Ci vuole sempre un’ampia dose di coraggio quando ci si accinge a portare in scena un’adattamento teatrale di un romanzo e di un film così famosi; non solo perché quest’opera non nasce con fine teatrale, ma anche perché a portarla sulla scena è una compagnia di giovani attori amatoriali.
Tuttavia lo spettacolo “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, rappresentato al Teatro Guglielmi Giovedì scorso dalla Compagnia Classex di Massa è riuscito a superare la prova.
Colpisce lo spettatore il fatto che si entri in platea già a sipario aperto; una scelta registica audace e sempre più utilizzata, che avrebbe potuto mettere a dura prova gli attori, che sono stati calati nel personaggio sin dall’ingresso dei primi spettatori.
Infatti i personaggi che popolano la notte dell’ospedale psichiatrico in cui ci si trova calati-la platea era addobbata da lenzuolini igienici ospedalieri-giravano tranquillamente tra i sedili, talvolta richiamati all’ordine dagli inservienti.
La messa in scena era abbastanza minimale, eliminate le quinte, il palcoscenico era messo completamente a nudo sino alla porta di servizio, creando un enorme spazio, che non era certo di facile gestione sia per quanto riguarda la modulazione della voce (per questioni prettamente acustiche) sia per quanto concerne i movimenti degli attori.
Una perplessità che, a inizio spettacolo, è stata spazzata via dalla bravura degli attori.
Sicuramente ricorderemo tutti la valida performance di Jack Nicholson nella versione cinematografica dell’opera in questione; pertanto Gualtiero Santi nel ruolo di R.P.McMurphy portava su di sé un’eredità recitativa decisamente pesante.
Evidenti sono i richiami al film, nei gesti e nelle battute, tuttavia l’attore è riuscito a interpretare il personaggio, dandogli una credibilità, che poteva sembrare difficile da trovare.
Resterà indimenticabile Martini (Francesco Trentacosti), che, girando tra le sedie a inizio spettacolo, ha aiutato il pubblico ad immergersi nella realtà nosocomiale.
Purtroppo il personaggio di Miss Ratched (Nicoletta Testori) era leggermente sottotono rispetto al resto della compagnia, bisogna dire, infatti, che questa rappresentazione è rimasta in mano al cast al maschile, lasciando invece le attrici relegate nei loro ruoli secondari.
Tuttavia un ruolo come quello di Miss Ratched non è assolutamente marginale come invece è apparso.
Ha spiccato paradossalmente di più il ruolo dell’infermiera Pilbow (Elena Trapuzzano) e dell’inserviente Washington (Carlo Pernigotti) che oltretutto interpretava il Dottor Spivey, variando, soprattutto nel ruolo di quest’ultimo, i vari personaggi; una prova eccellente, tanto che si poteva avere l’illusione che il medico e l’inserviente non fossero lo stesso attore.
Calarsi nei panni di un malato psichiatrico è forse uno dei ruoli più delicati a livello recitativo, perché si rischia di eccedere nella caratterizzazione o di rimanere superficiali e non trasmettere totalmente l’emotività e la patologia del personaggio.
Niente di tutto questo è accaduto in questa rappresentazione di Qualcuno volò sul nido del cuculo: gli attori hanno mantenuto il loro ruolo, senza sfociare nella caricatura, con un’attenzione al dettaglio maniacale.
Se è vero che il teatro è fatto anche di piccole sfumature, queste sono state rese perfettamente: la mimica dei personaggi, i tic nervosi, hanno rappresentato chiaramente le patologie.
Non è sicuramente stato facile reggere due ore e più di spettacolo-forse era necessario un intervallo; apprezzabile la scrittura in cui le scene movimentate chiudessero una prima parte verbosa per poi scivolare velocemente verso il dramma conclusivo-completamente immersi nella parte, senza la sicurezza delle quinte.
I personaggi non hanno mai cessato di esistere: Harding (Alberto Mariotti) apriva e chiudeva nervosamente la propria vestaglia anche quando non era al centro della scena.
Lo stesso vale per i personaggi di Cheswick (Enrico Tongiani), la cui mimica era visibile anche dai palchetti più lontani, Fredrikson (Luigi Valletta), che ha recitato in sedia a rotelle, mostrando una grande preparazione nei movimenti che erano fondamentali negli scatti di rabbia, ma soprattutto per Bancini (Giuseppe Capozzolo), che ha suonato ininterrottamente il pianoforte a mimare la musica del reparto.
Questa cifra stilistica ha creato un senso di oppressione e di straniamento che non ha abbandonato il pubblico nemmeno all’uscita dal teatro.
Lo spettacolo si è evoluto seguendo un climax ascendente che ha fatto precipitare la scena sempre più nel caos, evidenziata dalla scena della Festa di Natale, in cui ha fatto la sua comparsa la spumeggiante Sandy (Martina Boschi) e ha calcato di nuovo la scena Candy (Camilla Caldi), esprimendo meglio però il personaggio di quanto non avesse fatto in precedenza. Le due presenza femminili hanno movimentato il palcoscenico grazie ai loro abiti sgargianti e alla loro performance che ha sottolineato il carattere frivolo delle due donne, così vicine a scoprire una realtà, come quella del manicomio in cui si trovano, terribile, ma troppo offuscate dalla loro vivacità per riuscire a comprenderla del tutto.
La scena del suicidio di Billy (Gabriele Ruffini) immediatamente seguente con la sua drammaticità ha spazzato via la giocosità apparente, anche per via della rissa e dell’ultimo atto di rabbia di McMurphy verso Miss Ratched.
Quando, dopo il buio in sala, si sono riaccese le luci, la scena era ritornata, in maniera circolare, al reparto che ci aveva accolto all’inizio della rappresentazione, tuttavia la presenza centrale della barella vuota ha sottolineato l’assenza della meteora che aveva portato il caos nella realtà tranquilla del manicomio, sottolineando la drammaticità della scena successiva in cui Bromden (Francesco Anselmi) arriva a uccidere l’amico McMurphy e riesce a fuggire verso una vita che sia reale e non vincolata dagli schemi del manicomio.
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