Forse qualcuno si ricorda ancora della nascita di una pecora clonata in un laboratorio scozzese vicino ad Edimburgo: Dolly, il primo esemplare ottenuto tramite la fecondazione di un ovulo denucleato in cui era stato inserito il nucleo di una cellula somatica appartenente ad una diversa linea germinale ( ovvero contenente diverse informazioni genetiche ), poi ritrapiantato nella donatrice ed avviato allo sviluppo del feto.
Pochi mesi fa lo stesso laboratorio ha “prodotto” un nuovo risultato nel campo della ricerca sugli organismi geneticamente modificati: Pig 26, un maiale reso immune ad alcune malattie infettive come la febbre suina africana, che colpisce alcuni animali della famiglia dei suidi, come il maiale domestico ed il cinghiale. Il metodo usato per far nascere Pig 26 rappresenta un notevole passo avanti sul piano tecnico: infatti prevede l’abbandono di pratiche come l’ibridazione ed il trasferimento di nuclei in ovuli denucleati per la clonazione delle cellule da trapiantare, sostituite dall’editing dell’mRNA, ovvero un intervento di “taglia e cuci” sull’RNA messaggero ( mRNA ) che viene eseguito o alterando chimicamente i nucleotidi o tramite la rimozione o l’inserimento di basi non accoppiate nella sequenza originale.
Questo intervento sulle sequenze di mRNA, al contrario dell’ibridazione, non lascerebbe tracce nel soggetto, mimando il naturale processo evolutivo cui gli esseri viventi sono sottoposti: perciò lo sfruttamento dell’editing dell’mRNA potrebbe rappresentare un passo avanti verso lo sviluppo di un’ingegneria genetica “pulita”, che sfrutta metodi naturali per manipolare il patrimonio genetico.
La nascita di Pig 26 rappresenta quindi il futuro dell’ingegneria genetica ? Su un piano strettamente tecnico l’editing dell’mRNA si è rivelato più efficace rispetto all’ibridazione ( fino al 10 – 15% di efficacia contro l’1% secondo Bruce Withelaw, professore di biotecnologia animale del Roslin Institute di Edimburgo, dove sono nati Dolly e Pig 26 ), ma non è detto che ciò risolva tutte le obiezioni di carattere etico che sono state sollevate in questo settore: l’ibridazione artificiale delle specie è stata vista da molti come un modo di andare al di là dei limiti imposti dalla natura agli esseri viventi, però anche un procedimento più naturale come l’editing dell’mRNA potrebbe ricevere le stesse critiche: esso infatti, pur sfruttando un fenomeno cui le cellule sono sottoposte per natura, viene comunque usato per creare esemplari che si potrebbero definire migliori rispetto agli “originali”.
Ma è vero che questi procedimenti vanno contro natura, creando ibridi che minacciano l’equilibrio dell’ecosistema ? É l’evoluzione stessa a testimoniare che le caratteristiche di animali e vegetali vengono continuamente alterate per natura grazie ad un processo di editing genetico: i miliardi di sequenze che oggi compongono il loro DNA nella prossima generazione saranno già diverse; lo sviluppo di questa nuova ingegneria genetica “pulita” potrebbe quindi aiutarci a comprendere il funzionamento della natura fino in fondo, svelando potenzialità latenti negli esseri viventi di cui fino a poco più di cinquant’anni fa neppure immaginavamo. Inoltre nel mondo di oggi, palesemente globalizzato, la natura stessa sta cambiando le sue regole ed i suoi limiti, soprattutto geografici: virus, batteri e parassiti viaggiano per tutto il globo ed a volte, superando i controlli ordinari, si diffondono in aree dove nuove vittime, che fino ad allora non li hanno mai affrontati, si trovano alla loro mercé; un intervento mirato e gestito con intelligenza fornirebbe alle nuove generazioni difese che loro simili in diversi luoghi hanno ottenuto dopo migliaia di anni, migliorando la stabilità dei mercati, minate dalle epidemie e dai sempre più frequenti mutamenti climatici.
Ciò che farà davvero la differenza nel futuro di questa scoperta sarà la consapevolezza delle sue implicazioni: usarla per incrementare la nostra naturale adattabilità, anzichè trasformarla nello strumento di una colossale “fabbrica degli animali”.
Marco Romagnoli