Lo scorso 26 Febbraio in Iran si sono svolte le elezioni del “Majlis“ (Assemblea legislativa) e dell’Assemblea degli Esperti (organo assembleare cui è affidata l’elezione della Guida Suprema).
NON TUTTE LE ELEZIONI SONO DEMOCRATICHE
Nonostante il suffragio universale quelle iraniane non sono elezioni democratiche, almeno non secondo i canoni dello Stato di Diritto ai quali siamo abituati.
Infatti anche questa volta la stragrande maggioranza (99%) dei candidati riformisti non ha potuto concorrere alle elezioni perché il Consiglio dei Guardiani, organo istituzionale che approva le candidature, ha fatto ampio esercizio del proprio diritto di veto.
Inoltre i seggi elettorali, come di consueto, sono stati allestiti nei luoghi di culto e di conseguenza gli elettori hanno votato divisi per appartenenza religiosa (i musulmani hanno votato nelle moschee ed altri luoghi istituzionali, i cristiani negli oratori, gli ebrei nelle sinagoghe, ecc…).
La cosa non deve però stupire, infatti l’Iran è una Repubblica Islamica in cui la Guida Suprema, che è eletta a vita, è allo stesso tempo Capo di Stato e massima autorità religiosa del paese e possiede un’enorme potere istituzionale nominando i vertici dei più importanti organi dello Stato, in particolare metà dei membri del Consiglio dei Guardiani, i membri del Consiglio per il Discernimento (una sorta di Corte Costituzionale che risolve le controversie sulla conformità delle leggi ai principi dell’Islam) i vertici del Potere Giudiziario, delle Forze Armate e del sistema Radio-televisivo.
In un simile sistema di relazioni istituzionali il Presidente della Repubblica Islamica, eletto a suffragio universale, pur essendo a capo del Governo ha in realtà stretti margini di manovra, specialmente se l’Assemblea legislativa ostacola il suo operato.
Per questa ragione l’attuale Presidente Hassan Rouhani (che terminerà il mandato nella primavera 2017) sperava in una vittoria delle forze riformiste e moderate che sostengono il suo indirizzo di Governo.
Negli ultimi 3 anni infatti il moderato Rouhani ha dovuto convivere con un Parlamento a netta maggioranza conservatrice integralista, che si è opposto con forza alla sua politica di apertura all’Occidente ed in particolare all’accordo sul Nucleare con gli Stati Uniti.
I RISULTATI: I MEDIA OCCIDENTALI E I MEDIA LOCALI
Non appena i primi risultati sono stati diffusi, ed in particolare quelli relativi a Tehran, i media occidentali hanno diffuso la notizia di una grande vittoria del Presidente Rouhani e dei riformisti.
In effetti nella capitale i candidati riformisti e moderati hanno ricevuto oltre il 90% dei voti ottenendo tutti i 30 seggi del Majlis e 15 dei 16 seggi dell’Assemblea degli Esperti (l’unico conservatore integralista che è riuscito a farsi ri-eleggere è Ahmad Jannati).
Ma nel resto dell’Iran i risultati sono stati molto diversi, e anzi hanno visto in molte zone la vittoria dei conservatori.
Se si da un’occhiata ai media locali il risultato appare molto confuso, infatti quasi ogni testata ha diffuso risultati differenti, talvolta addirittura nettamente contrastanti.
L’unico dato su cui le varie testate concordano è quello dell’affluenza, che è stata del 62% (circa 34 milioni di persone).
Il fatto è che in Iran non esiste un sistema partitico ben definito come il nostro e quindi molti candidati erano indipendenti e quelli inseriti in una stessa lista erano in realtà anche molto distanti ideologicamente l’uno dall’altro.
Inoltre, in particolare nel caso delle elezioni per l’Assemblea degli Esperti, molti candidati erano “condivisi”, cioè sostenuti contemporaneamente da più liste (e diversi erano sostenuti da tutte le liste).
Per questa ragione ciascuna testata ha calcolato il numero di eletti “riformisti-moderati” o “conservatori” in base alla propria ricostruzione e, sempre in base ad essa, ha proclamato la vittoria dell’una o dell’altra fazione.
Comunque, secondo una lettura il più possibile oggettiva dei risultati diffusi dal Ministero dell’Interno iraniano, dei 221 seggi del Majlis assegnati al primo turno (per i rimanenti 69 si andrà a ballottaggio) la lista dei riformisti-moderati ha ottenuto almeno 83 seggi (37,5%), quella dei conservatori almeno 78 (35,3%), e gli indipendenti–minoranze religiose (2 seggi riservati alla Chiesa Cristiana Armena, 1 alla Chiesa Cristiana Assira, 1 alla Comunità ebraica e 1 alla Comunità Zoroastriana) circa 60 (27,2%).
Degli 88 seggi totali dell’Assemblea degli Esperti ben 37 (42%) sono andati a candidati “condivisi” sostenuti da tutte le liste, 28 (31,8%) ai conservatori, 19 (21,6%) ai riformisti-moderati e 4 (4,6%) agli indipendenti.
