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Il 9 Novembre e la Germania: lezione di Storia

9 Novembre 1918
Una finestra del palazzo del Reichstag si apre e un uomo, conosciuto col nome di Philipp Scheidemann, proclama la Repubblica di Weimar.
Due ore dopo, una “Repubblica Socialista” venne proclamata da un balcone del Castello di Berlino, da Karl Liebknecht.
Berlino è distrutta, la Rivoluzione di Novembre si configura come l’apogeo di una guerra definitivamente perduta da un paese definitivamente atterrato, sconfitto. Un paese che vede la propria impalcatura diplomatica rasa al suolo e le proprie fondamenta istituzionali incendiarsi, come naturale e prevedibile causa di quel guglielmino sogno che diverrà incubo delle popolazioni mondiali appena vent’anni dopo.
Lo stesso giorno, il principe Maximilian Von Baden trasferì i propri poteri a Friedrich Ebert, capo dei Social Democratici Maggioritari.
Questo, tuttavia, non calmò gli animi delle masse e, il giorno successivo, ebbe inizio quella serie di processi politico-istituzionali che portarono alle elezioni per l’Assemblea Nazionale.

Siamo nel Gennaio 1919 e la Repubblica tedesca conosce i suoi primi mesi di vita sotto il segno di un trattato di Versailles che la vede de facto espunta dal sistema internazionale; costretta
a riparazioni di guerra impossibili da onorare per un paese che aveva visto il proprio sistema di produzione e il proprio bacino di materie prime passare in mani francesi.
La fiducia nelle istituzioni è, de facto, nulla.
Il tedesco adulto ha conosciuto 4 anni di guerra, la stessa guerra che sembrava
destinata a finire in pochi mesi.
Il tedesco adulto oggi vede sua moglie andare a comprare il pane con un milione di franchi.

Siamo nel 1923, in una birreria del centro di Monaco.
È la notte tra l’8 e il 9 Novembre e Gustav Von Kahr, membro del triumvirato che governava allora il Land bavarese, stava tenendo un comizio quando, con tutta la teatralità che sempre caratterizzerà il suo personaggio, irruppe nella sala un individuo dalla statura media, che fece risuonare in aria un colpo di pistola. Quest’uomo, anagraficamente conosciuto come Adolf Hitler, salì sul palco proclamando la nascita della “rivoluzione nazionale” e il giorno dopo, tentata una marcia sul centro della città, fu arrestato, processato per alto tradimento e condannato a 5 anni di carcere.In carcere il folle genio di questo individuo conobbe il suo periodo più florido, sono gli anni del Mein Kampf, forse il documento più macabro e agghiacciante che attesti come le atroci pratiche attuate durante la seconda guerra mondiale fossero fortemente legittimate, da un punto di vista ideologico, nella mente del Fuhrer.

Adolf Hitler uscirà di prigione nel 1929, trovandosi di fronte a una Germania su cui si stavano riversando le conseguenze del crollo della borsa di Wall Street. Fu facendo leva sul trascorso decennio di miseria, instabilità e disoccupazione dovute alla depressione che Adolf Hitler riuscì a conquistare le classi medie, presentandosi alle elezioni del 14 Settembre 1930 con un partito NazionalSocialista che riscosse oltre il 18% dei consensi.
L’inizio della fine.

Siamo nel 1938, la notte tra il 9 e il 10 Novembre, e le vetrate di 7500 negozi ebrei furono distrutte. La notte dei cristalli, manifesto di una scelleratezza incontrollabile, segnò de facto l’inizio dell’attuazione di quelle leggi sulla persecuzione razziale che tre anni prima ridondarono nelle piazze di Norimberga.

Ciò che avvenne dopo non c’è bisogno di raccontarlo.
Siamo nel 1945, Stende Null. Ora zero.

La Germania dell’Ovest, rimette nelle mani dei delegati degli 11 lander la stesura di una costituzione ritenuta provvisoria, poiché si attendeva l’unificazione coi 5 lander orientali.
La costituzione adottata sarà testimone di un fortissimo tentativo di rinascita culturale e valoriale della nazione, il cui fine principale era il mantenimento di stabilità, certezza, sicurezza, rispetto per la dignità umana. Valori che inevitabilmente erano mancati in quella Germania protagonista di uno dei più efferati crimini contro l’umanità che abbia conosciuto la storia umana.

La Germania dell’Est, sotto protettorato sovietico, conosce anni bui, tremendi, in cui i suoi cittadini si trovano privati di una fondamentale libertà della persona umana: il movimento. Il fine è senza dubbio contrastare il fenomeno migratorio verso l’Ovest che in quei mesi aveva coinvolto milioni di individui.

Siamo nel 1989.
Oggi, 26 anni fa.

I berlinesi dell’est aprono un varco nel muro che ha li ha separati per quasi trent’anni dal mondo civilizzato, dal mondo libero, dal mondo, che piaccia o no, occidentale.
Forse il momento costituente più forte nella storia tedesca, in cui si vede a tutti gli effetti la vittoria del blocco statunitense, latore delle istanze valoriali della dignità umana, delle istanze economiche del liberal-capitalismo, delle istanze sociali della democrazia.
È una vera e propria adesione ai valori occidentali, quella del 9 Novembre 1989, da parte di una popolazione distrutta, annientata dalle pretese di un’economia insensatamente programmata e illiberale.
È una rinascita. Un nuovo Stende Null, per la Germania orientale.

Una nuova ora zero.

L’incontro tra le due Berlino nella notte del 9/11/89

Siamo nel 2015 e Angela Merkel ha manifestato un’inaspettata apertura nei confronti del fenomeno dell’immigrazione.

Siamo nel 2015 e Angela Merkel ha temuto che al caso Grecia si affiancasse un pericoloso fenomeno di iper-inflazione della moneta unica.

Questo per sottolineare come spesso le cause sottese a decisioni fondamentali di politica internazionale siano figlie non di un caso o di uno scellerato delirio di onnipotenza; ma di una serie di istanze desunte da un’esperienza storica travagliata e senza dubbio ricca di esperienze che si sono necessariamente erte a latrici di particolari scelte.

Leggere gli eventi contemporanei in chiave storica potrebbe evitarvi la caduta nell’ormai inesorabile baratro del qualunquismo e della disinformazione che per titolo recano l’egemonia tedesca nel panorama Europeo.

E forse potrebbe pure piacervi.

 

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