Quante volte passeggiando lungo Via dei Fori Imperiali abbiamo guardato con occhi sognanti i Mercati di Traiano e la meravigliosa colonna coclide alta 100 piedi che domina tutta l’area. Quante volte ci siamo incantati a guardare la luce del sole che illuminava i marmi bianchi. E quante volte ci siamo indignati nel vedere la situazione in cui versavano il Foro di Traiano e gli adiacenti Foro di Augusto e di Nerva (sì, esiste anche quello, povero Nerva).
Però sembra iniziato per Roma un periodo di svolta, una rinascita, dovuta in gran parte (se non interamente) alla buona volontà di investitori privati che si lasciano affascinare dalle rovine della Capitale del Mondo e danno un loro contributo.
E’ successo per il Colosseo, per la Piramide di Cestio, e sta per succedere anche per quel meraviglioso, affascinante, angolo di eterno che è il Foro di Traiano: un magnate uzbeco, Usmanov, ha infatti firmato un accordo con il comune romano e con la Soprintendenza speciale di Roma e, con i 2 milioni di euro da lui donati, potranno essere effettuati restauro e anastilosi (ricostruzione delle strutture utilizzando i blocchi originali) di alcune colonne e di parte di un architrave nel foro, e anche il restauro della Sala degli Orazi e Curiazi ai musei Capitolini e della Fontana del Quirinale. Talmente bello da sembrare incredibile, direte. Ma come è stato per il magnifico lavoro della Piramide di Cestio, effettuato a tempo record e in modo sublime, sono sicura che sarà uno spettacolo da non perdere. Per arrivare quindi preparati a questo appuntamento con la storia, in cui vedremo rinascere e rialzarsi parte del magnifico foro di Traiano, penso non ci sia nulla di migliore che scendere sotto il livello della strada attuale e provare a percorrere indietro nel tempo la sua storia e soprattutto quella del suo simbolo, la Colonna Traiana.
Il foro fu eretto nei primi decenni del II secolo d.C. grazie ad un’imponente opera di sbancamento alle pendici del Quirinale: infatti la valle tra Palatino e Quirinale era in gran parte occupata dai fori precedenti, e lo spazio ormai ridotto non avrebbe consentito la nascita di un complesso monumentale come quello progettato dall’architetto di fiducia di Traiano, Apollodoro di Damasco.
Per questo, le pendici del colle furono letteralmente “tagliate” per un’altezza pari a quella della colonna e a sorreggere il Quirinale contenendone il fianco furono realizzati i Mercati di Traiano. Ma questa è un’altra storia e oggi limitiamoci a voltare le spalle a questa meravigliosa opera di ingegneria ed architettura per rivolgerci al cuore dell’area, la piazza.
Il foro è infatti composto da una grande piazza circondata da portici, dominata dalla statua equestre di Traiano, cui si accede attraverso un arco sormontato da una quadriga di elefanti eretto a fianco del Foro di Augusto. La nuova sistemazione conteneva una grande basilica, la Basilica Ulpia, un tempio, dedicato poi al divo Traiano, e due biblioteche affrontate, una greca e una latina, in mezzo alle quali sorgeva la colonna, il cui nastro a rilievo risultava così visibile salendo nei due edifici. Il tutto era ricoperto di marmi, stucchi e pitture, mentre i mercati erano in mattoni a vista.
Ma parliamo della grande invenzione del cosiddetto “Maestro delle Imprese di Traiano” lo scultore della Colonna (l’identificazione di questo personaggio con Apollodoro non è sicura): colonne come supporto di statue onorarie c’erano anche a Roma; colonne con fasce parallele di rilievi erano già state dedicate a divinità nelle province. Ma del tutto nuova è l’idea di avvolgere una colossale colonna onoraria sormontata dalla statua d’oro dell’imperatore con un nastro figurato che si avvolge a spirale; i precedenti delle figure e gli espedienti pittorici sono invece da cercare nelle pitture trionfali.
Sulla base, ornata da cumuli di armi, si eleva il fusto, alto quasi 27 metri. Sommando fusto e capitello si arriva a 29,78 m, cioè 100 piedi romani. Il fusto è composto da 17 rocchi di marmo lunense del diametro di 3,83 m (scusate la specificazione della provenienza del marmo, ma un po’ di campanilismo toscano non guasta mai!). Il basamento, in cui si apriva la porta di accesso alla camera funeraria dell’Imperatore, era sormontato da un’iscrizione circondata da Vittorie che riporta la dedica e ricorda il livello del colle prima dell’intervento di Apollodoro. Agli angoli della tabula inscriptionis sono 4 aquile che reggono una ghirlanda d’alloro, simboli della maiestas imperiale. Il rilievo, in origine dipinto, è stato sicuramente eseguito dopo il montaggio in quanto non è condizionato dalle giunture tra i rocchi, e si svolge in 23 giri per 200 m di lunghezza. Nel salire, il nastro cresce in altezza per correggere l’effetto ottico dovuto alla distanza e i rilievi, tenuti bassissimi per non alterare la linea del fusto, conservano i modi pittorici: le figure sono evidenziate da un solco di contorno e addirittura alcune parti affondano nel piano, risultando incavate e non a rilievo. Sono narrate le guerre daciche del 101-102 d.C. e 105-106 d.C., in ordine cronologico, e i particolari degli armamenti dei corpi militari sono indicati con precisione. Sulla sommità si trovava la statua d’oro dell’imperatore, sostituita nel 1588 con quella di San Pietro.
Dal punto di vista artistico, la colonna è la più originale e alta espressione del rilievo storico romano; la composizione non presenta mai, lungo i 200 m, una ripetizione di schemi, una inserzione di elementi riempitivi. La tematica è a servizio della propaganda imperiale, ma l’artista afferma la propria libertà di scelta e non c’è mai poi una posa di esaltazione o adulazione di Traiano, nemmeno nella scena di sottomissione che chiude la seconda campagna della prima guerra: l’imperatore appare un giudice combattuto più che un vincitore.
In effetti, potremmo quasi affermare senza ombra di dubbio che si tratta della vera arte romana, senza influenze ellenistiche né classiche, senza pretese di eccellenza e perfezione come fu l’arte augustea, ma proprio per questo arte originale, pura, essenziale e perfetta nelle sue variazioni e imperfezioni. Passeggiare in una piazza interamente rivestita in marmo e trovarsi davanti un’opera del genere, ricchissima di colori, forme e immagini, doveva essere di grande impatto, e sicuramente lo è anche oggi. Per questo attendiamo che si realizzi il lavoro di anastilosi di parte del portico della piazza, perché sarà come un riportarci indietro nel tempo dandoci un piccolissimo assaggio di quello che doveva essere questo angolo al centro di Roma, al centro del mondo.
Giulia Bertolini
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