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Immuni, tra privacy e tutela della salute pubblica

Immuni

Dopo i droni sceriffi, frutto delle più ingegnose menti distopiche, nella fase 2 arriverà Immuni, l’app di contact tracing sviluppata dall’italiana Bending Spoons S.p.A.

Immuni è considerata fondamentale per tornare lentamente alla normalità, poichè permetterà il tracciamento degli incontri fra gli individui, così da poter avvisare chi è entrato in contatto con dei positivi. In mancanza di tamponi e test disponibili per tutta la popolazione, l’applicazione favorirà il calcolo del rischio delle infezioni e quindi un’auspicabile diminuzione dei nuovi contagi. Molto probabilmente essa verrà collegata al Servizio Sanitario nazionale e sarà  possibile compilare quotidianamente un diario clinico, in cambio di possibili “facilitazioni sanitarie” .

Oltre all’Italia, molti altri Paesi stanno sviluppando tecnologie simili, sulla scia delle esperienze cinese, sudcoreana e singaporiana dove i sistemi di tracciamento sono serviti a limitare l’avanzata dei contagi.

Focalizzandosi sul piano nazionale, rimangono ancora numerosi problemi da risolvere, soprattutto per quanto riguarda la tutela dei dati personali che dovrà avvenire nel pieno rispetto delle norme di riferimento, primo tra tutti il GDPR. In attesa di un urgente intervento legislativo, sollecitato anche dal Garante della Privacy, l’esecutivo e il commissario per l’emergenza Arcuri hanno cercato di fare un po’ di chiarezza circa le polemiche sollevate nelle ultime ore.

Innanzitutto il download dell’app sarà gratuito e volontario, anche se è stato specificato che l’efficienza del sistema sarà garantita solo se Immuni verrà scaricata da circa il 65% della popolazione.

Funzionerà tramite bluetooth, in modo da evitare la conservazione della geolocalizzazione, e si baserà su apposite anonimizzazioni e pseudonimizzazioni dei dati degli utenti, opportunamente cancellati alla fine delle prestazioni ad eccezione di quelli elaborati a fini di ricerca.

Secondo le parole di Arcuri, la gestione delle informazioni sarà affidata ad un server italiano e pubblico, in modo da evitare il trasferimento dei dati all’estero e da garantire un controllo centralizzato degli stessi. E questo in effetti è il punto più dibattuto, in quanto numerosi esperti, il Parlamento europeo, Google ed Apple, auspicano ovviamente una memorizzazione decentralizzata – cioè sui singoli dispositivi – delle chiavi degli infetti e degli incontri.

In attesa di capire come si definirà la questione, è lecito chiedersi se saremmo davvero disposti ad acconsentire all’uso dei nostri dati sanitari, quindi sensibili, al fine di tutelare presumibilmente la sanità pubblica. La nostra privacy, le nostre libertà fondamentali saranno opportunamente protette? Cosa ne sarà dei dati una volta finita l’emergenza?

Le misure di anonimizzazione, purtroppo, rassicurano ben poco; con la Big Data Analytics siamo sottoposti continuamente alla raccolta, l’uso, l’aggregazione di enormi moli di dati utilizzati poi per scopi operativi, industriali o scientifici. Le informazioni viaggiano a velocità inimmaginabili e dai  numerosi frammenti che lasciamo sulla rete, è comunque possibile ricostruire chiaramente le nostre identità ed abitudini; la profilazione permette in sostanza di prevedere i nostri comportamenti futuri e di creare anche classificazioni discriminanti.

Si potrebbe obiettare a tali considerazioni affermando che si sollevano polemiche sterili quando la questione riguarda i poteri pubblici, mentre accettiamo senza problemi l’incessante cessione dei dati personali ai colossi privati; tuttavia in quest’ultimo caso il più delle volte subiamo il trattamento dei dati, in quanto necessario per l’erogazione dei servizi che vogliamo utilizzare oppure molto spesso non sottoposto ad un consenso libero e informato.

Inoltre è noto che quando si tratta di violazioni di massa della privacy, la collaborazione tra soggetti pubblici e privati è assai frequente e dannosa: basti considerare gli scandali Echelon e Datagate.

Ad ogni modo, tornando al punto di partenza e ammettendo anche la totale protezione della privacy dei cittadini, è possibile riconoscere l’effettiva utilità di Immuni?

Ad oggi solo poco più del 2% della popolazione italiana è stata sottoposta a tampone (o test seriologico); senza questi controlli su larga scala, qualsiasi strumento di tracciamento dei contagi risulta praticamente inutile.

Perchè mettere potenzialmente a rischio la privacy delle persone e demandare loro un ennesimo sforzo, quando le mancanze sono ancora una volta nello Stato, incapace di garantire appositi strumenti di prevenzione?

 

Benedetta Cirillo

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