Lo spettacolo che sarà rappresentato al Teatro Verdi di Pisa questo sabato, La Vedova allegra, ci dà l’opportunità di parlare di un genere spesso considerato inferiore e poco interessante: l’operetta.
Genere derivato direttamente dai lombi dell’opéra-comique ed imparentato con il vaudeville, differisce sostanzialmente dal melodramma per la sistematica scansione delle scene tra numeri musicali e recitativi parlati e per la sua connotazione di spettacolo leggero, prevalentemente comico e sentimentale; questa connotazione unita al fatto che le compagnie teatrali che allestivano le operette erano molto meno professionali di quelle che si occupavano dell’opera e che l’operetta è un genere che ammette un vasto spazio per l’improvvisazione ha fatto si che questo genere teatrale sia stato “retrocesso in serie B” per lungo tempo dalla critica. Tuttavia, al giorno d’oggi, non si può non riconoscere che alcune operette siano degli autentici capolavori musicali e degni dello stesso rango dell’opera lirica come Die Fledermaus (Il pipistrello) di Johann Strauss e – appunto – Die lustige Witwe (La Vedova allegra) di Franz Lehár.
La Vedova allegra è – giustamente – considerata la prima tra le operette e largamente la più popolare ed in sé racchiude tutto ciò che si potrebbe desiderare dall’operetta: vivacità ed eleganza, situazioni comiche e romantiche, balli per l’epoca alla moda, insomma Lehár ha compiuto un’operazione musicale (e commerciale) impeccabile. Non pensiate che sia “un’opera da tre soldi”, perché la Vedova allegra ha avuto sangue blu fin dalla nascita, difatti la prima ha avuto luogo nel prestigioso Theater an der Wien di Vienna con un cast stellare (si ricordano tra i protagonisti Mizzi Günther e Louis Treumann) ed una grande orchestra diretta dal compositore stesso.
Come accennato sopra, Lehár per quest’operetta ha dato fondo alla propria creatività ed alla propria inventiva e per prima cosa si preoccupò di avere un libretto ricco di situazioni divertenti e sentimentali, ma sempre permeato dall’eleganza e dal buon gusto. «Eleganza» è la parola d’ordine della Vedova allegra: ci sono situazioni e dialoghi a volte un po’ spinti, ma non scade mai nel volgare riuscendo a porsi come un raffinatissimo divertissement. Naturalmente questa eleganza permea anche la musica: si pensi all’introduzione orchestrale dell’Atto I (molto simile all’inizio della Traviata di Verdi): è vivace e frizzante ma possiede tutto il gusto e la raffinatezza di un ballo di corte (sopra). Oppure si veda il duetto dell’Atto I So kommen Sie! (Sono una donna onesta), dalla scrittura squisitamente pucciniana. Non è da tutti mostrare una simile raffinatezza compositiva ed una tale poliedricità.
Inoltre Lehár sapeva esattamente cosa avrebbe fatto presa sul pubblico e in quest’operetta scoccò tutte le frecce che aveva al suo arco: dalle danze ungheresi alle marce brillanti (proprio da una marcia nasce, nell’Atto II, il meraviglioso settimino È scabroso le donne studiar) fino al valzer. Nel 1905 il valzer viennese è ancora un sicuro successo ma anche qua Lehár si rivela geniale: sapendo di non avere lo stesso estro di Strauss nel comporre valzer travolgenti ed impetuosi, ripiega sul valzer lento. C’è un particolare valzer nel corso dell’operetta che diviene il simbolo stesso della Vedova allegra e, per antonomasia, dell’operetta della Belle Èpoque: il celeberrimo Lippen schweigen (Tace il labbro) che nell’Atto II viene e seguito solamente dall’orchestra, per poi essere ripreso e cantato nell’Atto III.
La Vedova allegra è un capolavoro di umorismo e grazia e come tale va rispettato. Questo fa anche sì che sia molto difficile da interpretare, perché gli esecutori (l’orchestra in primis) devono essere molto equilibrati; si pensi all’esempio che ho citato sopra, l’introduzione all’Atto I: per trasformarla in un can can da bettola parigina ci vuole assai poco (e spesso viene eseguito come tale da direttori poco accorti), ma per porgerla agli spettatori per quel che è, ossia un ballo di ambasciata, bisogna avere grande accortezza e gusto musicale, come nell’edizione discografica eseguita dai Wiener Philharmoriker diretti da Sir John Eliot Gardiner. Sono molto fiducioso sull’esecuzione (per lo meno orchestrale) di sabato sera perché se ne occuperà l’Orchestra Giovanile Italiana che ho avuto modo di seguire ed apprezzare per la grande professionalità e l’invidiabile gusto musicale. Non resta che attendere la sera della prima e goderci questa spassosa e mirabile operetta. Noi di Uni Info News ci saremo. E voi?
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