Voglio che sia tutto perfetto, e quindi studiare, studiare, studiare e studiare prima di fare.  Penso che la produzione di Livore sia un caso di sperimentazione molto interessante, perché Vero, Dani e gli altri si son buttati senza paura pur sapendo che qualche snob dei social o critico dell’ultim’ora avrebbe storto il naso. Il momento in cui ti trovi a criticare seriamente Livore è quello in cui ti rendi conto che stai prendendo sul serio Livore, che è proprio lo spirito contrario alla produzione stessa. Quindi è anche il momento in cui ti rendi conto di essere un coglione. 

Una volta iniziata la scena in cui sei protagonista, come è stato “recitare” per la prima volta nel set di Livore?

Divertente. Non ho una grande parte e nelle mie scene recito principalmente con Frances. Sono convinta che ci siamo entrambe trovate bene a recitare quelle parti perché sostanzialmente i nostri personaggi somigliano abbastanza a chi siamo o vorremmo essere. Mi sentivo a mio agio. Non posso dirvi niente perché altrimenti Dani e Vero mi ammazzano, però c’è stata una scena piuttosto fisica e difficile, e l’altro “attore”, Michael Keyes, è stato molto bravo e premuroso. Ci siamo divertiti un sacco a girarla. 

Sei residente a Londra, per questo non è possibile fare un confronto (sleale) tra due realtà di cui sei testimone e non domandarti che tipo di clima si respiri in una città come quella della capitale inglese in confronto a quella in cui sei nata. I giovani, dove vivi tu, anche in ambito accademico, sono più stimolati o volenterosi di mettersi alla prova e testare le proprie capacità ed i propri limiti?

Posso dirti al volo che qui ci sono un sacco di concorsi per registi e sceneggiatori. Anche le più grandi catene di cinema come Picturehouse Cinema, tra i trailer prima di vedere un film, ti propone i concorsi per registi e sceneggiatori esordienti. Ti pagano in produzioni. Le riviste di musica e di cinema circolano liberamente in determinati giorni della settimana, sono pubblicazioni gratuite per impedire alla società inglese di divenire analfabeta cognitiva e culturalmente inebetita, come invece è diventata quella italiana. 

Fossi dietro alla macchina da presa, che tipo di film vorresti girare? E con quali attori?

Quando i datori di lavoro, i professori o i compagni di classe mi chiedono che tipo di narrativa o sceneggiature scriva, vado sempre in paranoia. Quindi ho deciso di rispondere sempre allo stesso modo: scrivo di cose normali che accade alla gente normale. La sceneggiatura a cui sto lavorando per l’università e per un progetto personale è la storia di un gruppo di trentenni alle prese col primo matrimonio di uno del gruppo. Si riuniscono tutti nella città natale per passare insieme l’ultima notte prima delle nozze. So che è una storia vista e rivista. Sto facendo di tutto per renderla meno banale possibile… se possibile.

Pensi di continuare la tua esperienza nel mondo dei cortometraggi? O preferisci, in un futuro non troppo lontano, scrivere storie o, dovesse capitare, sceneggiature?

Per prima cosa voglio vedermi. Non mi sono ancora vista recitare perché gli episodi con le mie scene in Livore non sono ancora uscite, e Shirley Temple è in fase di montaggio e post-produzione. Non vedo l’ora di vedermi e allo stesso tempo ho l’ansia perché ho paura di esser stata espressiva come un muro intonacato di bianco. Se mai dovessi piacermi, potrei anche continuare. Sicuramente, se me lo dovessero chiedere, lavorerei di nuovo con Dani, Vero e il mio buonissimo amico Mauriello, che saluto affettuosamente. Hanno sempre creato un ambiente ideale, simpatico e tranquillo in cui più che girare si facevano grandi risate tra una ripresa e l’altra. Non potrei chiedere di meglio. 

 

Si ringrazia per la gentile collaborazione: Daniele Salvato, Veronica Riccomini, Melinda Susini, Jacopo Mauriello & Rachele Salvini

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