All’apparenza un ometto buffo ed insignificante, in realtà uno dei più grandi strateghi militari, forse l’ultimo, della Storia.
Questo era Vo Nguyen Giap, deceduto il 4 ottobre di quest’anno alla veneranda età di 102 anni.
Nato il 25 agosto 1911 nella provincia di Quang Binh, appartenente all’allora Indocina francese, Giap ripagò gli sforzi sostenuti dal padre contadino per farlo studiare diplomandosi a pieni voti nel liceo Albert Sarraut di Hanoi e, successivamente, ottenendo la laurea alla facoltà di Giurisprudenza, dove entrò per la prima volta in contatto con gli ideali comunisti elaborati da Marx e da Engels e propugnati dal carismatico Ho Chi Minh.
L’istruzione ricevuta nella futura capitale del Vietnam moderno gli permise di fare propria la cultura del popolo occupante e di impararne, grazie ad un’accurata analisi della sua storia, sia i pregi che i difetti. L’ingresso di Giap nel Partito Comunista Indocinese coincise con l’inizio della sua brillante carriera militare, che lo avrebbe portato ad entrare nell’olimpo dei grandi condottieri. Successivamente, durante la Seconda Guerra Mondiale, l’Impero Giapponese incluse l’Indocina tra i suoi obiettivi di conquista e, scacciate dai suoi confini le scarne guarnigioni francesi, vi instaurò un governo fantoccio molto simile al Manciukuò della Manciuria.
Giap riparò così in Cina, dove ricoprì un ruolo decisivo per l’avvicinamento ideologico e politico tra Mao Tse-Tung e il suo mentore Ho Chi Minh e venne incaricato da quest’ultimo di organizzare e di addestrare il Vietminh, un corpo paramilitare di guerriglieri che si opponesse agli invasori giapponesi e che consolidasse il potere comunista in Vietnam. Giap poté finalmente fare ritorno in patria nel 1945 e contribuì attivamente alla disfatta giapponese, contando unicamente sulle sue capacità di stratega e di organizzatore.
In seguito, le varie conferenze di pace successive alla Seconda Guerra Mondiale vanificarono l’impresa di Giap, che assistette alla rassegnazione del l’Indocina alla Francia in amministrazione coloniale. Ebbe così inizio la Guerra d’Indocina, che vide i guerriglieri del Vietminh contrapposti alle forze d’élite di uno dei più potenti eserciti europei per quasi dieci anni, al termine dei quali le unità francesi, fra cui la temutissima Legione Straniera, vennero disfatte nella battaglia di Dien Bien Phu del 1954. Questo evento sancì la fine del regime coloniale straniero in Indocina e la fondazione, come stabilito dalla Conferenza di Ginevra, del Vietnam del Nord, uno Stato comunista governato da Ho Chi Minh con capitale Hanoi, ma il generale Giap sarebbe stato di lì a poco richiamato in servizio per difendere ancora una volta il proprio Paese.
La crescente tensione con il Patto di Varsavia, infatti, aveva portato gli Stati Uniti d’America ad osservare con grande apprensione il piccolo stato asiatico, largamente finanziato e sostenuto dall’Unione Sovietica e dalla Cina. Ciò portò gli Statunitensi dapprima ad appoggiare diplomaticamente il governo filo-occidentale del Vietnam del Sud, afflitto da gravi problemi economici ed infestato da guerriglieri comunisti del Vietminh, per poi intervenire militarmente nel conflitto scatenatosi nel 1960 tra i due Stati. Se l’esercito del governo di Saigon era costituito da truppe male equipaggiate e scarsamente addestrate, il contingente americano in Vietnam contava decine di migliaia di soldati perfettamente armati e dotati dei migliori mezzi in circolazione, di fatto impossibile da contrastare per il solo esercito nordvietnamita.
Eppure, nonostante l’abissale inferiorità strategica, Vo Nguyen Giap assunse il comando delle forze nordiste e dimostrò tutta la sua abilità di teorico e pratico della guerriglia, tenendo testa per anni alle truppe americane ed infliggendo loro numerose sconfitte. Non solo comandò dall’alto del suo grado l’esercito regolare del Nord, ma addestrò accuratamente i cosiddetti Vietcong, i guerriglieri infiltrati dietro le linee nemiche resi famosi dal cinema e dalla letteratura. E’ da attribuire a lui, inoltre, la geniale intuizione, poi ripresa a parti invertite dagli Arabi durante la guerra dello Yom Kippur, di scatenare un’offensiva devastante durante il periodo del Tet del 1969, il capodanno vietnamita, che colse completamente di sorpresa il nemico e che rischiò di portare alla conquista di Saigon. Infine, dopo quindici anni di guerra, in seguito anche al ritiro delle forze statunitensi del generale Westmoreland, la guerra terminò con la sconfitta del Sud e con la sua annessione al regime comunista di Hanoi. Fu forse quest’ultimo avvenimento, più dei precedenti, il vero capolavoro strategico-diplomatico di Giap, al quale era stata in precedenza offerta la carica, fermamente rifiutata per poter continuare a svolgere le sue funzioni di Ministro della Difesa, che ricopriva dal lontano 1945, di Presidente della Repubblica alla morte di Ho Chi Minh.
Assistette quindi, ma senza un ruolo attivo, alla guerra cambogiano-vietnamita scoppiata nel 1977 e conclusasi nel 1991, ma diede un contributo determinante alla deposizione di Pol Pot, il feroce e sanguinario dittatore di Phnom Penh, con cui condivideva la fede politica comunista ma di cui aborriva lo sfrenato autoritarismo esercitato tramite la violenza sulla popolazione. Giap, infatti, era un puro ideologo, assolutamente contrario a qualsiasi forma di potere dittatoriale.
Dopo aver appoggiato le correnti riformiste del Partito per anni, si ritirò dalla politica attiva nel 1982, rimanendo però sempre disponibile per fornire consigli e suggerimenti alle nuove generazioni, che vedevano nella sua figura carismatica un simbolo e un eroe. Il generale Giap ha pubblicato numerosi saggi di dottrina politica e di strategia, tenuti in grande considerazione dalle accademie militari di tutto il mondo.
La sua morte, sopraggiunta al termine di un’esistenza lunghissima e ricca di avvenimenti, non rappresenta soltanto la dipartita di un grande personaggio vietnamita, ma anche la fine della dimostrazione vivente di come non siano soltanto le armi o la tecnologia a vincere le guerre, bensì di quanto possa essere decisiva l’influenza della genialità di un solo uomo, anche se minuto, dal nome buffo e di umilissime origini. Un uomo così, a cavallo di un secolo intero e alla testa di ragazzi che indossavano infradito di bambù, ha difeso un paese semisconosciuto sconfiggendo i più potenti eserciti del mondo.
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