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Il califfo Erdogan

La Turchia è oggi uno Stato che sta declinando quell’antica divisione fra potere religioso e potere temporale, mescola, come un mago impazzito, questi due ingredienti, sconvolgendo l’assetto che un personaggio come il grande Mustafa Kemal aveva creato e difeso strenuamente.

Atatürk, cognome onorifico che gli venne dato con un decreto apposito emanato dal Parlamento della Repubblica Turca, depose nel 1922 Maometto VI, fondò la Repubblica un anno più tardi e diedi vita a un ordinamento rivoluzionario, improntato alla laicizzazione dello Stato.

Si pensi che riconobbe la parità dei sessi, istituì il suffragio universale, proibì l’uso del velo islamico alle donne nei luoghi pubblici, progresso che è stato abolito da un decennio circa da quello che si definisce partito islamico moderato.

In ambito giuridico dette quel valore che il diritto dovrebbe avere in ogni Stato, lo rese, cioè, indipendente dalla religione islamica abrogando ogni norma e pena che potesse essere ricollegata alla legge della menzionata religione, furono legalizzate le bevande alcoliche e depenalizzata l’omosessualità.

Ovviamente non fu un santo, ci mancherebbe, ma cercò in tutti i modi di rendere lo Stato, quanto più possibile, una creatura capace, senza qualche illuminante consiglio religioso, di camminare da sola, molte furono le azioni e i fatti che potevano essere evitati da Atatürk, ma dobbiamo sempre contestualizzare e rendere omaggio a una figura grande come era quella del fondatore della Repubblica Turca.

Scusatemi per questa ampia premessa necessaria a capire che cosa era prima la Repubblica, ci tengo a sottolineare questo termine, Turca e quella che sta ora brancolando flebile nel buio come fiammella minuta avvolta dalla pece dell’oscurità.

Dopo le varie vittorie islamiche che stanno sgretolando l’ormai zoppicante Repubblica Turca come il reinserimento dell’uso del velo per le donne e la formalizzazione del contratto “religioso” per i matrimoni, che sembrano far presupporre a un lento ritorno al diritto islamico, dopo le varie uscite pietose del primo ministro Erdoğan che affermava l’Islam come unica religione in Turchia, affermazioni poi riviste dallo stesso che ha tentato pateticamente di giustificarle, è notizia fresca che lo stesso Erdoğan si sia scagliato contro coloro che presentano il raki, l’alcol turco a base di anice, o la birra, come “bevanda nazionale”, per tutta risposta il primo ministro ha contro ribattuto, tuonando, che era l’ayran, una specie si yogurt salato, la bevanda nazionale turca.

Tasselli che si vanno ad aggiungere per creare un vero e proprio mostro teologico, che vuol seminare la religione ovunque e obbligare chiunque a crederci, calpestando le più elementari libertà personali fondamentali.

Siamo di fronte, tutti impotenti, alla morte di una Repubblica.

Un evento, a mio parere affascinante quanto terribile, come l’osservare una stella spegnersi lentamente.

In appendice è doveroso ricordare l’assurdità consistente nel fatto che la Turchia abbia dei negoziati con l’UE per poter farne parte, quando ancora non sono state date risposte chiare e forti riguardo la spinosa questione di Cipro e il riconoscimento del genocidio armeno, seppur in quest’ultimo caso passi avanti sono stati fatti dalla Turchia.

Infine quindi abbiamo un Paese che da Repubblica antica si sta trasformando in un moderno califfato, che sembra seguire fortemente le impronte di alcuni “amici”, quali in primis l’Iran, ma non solo.

Mi chiedo quindi come l’Unione Europea possa anche solo pensare di poter accettare uno Stato del genere!

Probabilmente sarà perché pur soffrendo la crisi economica del 2008 ha mantenuto un tasso di crescita medio del 5,2% tra il 2002 ed il 2011, continuando tutt’oggi a crescere.

Amabili resti quelli, che oggi il vento non riesce a portare via, di uno Stato sull’orlo di una tremenda trasformazione, ormai la fine della Turchia è decretata da un manipolo di pazzi, quelli che liberamente lasciano morire la democrazia.

Prepariamoci ad accogliere un nuovo Impero Ottomano.

Matteo Taccola

 

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