Se nel Majlis si è creata una situazione di c.d. “parlamento appeso” (senza alcuna maggioranza politica), nell’Assemblea degli Esperti i riformisti-moderati hanno invece un’ampia maggioranza se si tiene conto anche degli esperti “condivisi“.
In ogni caso dal punto di vista del Governo Rouhani la situazione è nettamente migliorata anche nel Majlis, perché la maggior parte dei conservatori più integralisti non sono stati rieletti. Di conseguenza Rouhani può contare adesso su una maggioranza parlamentare (circa 158 parlamentari) favorevole all’accordo sul Nucleare, composta da riformisti-moderati, indipendenti e conservatori moderati.
Segnalo inoltre che nell’assemblea legislativa sono state elette almeno 15 donne (al ballottaggio potrebbero salire a 22, comunque è già superato il record storico che era di 14), quasi tutte riformiste(14/15), tra le quali la trentenne Fatemeh Hosseini.
Se ne erano candidate 1234 e ben 586 avevano superato il vaglio del Consiglio dei Guardiani.
Invece le donne che si erano candidate (16 in totale) all’Assemblea degli Esperti (la legge iraniana non lo vieta) sono state tutte escluse della corsa.
MA QUINDI COSA CAMBIERÀ IN IRAN?
In realtà di “riformisti” veri e propri (quelli che vorrebbero riforme e cambiamenti radicali) se ne sono salvati davvero pochi (1%) dal veto del Consiglio dei Guardiani, che ha escluso dalla corsa il 99% di essi.
Persino il nipote dell’ex Guida Suprema Ruhollah Khomeini, Hassan, è stato escluso dalla competizione elettorale.
Tra i riformisti “sopravvissuti” spicca Mohammad Reza Aref, primo per preferenze individuali a livello nazionale con oltre un milione e mezzo di voti.
Comunque il leader dei riformisti Mohammad Khatami è intervenuto nella campagna elettorale (su youtube perché è stato bandito da radio e televisioni) invitando gli elettori riformisti a sostenere gli alleati moderati Hassan Rouhani, Akbar Hashemi Rafsanjani (entrambi tra i più votati per l’Assemblea degli esperti con oltre 2 milioni di preferenze individuali a testa) e Alì Motahari (che è stato il secondo più votato del Majlis dopo Reza Aref con quasi un milione e mezzo di preferenze).
Insomma, nella composita maggioranza parlamentare che probabilmente sosterrà il Governo Rouhani, di veri riformisti ce ne saranno ben pochi, moltissimi saranno invece i moderati e i conservatori moderati.
Questa strategia comunque sembra essersi rivelata vincente, rinforzando la posizione di Rouhani che adesso potrà portare avanti le sue iniziative politiche fino ad oggi ostacolate dal Majlis a maggioranza conservatrice integralista, e cioè in particolare:
1) Politiche di sviluppo economico con apertura agli investimenti stranieri con la venuta meno delle sanzioni internazionali;
2) Apertura diplomatica agli Stati Uniti e all’Occidente e disponibilità a stare al tavolo anche con l’Arabia Saudita (i nemici di sempre) se necessario per la sicurezza regionale dell’intero Medio-Oriente;
3) Maggiore attenzione alle libertà civili e politiche (secondo alcuni commentatori la maggioranza dei nuovi parlamentari sarebbe a favore di un restringimento dell’ambito di applicazione delle pena capitale);
Inoltre l’avanzata dei riformisti-moderati nell’Assemblea degli Esperti accresce la possibilità che la prossima Guida Suprema, che verrà probabilmente eletta alla morte di Alì Khamenei (attuale Guida Suprema che ha 76 anni e non gode di buona salute), possa essere meno inflessibile e di mentalità più aperta rispetto al predecessore.
Ma Rouhani deve stare bene attento a non fare i c.d. conti senza l’oste: Khamenei, secondo alcuni commentatori, non resterà a guardare e anzi potrebbe cercare di ostacolare l’agenda riformista del Governo, potrebbe opporsi all’eventuale candidatura di Reza Aref a portavoce del Majlis (scelta che sarebbe naturale visto il suo record di preferenze), potrebbe osteggiare il processo di riabilitazione pubblica dei leader riformisti (Khatami, Mousavi e altri) voluto da Rouhani, potrebbe utilizzare il potere giudiziario contro i parlamentari qualora essi si rivelassero eccessivamente riformisti, potrebbe dimettersi per cercare di influenzare la nomina del proprio successore scongiurando il rischio che la nuova Guida Suprema sia un moderato.
Certamente non assisteremo ad alcun cambiamento radicale dall’oggi al domani, ma dopo tanti anni di dominio degli integralisti di Ahmadinejad questo risultato elettorale appare come un importantissimo passo avanti che ha restituito a milioni di iraniani la speranza in un futuro migliore.
COSA NE PENSANO I GIOVANI IRANIANI?
Abbiamo chiesto cosa ne pensano del risultato elettorale ad alcuni giovani iraniani che studiano all’Università di Pisa.
D1: Secondo te dopo queste elezioni c’è la possibilità che cambi davvero qualcosa in Iran? Sei contento/a dei risultati?
