Il 23 marzo dinanzi a un folto pubblico di appassionati e amici venuti da varie parti d’Italia nei magnifici locali della Fondazione Ragghianti nell’ex convento trecentesco di San Micheletto, sito nel centro storico di Lucca, è stata ufficialmente aperta la mostra “Ballocco Morellet. Sguardi Paralleli”
che ha posto a confronto le opere di due Maestri dell’Astrattismo Europeo del secondo novecento; le opere, disposte con un parallelismo cronologico che ha mostrato una straordinaria affinità nell’evoluzione dei due artisti, che pure mai si sono personalmente incontrati, provengono da prestatori privati, da importanti collezioni pubbliche e soprattutto dagli archivi personali di Ballocco e Morellet, che hanno collaborato con entusiasmo al progetto artistico curato da Paolo Bolpagni, direttore della Collezione d’Arte Paolo VI, già noto in Fondazione per avervi allestito nel 2012 una mostra retrospettiva di Luigi Veronesi, mettendo a disposizione alcune opere inedite che mai in passato erano state concesse per eventi museali; Morellet, ancora vivente, ha inviato un messaggio di saluto per una città nella quale, se la salute e l’età lo avessero consentito, sarebbe stato felice di venire facendosi, comunque, rappresentare dalla figlia, presente all’inaugurazione.
La mostra ospiterà fino al 26 giugno una settantina di opere oltre a documenti, fotografie, video e riviste storiche, testimonianze di un’esperienza professionale iniziata dai due artisti nel 1945, anno di ritorno dal comune viaggio in Sud America, in quegli anni centro di un rinnovamento culturale che ha visto Lucio Fontana, Soto e gli artisti del GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visuel): Garcia Rossi, Le Parc, De Marco, Sobrino, gettare le basi dell’arte cinetica e programmata con uno studio razionale della percezione visiva attraverso la forma, il colore, la luce; proprio come due rette parallele, le vicende artistiche dei due maestri sono state destinate a scorrere vicine, senza mai toccarsi, sempre indipendenti ma con corrispondenze, sorprendentemente rintracciabili, nonostante due lessici artistici innovativi e singolari; in tal modo, Ballocco in Italia e Morellet in Francia hanno gettato le basi di una nuova linea artistica in cui l’analisi razionale dei colori e delle forme geometriche e l’indagine dei meccanismi della visione anno tradotto in termini pittorici e plastici la meritevolezza e il dinamismo della luce, “l’unique chose stable c’est le mouvement” (Jean Tinguely); comune obiettivo della ricerca dei due artisti è il progressivo abbandono dell’arbitrarietà e della sfera sensibile emozionale e psicologica, la pittura deve diventare scienza e conoscenza; l’arte inizia altresì a sperimentate nuovi linguaggi servendosi del multimediale e di mezzi inaspettati quali il neon, di cui in mostra sono presenti alcune opere degli anni Settanta, estremamente fragili, prestate in esclusiva per l’esposizione.
L’esposizione si snoda secondo una sorta di andamento circolare che aiuta a ripercorrere la vicenda artistica dei due protagonisti: dall’iniziale fase di studio e di ricerca, passando per un lessico formale che risente di altre avanguardie si arriva alla scelta finale che predilige il bianco e nero poiché ritenuti i colori più utili a indagare il meccanismo fondamentale della visione. Ciò che connota la carriera di Ballocco e Morellet è la voglia di conferire all’arte un carattere scientifico, la pittura viene concepita come pretesto per indagare la visione dal punto di vista neurofisiologico nell’intento di trasmettere allo spettatore non un’illusione ottica ma la pura, la vera realtà visiva.
Il catalogo, organizzato dal curatore della mostra Paolo Bolpagni ed edito da Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, contiene schede scientifiche dei singoli pezzi esposti, un saggio del filosofo Massimo Donà e un testo tradotto da uno scritto originale di Morellet del 1971 nonchè apparati biografici e bibliografici di notevole rilevanza storica.
LUCCA, 04.04.16
GianGuido Grassi