La Concordia è diventata ormai un oggetto misterioso, sembra che questa “irrilevante imbarcazione” non debba “levare l’ancora”, forzatamente tenuta prigioniera di fronte a una delle isole più belle dell’arcipelago toscano, ella beatamente vuole rimanere ancora un po’ dinnanzi al Giglio, è ovvio però come essa sia una spina nel fianco per quell’economia turistica con la quale vivono gli abitanti gigliesi. Dove andrà questa carcassa meccanica che sta infestando il nostro Mar Tirreno? Siamo veramente sicuri che la scelta di trasportare la Concordia nel porto di Piombino sia dettata da scelte ragionate, lungimiranti e razionali? O questa è solamente una nuova pagina della “Terra dei Cachi”? Secondo una direttiva europea la Costa Concordia è da considerarsi un rifiuto e non possiamo certamente portare i rifiuti dove vogliamo (anche se per molti italiani non ci sarebbe nulla di cui stupirsi e sarebbe per loro una prassi più che consolidata): sulla base della direttiva 2008/98/CE il relitto di una nave abbandonato a seguito di un incidente è un “rifiuto” (articolo 3.1) che deve essere smaltito senza causare danni alla salute delle persone e all’ambiente (articolo 13). In questo contesto è importante rispettare anche la “gerarchia dei rifiuti” prevista dalla direttiva (articolo 4), secondo cui deve prevalere una logica di recupero, compreso il riciclaggio, delle parti del relitto. Per quanto riguarda le parti del relitto più pericolose da smaltire gli Stati membri devono adottare “misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell’ambiente e della salute umana”, garantendo “la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale e il controllo dei rifiuti pericolosi”.
Immediatamente si sono subito messi in moto i più sordidi meccanismi politici e gli interessi più oscuri.
Inizialmente si era parlato del porto di Livorno, distante dal relitto all’incirca 76 miglia nautiche, porto provvisto di un bacino sufficientemente ampio e profondo per accogliere la Concordia e poterla smantellare senza dispendiosi investimenti da parte della Regione o dello Stato. Inoltre Livorno era assolutamente in grado di gestire l’impresa grazie alla Gestione Bacini spa che ha acquisito con il tempo esperienza nella cantieristica e nelle riparazioni. Successivamente si è preferito, probabilmente per paura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea ai danni dell’Italia, rinunciare a Livorno come sito per le procedure di demolizione del relitto. Escluso il porto di Livorno che seppur lontano era attrezzato e pronto allo smantellamento della nave, si profila all’orizzonte un altro sito: il porto di Piombino. Effettivamente questo porto è molto più vicino di quello di Livorno, ma la decisione di scegliere il porto di Piombino è stata fatta per la salvaguardia dell’ambiente? Io non penso.
L’attuale ministro dell’Ambiente Orlando ha definito come dato oggettivo che Piombino è l’approdo più vicino e naturale per lo smaltimento, indicando, per sostenere la sua tesi, la distanza geografica che intercorre tra il relitto e il porto stesso di Piombino, aggiungendo che tale trasferimento servirà a un rilancio produttivo e a un innalzamento della qualità ambientale e occupazionale. Innanzitutto vorrei sottolineare come il porto di Piombino non sia in grado, attualmente, di accogliere una nave di quelle dimensioni, il Rappresentante della giunta regionale Enrico Rossi chiosa dolcemente a favore del porto piombinese annunciando, in questo periodo di ricchezze incontenibili, un decreto per destinare la Concordia a Piombino, ma non è tutto: ci sarà un investimento di 110 milioni di euro per l’ingrandimento del bacino del porto di Piombino, più altri 50 milioni per la viabilità, un totale, presunto, di 160 milioni di euro, che sicuramente, come ormai siamo abituati in Italia, lieviteranno. Questi soldi serviranno per la realizzazione di una diga foranea da 1.150 metri, lo scavo dei fondali per altri 11 metri di profondità, e la costruzione di due bretelle stradali. Un problema interessante, oltre al fatto dell’utilizzo di tutti questi milioni che pioveranno dal cielo, è quello del tempo. Quanto dovranno aspettare i gigliesi prima che il relitto venga tolto davanti alla loro amata casa? Conoscendo i tempi italiani, potrebbero passare altri 30 anni e saremmo ancora qui a parlare della Costa Concordia, come si fa per la Salerno-Reggio Calabria. Non solo quindi dovranno essere spesi ingenti quantità di denaro per l’ammodernamento del porto, ma sicuramente si andrà, attraverso i numerosi lavori di rifacimento del bacino e non solo, a colpire l’ecosistema marino, già duramente provato con il disastro Concordia. Inoltre mi chiedo se tali investimenti avranno garanzie future o serviranno solamente per rallentare il declino del porto e del settore siderurgico di Piombino; infatti se la crisi economica dovesse proseguire a lungo, un investimento di tale portata potrebbe solamente essere un ulteriore, inutile, dispendioso sforzo per salvare qualcosa destinato a morire. Per di più, per quanto io sia favorevole agli investimenti nelle infrastrutture e nel loro ammodernamento, una spesa del genere è necessaria in questo momento? Per questo frangente? Non sarebbe più opportuno indirizzare queste somme verso investimenti più mirati e sicuri?
Siamo di fronte a una situazione di estrema disperazione: da una parte il porto di Piombino, insieme al settore siderurgico, che sta duramente sopportando la crisi, ma lentamente muore, aggrappato a questa speranza che è il relitto della nave per ripartire(?) da un profondo buio, dall’altra però è evidente che il porto di Piombino non è adeguato ad accogliere il relitto, seppur le sue acciaierie lo siano, capaci di smaltire tonnellate di metalli.
La prima mossa politica è questa: lasciar morire il porto di Livorno, anch’esso colpito duramente dalla profonda crisi, più moderno e pronto ad accogliere navi, in favore di Piombino, dove per ammodernarlo serviranno minimo 160 milioni di euro. La seconda mossa politica è la seguente: vicino alla Concordia è situato un altro porto, quello di Civitavecchia, anch’esso è adeguato per accogliere il relitto, senza bisogno di dispendiosi investimenti.
Visto che quindi per il porto di Piombino serve tempo e denaro forse il porto di Civitavecchia non sarebbe un miglior investimento? Sembrerebbe che forze più importanti della ragione dettino legge e probabilmente il relitto verrà trasportato nel porto di Piombino. Inoltre bisogna tenere presente che un relitto del genere e tutti i finanziamenti che esso porta con sé per l’eliminazione attira molti porti d’Italia: Genova, La Spezia, addirittura Palermo. Vedremo se il porto di Piombino risorgerà dalle sue ceneri o se invece questo investimento, che rasenta l’azzardo morale, sarà un fallimento non solo per lo stesso porto piombinese, ma per quei porti che realmente capaci di gestire il relitto Concordia, si sono visti negare le autorizzazioni e i permessi.
In fondo bisogna avere certe fedi politiche affinché i miracoli accadano.
Matteo Taccola