BIOGRAFIA AUTORE: Luca Poli è nato a Pisa nel 1986. E’ laureato in Cinema, Musica e Teatro presso l’Università di Pisa. Da anni coltiva la passione per il teatro e per il cinema. Ha frequentato laboratori di teatro e corsi di scrittura creativa. Clochard è il suo primo romanzo.
–> Leggi le puntate precedenti: Ep 1 e Ep 2.
LA VOCE DEL SILENZIO – Ep. 3/4
Arrivati in albergo Pushkar si mise subito a suo agio, accese la televisione e si fece due risate con i cartoni animati. Cenammo e poi si addormentò come un sasso.
La mattina dopo nella sua brandina non c’era, si era già alzato prima di me.
Sul suo cuscino trovai un disegno. Era un mio ritratto.
Poi alzai gli occhi dal ritratto e me lo trovai lì davanti.
“Buongiorno” gli dissi
“Buongiorno” rispose lui
“L’hai fatto tu, questo?” gli chiesi
Lui fece di si con la testa, come faceva quando era imbarazzato.
“Ma come hai fatto a farmi un ritratto così bello se ieri sera ti sei addormentato appena ti ho rimboccato le coperte?” gli chiesi stupito
“Chi ti dice che dormivo?” rispose subito con un sorriso da furbetto
Poi corse a vestirsi per andare a scuola. In quel momento decisi che avrei condiviso la mia vita con un piccolo straordinario bambino che mi rendeva felice.
Passarono le settimane e a scuola i bambini mi adoravano, tanto da insistere per continuare le nostre letture anche dopo il suono della campanella.
A casa Pushkar, si era impossessato del mio letto perchè era a due piazze e poteva navigarci dentro. Voleva sempre vedere i cartoni animati e riprodurre su carta i suoi personaggi preferiti.
Mi convinse anche a regalargli una piccola scimmietta che volle chiamare Gandhi, in onore del Mahatma.
Il problema era che non potevo certo tenere in albergo una scimmia, così io e Pushkar facevamo di tutto perchè la padrona non si accorgesse della sua presenza.
Ciò però non era certo facile visto che Gandhi si arrampicava dappertutto, sui mobili, sulle tende e a volte mi rosicchiava anche i fogli per i compiti a scuola.
Aveva anche imparato a tirare lo sciacquone, così se nel silenzio della notte si sentiva un rumore tipo cascate del Niagara, era quel dispettoso di Gandhi che si divertiva a tirare lo sciacquone.
Fu inevitabile che dopo pochi giorni la padrona dell’albergo ci scoprì, così fui costretto a dare la scimmia a Ardeshir.
Pushkar mi tenne il broncio per una settimana, poi trovammo un compromesso: la scimmia stava con Ardeshir e lui poteva andarla a trovare tutti i giorni dopo la scuola.
Anzi riuscì a convincere Ardeshir a ritrovarci una volta a settimana a cena a casa sua e non a casa nostra, come si faceva abitualmente, per vedere Gandhi.
Naturalmente provava ogni volta a nasconderla nel suo zainetto per portarla via con noi, ma quando stavamo per lasciare casa di Ardeshir, vedevo lo zainetto che si agitava irrequieto e il trucco, purtroppo per Pushkar, non funzionava mai.
Da quando ero venuto a vivere in India, molte cose erano cambiate. Io stesso ero cambiato: prima avevo una mentalità molto più chiusa, orari e regole precise da rispettare sempre. Poi ho capito che ciò che mi imponevo non mi portava da nessuna parte. Non sopportavo più neanche certe imposizioni che venivano dall’alto. Per cui ho mollato tutto ed ho iniziato a vivere una seconda vita, fatta di cose semplici, amore e spiritualità. Mi vestivo e pensavo alla orientale.
Avevo anche imparato ad apprezzare la voce del silenzio. In Italia avevo sempre bisogno ascoltare dei suoni, il silenzio mi metteva a disagio. In India invece mi ero accorto che l’ascoltare il silenzio mi rasserenava, mi serviva per ascoltarmi dentro.
