Domenica 20 novembre, il Teatro Goldoni ha ospitato lo spettacolo “ Le olimpiadi del 1936”, ovvero la storia delle olimpiadi berlinesi del Terzo Reich raccontata da un narratore d’eccezione: Federico Buffa. Il giornalista sportivo di Sky, noto per il programma “ Federico Buffa racconta”, si è dato al teatro da più di un anno, mostrando al pubblico dei teatri italiani la storia delle olimpiadi più controverse ma anche più drammatiche e particolari di sempre, sia dal punto di vista sportivo che da quello del contesto storico. Una storia che contiene al suo interno tante altre storie intrecciate fra di loro, fatte di uomini, di gesti e di emozioni che hanno sorpreso ed appassionato il numeroso pubblico livornese accorso al teatro.
Buffa veste i panni di Wolfgang Furstner, comandante del villaggio olimpico poi declassato a vice-comandante, che si ritrova in un luogo che gli ricorda quei “gloriosi e tremendi giorni”. Egli vede al passato con nostalgia e malinconia, ma anche con entusiasmo per quelle che sono state gesta che hanno riscritto la storia dello sport e dell’umanità .Il pianoforte di Alessandro Nidi, la fisarmonica di Nadio Marenco e la voce poliedrica di Cecilia Gragnani, accompagnano ed intervallano egregiamente la narrazione di Furstner. Una narrazione che si concentra su tre personaggi emblematici di quegli anni. La prima è una donna tanto forte quanto controversa, regista dei film che hanno mostrato al mondo ciò che accadde in quella rassegna olimpica. Leni Riefenstahl colpisce per il suo carattere unico, per il suo carisma e per la sua pignoleria nella ricerca della perfezione nelle riprese. Le immagini del suo documentario, pionieristiche per l’epoca, accompagneranno la presentazione degli altri due protagonisti, due dei simboli più puri di quell’olimpiade. Il leggendario Jesse Owens, simbolo vincente della lotta afroamericana, partito da radici difficoltose per arrivare ai record spazzati via a Berlino. Essenza pura dello spirito olimpico è stata la finale del salto in lungo, dove è nata un’amicizia fondata sul rispetto e sull’amore per la competizione fra lui e l’atleta tedesco Luz Long. E poi c’è l’ancor più malinconica storia di Sohn Kee-chung, simbolo dell’oppressione politica del Giappone sulla Corea che trasforma la gioia di una medaglia d’oro nella maratona in vergogna e tristezza.
Lo spettacolo è ben lontano dall’essere un’invettiva contro il nazismo, che narra le barbarie e le prepotenze del nazionalsocialismo, ma si concentra su quello che effettivamente è stata l’olimpiade di Berlino, ovvero un grande spartiacque della storia dello sport e non solo. Il successo di quelle olimpiadi è innegabile dal punto di vista della modernità e dell’organizzazione data da Goebbels e Hitler. Inoltre, come ricorda proprio Buffa, la Germania stravinse quei giochi. Di fatto vengono sfatati anche alcuni miti e rivelate alcune verità rilevanti su Jesse Owens. Si toccano, inoltre, altre pagine che hanno scritto la storia dello sport, come la prima medaglia d’oro femminile dell’Italia o il tragicomico debutto del basket nella vetrina olimpica. Vengono raccontate storie di personaggi eversivi e stravaganti come quelli di Eleanor Holm. La presenza del nazismo nello spettacolo è comunque ingombrante, ma viene rappresentata in funzione di storie e di gesta sportive, lasciando i giudizi alla storia. Con la sua fabulazione, le pause e le improvvise accelerate, peculiari del suo stile narrativo, Buffa riesce a coinvolgere pienamente e ad imprimere nella mente un’infinità di aneddoti. La sua conoscenza lascia ammaliati e si resta sbalorditi dalla quantità di collegamenti racchiusi in queste olimpiadi e in quei protagonisti. Ne scaturisce che la narrazione sia un susseguirsi di emozioni contrastanti, provocando l’alternarsi di ammirazione e pena, di risate a profonda malinconia. Consiglio la visione di questo spettacolo, sia perché vale davvero la pena saperne di più su un evento così importante, sia per lasciarsi semplicemente cullare dalle storie raccontate da Federico Buffa.
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