Se non ricordiamo non possiamo comprendere.” (Edward Morgan Forster)
I giornalisti amano le guerre.
L’affermazione, in parte provocatoria, coglie un dato di fatto immutabile per molti decenni: la stampa internazionale ha sempre trattato dettagliatamente ogni conflitto scoppiato nel mondo a partire dalla Guerra di Corea.
Sempre.
Questa spasmodica attenzione, quasi ossessione, dei media per le guerre non è stata necessariamente un male, anzi, la sensibilità per questo genere di eventi da parte di molti giornalisti ha permesso in passato di smascherare diverse macchinazioni della politica, Nixon ad esempio si dimise dalla Presidenza degli Stati Uniti per lo scandalo del Watergate, fondato anche su una falsa ricostruzione dell’intervento americano in Vietnam, e Tony Blair, all’inizio degli anni zero del duemila, perse completamente la reputazione dopo lo scandalo della falsa presenza di armi chimiche irachene, pretesto utilizzato dagli anglo-americani per destituire il Regime di Saddam Hussein.
Questo vero e proprio “contropotere” dei media non è però più esercitato da almeno diversi anni.
L’Iraq, la Somalia, l’Afghanistan e la Siria sono solo alcuni dei contesti dove oggi il sangue sgorga copiosamente, eppure, solo e soltanto di rado i quotidiani internazionali e nazionali si occupano di queste vicende.
Perchè questi conflitti sono diventate vere e proprie “Guerre Dimenticate” ?
Lo scopo di questi approfondimenti sarà proprio quello di riscoprire queste lotte armate, tracciando una loro breve fisionomia e cercando di capire come mai i media abbiano “dimenticato” il loro ruolo di contropotere informativo.
Per cominciare, direi di partire dalla Guerra Siriana o, meglio, la Guerra Civile Siriana.
La Guerra Civile siriana è scoppiata il 15 marzo 2011, sulla scia di quelle dimostrazioni di piazza presenti in molti paesi arabi e ricondotte successivamente al fenomeno unitario della “Primavera Araba”.
Inizialmente gli scontri videro contrapposte le forze regolari dell’esercito siriano, prevalentemente di composizione sciita-alawita con a capo il Presidente Assad, ai ribelli laici supportati da varie minoranze etniche e, soprattutto, dalla maggioranza religiosa dei mussulmani sunniti.
Ad oggi, dopo neanche tre anni dall’avvio del conflitto, la situazione è del tutto mutata.
Le truppe regolari, dopo aver subito pesanti diserzioni, hanno ritrovato l’appoggio delle principali forze laiche del paese mentre sempre più ribelli, a seguito della radicalizzazione del conflitto, hanno sposato la causa dell’Islam estremo aderendo ad Al-Qaeda e ad altri gruppi simili; gli scontri urbani sono diventati oramai la norma e la guerra si è trasformato in un conflitto la cui fisionomia è complessa e mutevole, dove capire anche solo chi sia il nemico diventa una vittoria.
Obama, dopo lo scandalo delle armi chimiche usate dall’esercito regolare siriano, aveva promesso un intervento militare modellato sul conflitto Libico (n.d.r. droni e aviazione, no forze di terra) contro Assad ma è stato brutalmente fermato e costretto al dietro front dalla resistenza cinese e, soprattutto, russa.
Putin infatti, formando un rinnovato asse con la Repubblica Popolare Cinese, ha bollato le forze anti-governative come “terroristi” e ha minacciato di spedire forze militari scelte in caso di intervento americano.
All’interno di questo disastrato contesto, è possibile leggere con nitida chiarezza la situazione geo-politica dei nostri tempi e il motivo del silenzio della stampa internazionale: una crescente incapacità da parte dell’Occidente di gestire gli affari mondiale si sposa ad una sempre maggiore importanza sul piano globale della Cina e della Russia, in grado oramai di trattare con gli Stati Uniti ad armi pari e di relegare l’Europa a inutile comprimaria, in uno spettacolo molto diverso da quello che offriva il Ventesimo Secolo.
E i Media internazionali, per lo più occidentali, se ne rendono perfettamente conto, ecco perché evitano di descrivere dettagliatamente uno scenario in cui emerge sempre più la debolezza di Stati Uniti e dell’Europa.
Intanto in Siria tra vittorie e sconfitte di ambo le fazioni, tanto irrisorie quanto passeggere, è del tutto impossibile formulare delle ipotesi concrete sulla prossima evoluzione del conflitto.
Verosimilmente, si continuerà a combattere regolarmente ancora per anni come avviene in Iraq e in Afghanistan.
In questo silenzio, quasi “assordante”, la Guerra Civile Siriana ha prodotto secondo le fonti della Croce Rossa almeno 130.000 morti tra forze combattenti e civili, vere e proprie vittime dimenticate dal resto del mondo.
Devo dirtelo, non mi ha convinto l’articolo. O meglio, l’idea di base mi è piaciuta, ma se l’intento è quello di parlare di “guerre dimenticate”, subito rivolgo alcune critiche.
Innanzitutto, uno dei principali motivi per cui scarsa eco è data sui quotidiani nazionali e internazionali consiste nel fatto che si tratta di una guerra civile, e non di un conflitto armato tra Stati in conflitto da loro. Sottigliezze, ma in questo caso importanti.
Inoltre, avresti dovuto rendere meglio l’idea dei motivi che hanno condotto ad un sostanziale immobilismo della comunità internazionale (l’eccessiva frammentarietà dell’opposizione, un ruolo dell’ESL ormai quasi minoritario, varie zone della Siria assediate da forze jihadiste anche diverse fra loro ecc), un cenno sarebbe stato da compiersi sull’utilizzo delle armi chimiche e sul ritardo nell’intervento (la notizia è del maggio 2012 quando i dati arrivarono in Francia, poi negli U.S.A., poi intervenne l’ONU, poi furono troppo miti bla bla bla), citare la strage di Huma e infine le conferenze di pace in corso (per non parlare del disarmo chimico).
Insomma, l’idea mi piace molto, ma potevi fare (molto) di più =)
P.S. Scusa se rompo il cazzo, ma ti ritengo abbastanza intelligente da far tue queste critiche che vogliono essere costruttive, e non distruttive. ^^
Le tue critiche, o meglio la critica, di approfondire meglio il conflitto è calzante ed ha piena ragione di esistere.
Quando buttai giù il pezzo le vicende della guerra civile Siriana avevano più spazio e importanza all’interno del testo, decisi tuttavia in seguito, in sede di revisione, di tagliarle per varie ragioni…
Per prima cosa il formato online dell’articolo mi ha spinto a limare certe parti, per non rendere l’elaborato troppo lungo o troppo poco appetibile; in secondo luogo, l’idea di una serie di approfondimenti su queste guerre “dimenticate” abbraccia anche altri conflitti di cui parlerò nei prossimi pezzi, quindi l’aspetto saliente che volevo mettere in luce non era la lotta armata in quanto tale, piuttosto il fatto che questa viene del tutto ignorata/poco considerata dai media internazionali.
I contesti che analizzerò, che non nomino per evitare di rivelarli immediatamente ai lettori, hanno infatti in comune tutti la scarsa risonanza mediatica offerta dai principali organi di informazione esistenti al mondo, per lo più occidentali.
Cercherò comunque di tenere presente quanto mi hai detto all’interno dei prossimi elaborati, ti ringrazio dei pareri 🙂