R1: La possibilità di cambiamenti radicali è scarsa. Direi praticamente nulla, quanto meno nel breve periodo, ma la situazione sta a poco a poco migliorando da quando nel 2013 Rouhani è stato eletto presidente.
Rouhani è di mentalità aperta e quasi tutti i ministri del suo Governo sono riformisti.
Se facciamo il confronto con i tempi del Governo Ahmadinejad, che represse nel sangue le manifestazioni di protesta contro i brogli elettorali nel 2009, si sono fatti passi avanti in matera di libertà di stampa e di manifestazione del pensiero.
Quando c’era Ahmadinejad nessuno poteva permettersi, nella maniera più assoluta, di criticare il Governo, nonostante la grande maggioranza della popolazione fosse contro di lui. Adesso la situazione è migliorata e confido che continui a migliorare dopo queste elezioni.
Quindi, anche se molto probabilmente non ci saranno grossi cambiamenti, io sono davvero molto contenta per il risultato elettorale.
Dopo tanti anni in cui era tutto buio si inizia finalmente a vedere un po’ di luce alla fine del tunnel.
R2: Guarda, vivo in Europa da molti anni e francamente non saprei dirti, anche perché quando torno in Iran ci sto poche settimane.
In base a quello che mi hanno detto penso che la gente sia andata a votare più per impedire la rielezione dei conservatori integralisti che non tanto per sostenere le riforme di Rouhani.
Certamente è positivo che gli uomini di Ahmadinejad non abbiano più la maggioranza, ma a parte questo non credo ci sia molto da festeggiare.
In Iran non cambia mai niente perché tutto il potere resta comunque in mano a Khamenei e quindi non nutro particolari speranze di cambiamento.
R3: Sono abbastanza scettico per natura, non credo che in Iran possano esserci grossi cambiamenti.
Il fatto che la maggior parte dei candidati migliori venga esclusa sistematicamente dal Consiglio dei Guardiani impedisce al popolo di eleggere le persone che davvero vogliono cambiare il paese.
Di conseguenza non penso ci sia molto da festeggiare. Detto questo è però innegabile che negli ultimi anni è stato fatto qualche piccolo passo avanti in materia di libertà civili. Come penso abbiate potuto notare anche voi dall’estero, adesso in Iran la gente può parlare più liberamente rispetto al passato.
R4: Le cose non cambiano molto facilmente in Iran, ma queste elezioni hanno riacceso le nostre speranze.
Votando a favore dei sostenitori di Rouhani il popolo ha espresso il proprio sostegno al Governo e dato uno schiaffo ai conservatori e a Khamenei che fino ad oggi hanno cercato di ostacolare le sue riforme economiche.
Anche se sappiamo benissimo che dall’oggi al domani non potrannò esserci cambiamenti significativi, adesso possiamo almeno sperare che piano piano le cose migliorino.
Io e il mio ragazzo siamo molto contenti per i risultati di queste elezioni e siamo fieri di avervi preso parte.
R5: Secondo me si, la situazione in Iran cambierà, certo non subito, ma noi iraniani abbiamo imparato ad avere pazienza.
I risultati elettorali sono sicuramente da festeggiare, almeno per noi che studiamo o viviamo all’estero perché è bello pensare che un giorno, quando torneremo in Iran, lo troveremo cambiato, più libero.
Spero che ci possano essere passi avanti già nel breve periodo, almeno in materia di libertà individuali.
D2: Secondo te, dopo queste elezioni, Mousavi e gli altri dissidenti riformisti (n.d.r. che parteciparono alla Rivoluzione verde del 2009 e che furono per questo imprigionati o perseguitati dal Governo Ahmadinejad) potranno essere liberati e riabilitati dal Governo Rouhani?
R1: Spero di si. Rouhani, Rafsanjani, Motahari, Khatami e Reza Aref ovviamente vogliono liberarli, ma purtroppo tutto dipende da Khamenei. Sicuramente lo proporranno e ne discuteranno. La cosa più brutta è che moltissimi di questi dissidenti, che sono detenuti da ormai 7 anni solo per aver manifestato in piazza contro i brogli di Ahmadinejad, sono giovani, studenti universitari, e ci sono alcuni politici conservatori che addirittura volevano farli giustiziare. È una cosa terribile. Spero che li liberino.
R2: Non penso, purtroppo Khamenei ha l’ultima parola.
R3: Non lo so, probabilmente Khamenei non lo permetterà, ma spero che li liberino.
R4: Non è molto probabile, ma è possibile. Mousavi, Karroubi e gli altri leader del Movimento Verde godono di ampio supporto e sono molto amati dalla popolazione. Proprio per questo motivo Khamenei li teme ed è quindi improbabile che consenta facilmente alla loro liberazione. Dopo queste elezioni però i parlamentari e gli Esperti favorevoli sono molti di più e la maggioranza di quelli che volevano che i dissidenti fossero giustiziati non sono stati ri-eletti. Spero quindi che Mousavi, Karroubi e le loro famiglie siano liberati al più presto.
R5: Non ne ho idea, ma spero assolutamente di si.