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Gli Increati

Sabato 11 Aprile si è tenuta alla libreria Belforte di Via Roma la presentazione dell’ultimo libro di Antonio Moresco dal titolo “Gli increati”. L’autore è stato al contempo protagonista e ospite; protagonista presentando il suo libro e ospite poiché dopo la presentazione si è seduto in platea per assistere allo spettacolo teatrale tratto dal suo romanzo “La Lucina”. Lo spettacolo è stato messo in scena da Giovanni Balzaretti e Filippo Conti la sera stessa in libreria.

Ad affiancare Moresco alla presentazione del libro erano presenti: Carla Benedetti, critica letteraria e saggista, Francesco Mencacci, presidente dell’associazione culturale “Il teatro della cipolla”, e Antonio Celano.
“Libro impresentabile”, con queste parole, Carla Benedetti, ha aperto l’incontro; parole paradossali da usare per una presentazione, è vero: ma non parole a caso. È lo stesso Moresco, infatti, a confermare quanto sia difficile persino per lui stesso, autore del libro, presentare un lavoro frutto di “trentadue anni di lavoro”, un lavoro in cui lo scrittore Mantovano, ha concentrato tutta la sua poetica costruita nell’arco di una vita; vita, prima ancora che di scrittore, mi permetterei di dire, “di Uomo”. E Moresco non è un uomo comune; la sua sensibilità si respira su ogni pagina di quel libro, s’intende dalla sua visione del mondo, si ascolta snodarsi da ogni frase; mentre leggendole si ha l’impressione di aver a che fare con un vero e proprio canto. Ed è proprio su questo punto che si è concentrato l’autore nel pomeriggio: la narrazione è ciclica, la narrazione scorre un po’ come una “toccata”, un po’ come una “fuga”. Si concentra sul ritmo, sulle cadenze; è una narrazione che riprende gli schemi della sinfonia, con i suoi punti di tensione, i suoi scioglimenti, è una narrazione che spazia dalla drammaticità alla leggerezza del suono.
Ma quello di Moresco non è solo un esercizio di forma stilistica; è molto di più.
Come il suono fluisce in una forma cadenzata, così anche i personaggi, e le loro voci nelle varie situazioni si ripresentano: sono quelli dei “Gli Esordi” e dei “Canti del caos”; personaggi, simboli  quasi archetipi dell’animo umano, che ritornano, riemergono in quell’esistenza, in quella realtà autentica che Moresco dipinge con il non-concetto (o meglio l’intuizione) dell’Increazione, un mito perpetuo, un ciclo di aggregazione e disgregazione che sta dietro la natura dell’universo e ancor prima dell’uomo,della sua nascita e la sua morte: una realtà che abbraccia, che confonde i contrari e gli unisce in un orizzonte sconfinato di possibilità.

È complicato parlare di questo libro.
Facendo una semplificazione oscenamente riduzionistica, di cui l’autore non sarebbe affatto contento, potremo definirla come “una divina commedia post-moderna” (intendendo con il termine post-moderno non tanto una banale concettualizzazione di una corrente artistica, quanto una coordinata temporale).
Il libro infatti è un viaggio di un uomo, accompagnato da una donna misteriosa, “nell’oltretomba”, o meglio nel “mondo dell’increazione”, nel quale gli incontri a cui perviene il protagonista mischiano in sé personaggi storici inventati o realmente esistiti, note autobiografiche dell’autore e personaggi già incontrati precedentemente in alcuni dei romanzi che hanno preceduto “Gli Increati”. L’autore attraverso una spiccata abilità narrativa si spinge oltre il confine della morte, come già accaduto nella Lucina in Fiaba d’amore e negli Incendiati, reinterpretando la storia, e addirittura la stessa realtà, in un senso a-temporale, un senso che prende il più possibile le distanze da ogni concettualizzazione razionale. Ma Gli Increati è molto di più: è misticismo, sapere scientifico, morte, vita, amore, odio, famiglia, fiaba, incanto, disincanto, affetto, e mi sentirei di dire soprattutto ribellione: perché questo romanzo è ribelle.
Nel prossimo articolo sarà presente, in esclusiva per voi, l’intervista ad Antonio Moresco!

Gabriele Bacci

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