Col passare del tempo mi accorsi con piacere che tutto qua era permeato di spiritualità.
Mi stupiva e incuriosiva girare per le strade e vedere dovunque tradizioni religiose antichissime.
Gradualmente con passare del tempo, mi ero costruito una religiosità tutta mia, che non andava a scontrarsi con la fede cristiana, ma apriva le porte a nuove fedi orientali.
Leggevo e mi informavo continuamente sui Veda, testi sacri antichissimi scritti in sanscrito. Molte volte riuscivo a trovarne delle traduzioni su internet, ma Ardeshir, mi aiutava a capire di quali traduzioni potevo fidarmi e quali erano poco affidabili.
Mi portava anche tanti libri per aiutarmi a capire le tantissime sfumature dell’Induismo, ma non mi influenzava mai con il suo pensiero. Voleva che gliene parlassi, ma lui ascoltava e basta, non esprimeva mai una sua opinione, credo che volesse lasciarmi libero di scegliere cosa condividere e cosa no di una così grande e complessa religione. Del resto non volevo praticarla, solo conoscerla e non volevo neanche distaccarmi dal Cristianesimo.
Insegnavo anche a Pushkar ciò che leggevo, gli parlavo dei guru e dei sadhu, coloro che, imitando la via mistica intrapresa da Shiva, abbandonano completamento il mondo e la sua materialità per dedicarsi solo a seguire una via di penitenza per poi raggiungere l’Illuminazione.
Pensavo che l’amore di Pushkar, il mio lavoro e la mia spiritualità mi bastasse, poi arrivò una sorpresa.
Quella mattina io e Pushkar, fummo svegliati da qualcuno che bussava alla porta.
Assonnato andai ad aprire. Non c’era nessuno. Uscii fuori nel corridoio, ma anche lì non c’era anima viva.
Poi quando stavo per rientrare in camera, sentii qualcuno dietro me che mi soffiava sui capelli.
Mi girai e la vidi.
Era lei.
Rimasi a bocca aperta e il tempo sembrò fermarsi.
Ci guardammo intensamente.
Poi l’abbracciai. Un lungo abbraccio che voleva dire ben tornata.
Erano due anni che non ci vedevamo. Da quel giorno, quando le nostre strade si erano divise, neanche una telefonata.
Eppure lei, si comportava come se non fosse successo nulla.
Mi disse che se volevo potevamo continuare il rapporto interrotto due anni prima.
Mi disse che mi voleva ancora nella sua vita.
Voleva una risposta, ma ero confuso, dovevo riflettere.
Perchè si era fatta viva dopo così tanto tempo?
Perchè ci aveva messo due anni ha capire che mi amava ancora?
Le dissi che ero troppo stanco e che sarebbe stato meglio parlarne l’indomani mattina.
Lei mi diede la buonanotte e se ne andò.
Passai la notte in bianco, faceva un caldo soffocante e avevo la testa piena di domande.
La mattina dopo ero agitatissimo, camminavo in su e giù per la stanza e vedevo Pushkar che mi guardava perplesso.
Non c’era scuola e io aspettavo solo che lei si rifacesse viva.
A mezzogiorno arrivò.
“Sono confuso, non mi aspettavo di rivederti dopo tanto tempo!” Le dissi
Fece un grosso sospiro e mi disse: “Non so perchè non sono venuta prima, ma avevo paura di un rifiuto da parte tua. Non sapevo come fosse la tua vita qua, non sapevo se mi avresti voluta ancora!”
“La mia vita è molto cambiata, adesso c’è anche Pushkar con me”
Pushkar fece un passo in avanti, come quando in classe si faceva l’appello.
“Ma sei un bellissimo bambino!” disse lei entusiasta
” Lo sai che io adoro i bambini, sennò non potrei fare il lavoro che faccio!” continuò.
Io iniziai di nuovo a camminare nervosamente per la stanza.
Poi la guardai dritto negli occhi e le dissi: “Davvero vuoi rimanere con me e con Pushkar?”