I Voti della Redazione su Star Wars : Il Risveglio della Forza
Di Lamberto Frontera
Con la fine esalogia originale, George Lucas ha attraversato alcuni dei temi più epici della storia dell’umanità. Come un mito contemporaneo, Star Wars, ha tratto la sua forza dalla letteratura, dalla mitologia, dalla religione e dalla storia, riadattando i contenuti in chiave moderna e cinematografica. Star Wars: Il risveglio della Forza si inserisce in questo percorso, ereditando e omaggiando il lavoro del creatore George Lucas, ma consegnando il testimone ad una nuova generazione.
Nell’ultimo episodio della trilogia prequel La Vendetta dei Sith, erano stati affrontati temi sempre più ampi, che spaziavano dalla paura e l’amore, come strumenti del male, al crollo della democrazia e dell’ascesa dell’impero. Il Risveglio della Forza, invece, focalizza l’obiettivo più sulle sorti dei protagonisti, che su quelle della “Galassia lontana lontana…”.
Se J.J. Abrams, già autore del reboot di Star Trek, si fosse limitato ad ereditare i tratti fondamentali del lavoro di Lucas, avrebbe solo aggiunto un tassello importante, ma non unico, all’opera di Star Wars. E’ riuscito invece nella titanica impresa di aprire un nuovo universo, dopo la chiusura del ciclo di Anakin Skywalker, che fosse amato dai più accesi fan ed in grado di far innamorare una nuova generazione di spettatori. In questo settimo episodio, ad esempio, i malvagi non sono più solo personaggi mascherati, ma individui complessi e tormentati, in evoluzione e spietati come mai prima d’ora. E’ nelle loro fila che si compie una più vasta analisi introspettiva, ancora tutta da compiersi nei prossimi attesissimi episodi.
Così questo film oscilla grandiosamente tra la nostalgia e la voglia di novità, tra la leggendaria e grandiosa colonna sonora di John Williams e la scoperta di nuovi personaggi per la prima volta proposti sul grande schermo. E noi, che siamo tra i fan più accesi, ci siamo già innamorati dei Rey e BB-8, senza che questo ci faccia dimenticare Anakin o R2-D2.
Di Matteo Taccola
Dare una propria visione di quello che è Star Wars: Il Risveglio della Forza non è facile visto il fenomeno che ha generato anche al di fuori del cinema stesso. Le aspettative erano alte, forse fin troppo, per un film che si è dovuto caricare sulle spalle una tradizione decennale. Sono sincero quando vi dico che alla comparsa della mitica scritta la pelle ha avuto un brivido di piacere e le orecchie si sono tese al solo sentire quelle note. I primi minuti sono stati molto entusiasmanti pur svolgendosi, l’azione, in un paesaggio desertico che richiama, per i nostalgici, il pianeta natale di Anakin Skywalker, Tatooine; la seconda parte purtroppo soffre, e particolarmente, per l’assenza di innovazioni e di personaggi che non perseguono scopi diversi da quelli già assaporati, anzi utilizzando i soliti strumenti di distruzioni con le logiche a cui ci hanno già abituato i film precedenti: i “malvagi” che costruiscono una Morte Nera, solo più grande, e ancora più potente, la quale sarà distrutta nello stesso identico modo con cui nella Nuova Speranza si annienta l’arma finale, che più che un tributo sembra una copiatura, ma non c’è solo questo, anche il Primo Ordine, che ha preso posto del prestigioso Impero, non ha imparato nulla dagli errori degli antenati, infatti il punto nevralgico stavolta di un intero pianeta viene ancora una volta lasciato poco difeso, tant’è che una volta disattivati gli scudi non ci sono strumenti ulteriori di difesa. Una fine che non emoziona assolutamente, visto che sappiamo già come va a finire.
A parte, quindi, la sceneggiatura che lascia grandi punti interrogativi e alcune lacune, che spero saranno chiariti nei prossimi film e spin-off, un punto dolente è l’assenza di una colonna sonora coinvolgente che prenda lo spettatore e lo trascini tra le stelle o sui pianeti, tranne per qualche accenno della vecchia guardia e quei temi musicali propri di questo capitolo che comunque richiamano ancora una volta alla vecchia scuola.
Il personaggio dal quale mi aspettavo troppo era certamente il malvagio di turno, Kylo Ren, fondatore dell’Ordine dei Cavalieri di Ren. Sappiamo troppo e subito di lui e della sua identità, senza quel pathos che ci ha accompagnato nella vecchia trilogia, probabilmente per l’idea abbastanza consumistica dell’avere tutto e subito che si è riversata con violenza anche in questo film, in cui per altro il “cattivo” è ridicolo, la cui consistenza è paragonabile a quella di un adolescente in crisi d’identità, uno sfigato, senza alcun carisma, che vuole attirare l’attenzione di mamma e papà, che hanno litigato perché l’una è il Generale della Ribellione e l’altro non vuole troppi grattacapi con la famiglia e quindi ha deciso di tornare a fare il contrabbandiere più famoso della Galassia. A conferma di questa visione è, non solo, l’aspetto fisico dell’attore che sembra fin troppo giovane, ma anche i suoi accessi di ira fuori luogo in cui, come quei giovani mal educati, scatena prendendo di mira gli oggetti che ha intorno. Lontanissimo dallo spessore dei Sith. Interessante però il suo contrasto interiore tra la scelta del Lato Oscuro e del Lato Chiaro che lo rende certamente più umano, con quel minimo di introspezione che ci fa dire: diamogli un’altra possibilità. Sicuramente, dopo la batosta che la già pronta jedi, Rey, gli ha dato smetterà di essere un bamboccio e diventerà qualcosa di paragonabile a un Sith, almeno ora ha una cicatrice che lo rende più sopportabile agli occhi,
Parliamo ora proprio della jedi Rey, che, non si sa come, utilizza la Forza come se nulla fosse, riesce a manipolare il pensiero di uno Stormtrooper senza alcun problema, senza sapere come si fa; eppure ci riesce, umiliando il concetto di Forza a quello che forse la Disney ha scambiato come un super potere, ma che assolutamente non è. Rey quindi sa percepire la Forza, la sa usare, e non ci sarebbero grandi problemi se come le moltissime altre jedi, che si vedono anche nella prima trilogia, seppure non con un ruolo da protagoniste, avesse avuto un addestramento, elemento fondamentale dato che tutti i cavalieri jedi, per avere un controllo pieno ed efficacie della Forza, devono seguire un formazione più o meno lunga e tortuosa, ma lei no, lei sa che esiste e ha la Forza e quindi la sa usare.
