#FilmoftheWeek è la rubrica con cui vi consiglio un film a settimana. Stavolta tocca a Laurence Anyways, film di Xavier Dolan, presentato al festival di Cannes nel 2012.
“Ho bisogno di svegliarmi accanto a lui, ho bisogno dei suoi avambracci”
“Tutti hanno gli avambracci!”
Così le risponde sua mamma, quando Frédérique, esuberante regista di Montréal, capisce di voler tornare insieme al suo ragazzo. Laurence. Sembra una storia come tante, ma in realtà siamo completamente fuori dall’ordinario. Il motivo dell’allontanamento tra Fred e Laurence, coppia affiatatissima e molto innamorata, è dipeso dal fatto che quest’ultimo, nel giorno del suo 35esimo compleanno, ha rivelato alla compagna il suo segreto più nascosto. Lui si sente donna, una donna costretta a vivere in un corpo maschile. Ed è arrivato il momento di disfarsene, di abbandonare le convenzioni, di diventare completamente se stessa. È il momento di dare inizio alla sua personale – quanto globale – rivoluzione. Fréd è visibilmente scioccata ma, dopo un primo allontanamento, capisce che anche se “tutti hanno gli avambracci”, non è vero che un uomo vale l’altro. Non è vero che le persone sono intercambiabili. Laurence Anyways ci racconta, infatti, un lungo viaggio di riscoperta personale e di presa di coscienza amorosa. Un viaggio lungo dieci anni, nella vita dei due protagonisti, che ci spiega una particolare forma di amore, l’amore per la persona, oltre il corpo, oltre le convenzioni sociali, oltre il rifiuto familiare. L’amore nella sua forma assoluta.
In altre parole, abbiamo davanti una sorta di Danish Girl degli anni ’90 – sebbene l’evoluzione tra i due amanti sia molto più complessa e tortuosa di quella del film di Tom Hooper. Un giovanissimo Xavier Dolan, regista canadese classe ’89, al suo terzo film sceglie nuovamente di portare su pellicola un tema Lgbt. E ci racconta la transazione di questo professore di Lettere che, pur di potersi riconoscere allo specchio, pur di vedersi finalmente come la donna che sente di essere, rischia di perdere tutto: il lavoro, la sua famiglia, la sua amata Fréd. Una storia di identità e amore, raccontata magistralmente da questi due attori, Melvil Poupaud e Suzanne Clément, dotati di una forza comunicativa invidiabile.
Il film, ve lo dico, è una poesia per gli occhi. Dolan è un regista incredibilmente “visivo” e cura ogni scena nei minimi dettagli. Fin dalle prime immagini ci spiega il peso del giudizio altrui attraverso una serie di inquadrature di passanti, che sgranano gli occhi alla vista di Laurence nei suoi panni femminili – eppure lei, fiera, continua la sua camminata tra i passanti, forte di una self-confidence pienamente raggiunta al termine dei dieci anni di transazione.
Quindi la pellicola si riavvolge. Torniamo all’inizio, nel 1989, e conosciamo la storia d’amore tra Fred e Laurence. Anzi, ce ne sentiamo quasi parte, grazie al magistrale uso della cinepresa, con inquadrature volutamente “sporche” che seguono i movimenti dei personaggi. Ridiamo con loro, litighiamo con loro, in un sobbalzo di camera e corsa continua appena dietro le loro spalle. Da sottolineare la scena in camera da letto, quando i due affrontano in un lungo dialogo la rivelazione di Laurence. Assistiamo ad un continuo cambio di fuoco sui profili dei due personaggi, come a voler sottolineare l’alternanza dei loro punti di vista – e così, del nostro, poiché anche il pubblico si trova a dover capire entrambi, a dover immaginare il loro dolore e la difficoltà di accettazione. Poi, la luce. Dolan innesca un gioco continuo di luci gialle, rosse e blu. Creando delle ambientazioni ad hoc per ogni parte della storia. I volti sono sempre illuminati e, a seconda dei colori, ci raccontano un’emozione diversa. Come dicevo, una vera e propria poesia per gli occhi, che farà innamorare di questo film ogni amante della cinematografia.
Chiudendosi in un finale dolce amaro, il film ci lascia con dolorose consapevolezze. Siamo disposti a sacrificare noi stessi per la persona che amiamo? In Laurence Anyways, Dolan ci lascia con questo interrogativo, ma anche col cuore pieno di emozioni. E, soprattutto, con consapevolezze nuove su ciò che vive ogni giorno una persona transgender, sulle difficoltà che deve attraversare per potersi guardare allo specchio e riconoscersi – proprio come Laurence. E ci invita, inoltre, a far caso ai nostri sguardi, a rivolgerli agli altri senza più alcun giudizio.