Così come pienamente stucchevoli e fuori luogo alcune scene come lo scambio di complimenti tra la stessa Rey e Finn dopo essersi salvati guidando il Millenium Falcon mentre dei Caccia Tie li stavano inseguendo. –Ehi sei stata fortissima –, -No, tu sei stato bravissimo-, finiamola ragazzi. Inoltre, a concludere, sappiate che se cercate un substrato nel film non lo troverete, è un inno alla superficialità, ai blaster, alla crudeltà da quattro soldi, la reazione all’impegno politico fortemente presente nella vecchia e nuova trilogia è costituita dal niente, da armature bellissime, raggi ancora più devastanti, e Super Star Destroy messi a nuovo e lucidati.
La regia è certamente buona e gli effetti speciali sono eccezionali, ma credo che questo non possa essere un punto a favore visti i milioni spesi; tutt’al più sarebbe stato un forte punto a sfavore in caso contrario. Gli spunti sono buoni, e soprattutto i primi 50 minuti regalano emozioni, perdendosi però appunto nel finale. Probabilmente possiamo definire questo primo capitolo degli ultimi una transizione verso la maturità, e sono molto curioso di capire l’evoluzione dei protagonisti.
Dovessi prendere il singolo film direi che questi non mi ha convinto, ma spero che, però, possa godere nel complesso, con l’ausilio degli altri due, una sorta di punto di partenza attraverso il quale elaborare un’evoluzione della trama convincente e che possa trasmettere un messaggio e delle emozioni che vadano al di là del mero merchandising, presente anche e sempre in tutti i film di Star Wars, ma accompagnato, almeno stavolta dalla vera Forza.
Di Claudio Fedele
Un anno indimenticabile per gli appassionati di cinema, questo 2015, ed in particolar modo per coloro che aspettavano con trepida attesa il ritorno della “Galassia lontana lontana” nata dalla mente di Lucas; Star Wars – Il Risveglio della Forza, settimo episodio della saga che inaugura una nuova trilogia, giunge finalmente sui nostri schermi e, forte di una storia originale capace di allontanarsi dal filone classico di Guerre Stellari, non si fa scrupoli a proporre nuovi personaggi e nemesi a ben trent’anni da “Il Ritorno dello Jedi”.
J.J. Abrams, accettata l’ardua sfida, si cimenta in una scommessa capace di compromettere un’intera carriera o portarla alla più totale consacrazione ed è sua la telecamera che, con occhio attento, indugia sul volto di Rey, la bella e carismatica, nonché coraggiosa, protagonista assoluta di questo dolce risveglio, che tira avanti cercando rottami, tra le vecchie astronavi, da barattare con del cibo sul pianeta Jakku, interpretata dalla bravissima, scoperta made in England, Daisy Ridley, la quale sembra aver ereditato l’eleganza di poche altre sue colleghe, un volto tanto semplice quanto affascinante ed estremamente espressivo. Accanto a quest’ultima ci sono Finn, un’ex stormtropper deciso a lasciare le fila del Primo Ordine,
The Force Awakens è un capitolo di innovazione e rivoluzione, che mette le basi per una nuova trilogia e pianta nello spettatore più interrogativi che risposte, offrendo un vasto campionario di personaggi del tutto nuovi a cui vengono affiancati gli storici della serie. Han Solo veste un ruolo chiave nell’economia della pellicola, guida noi tutti, Rey e Finn in un’avventura capace di meravigliare visivamente e regalare attimi davvero riusciti ove lo spettatore si sentirà pienamente coinvolto, e grazie ai tanti rimandi agli atti passati non sarà difficile provare di continuo quel misto di nostalgia e malinconia una volta colte le innumerevoli citazioni ed omaggi.
Sebbene Star Wars, oggi, sia sinonimo di tante cose, molte delle quali che hanno poco a che fare con il cinema, rimane indubbio il suo valore artistico, anche di fronte a cadute di stile o di sceneggiatura, o a dei momenti sviluppati in maniera non eccelsa o persino accantonati per dare maggior rilievo ai tanti comprimari verso i quali si prova una profonda empatia.
Il Risveglio della Forza ammalia per gli effetti speciali ed i virtuosismi che Abrams realizza una volta chiamato a dare spettacolo, figlio di una regia che attinge a piene mani da quella di Spielberg, intuibile anche da una precisa messa in scena ed un particolare montaggio; tratteggiando con cura una protagonista forte e determinata, Star Wars, pur non brillando in alcuni frangenti, che ricordano un po’ troppo l’episodi IV e V, costruisce solide basi per i suoi successori, si conferma, ad ogni modo, un ottimo film, capace di saper intrattenere in maniera intelligente e far uscire soddisfatto il pubblico dalla sala.