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Il dramma di Medea sul palco del Teatro Goldoni di Livorno

Medea è una minaccia che incombe imminente sul pubblico, così viene definita nelle note alla regia di Luca Ronconi e meglio non poteva descrivere la sensazione che pervade lo spettatore di fronte alle azioni di una donna che travolge il suo mondo con una ferocia tragica ed inaudita. Il Teatro Goldoni di Livorno, l’11 e il 12 Gennaio, ha così inaugurato il nuovo anno, per quanto concerne la prosa in doppia turnazione, con uno straordinario spettacolo firmato da un personaggio d’eccezione.

Daniele Salvo ha voluto rendere omaggio a Luca Ronconi, tra i più grandi registi del secolo scorso, riproponendo l’allestimento che il grande Maestro aveva già sperimentato nel 1996 per la sua personale interpretazione della tragedia euripidea.

Franco Branciaroli aveva già vestito i panni della Medea Ronconiana più di venti anni fa e nonostante ciò ha saputo farla rivivere sulla scena con uno spirito sublime e contemporaneo.  Quello rappresentato è il dramma di Euripide e narra la storia dell’abbandono di Medea e dei suoi figli da parte di Giasone, sposo e padre degli stessi, per giungere in nozze con Glauce, figlia di Creonte, re di Corinto. In seguito illustra allo spettatore la tremenda furia vendicativa della potente Medea – interpretata da uno straordinario Franco Branciaroli – che, minacciata anche di essere esiliata da casa propria insieme ai figli, dimostra di essere disposta a tutto pur di farla pagare a Giasone. A cadere sotto la lucida violenza della donna ferita e abbandonata saranno prima la promessa sposa di Giasone e suo padre, e poi, dopo un lungo e profondo conflitto interiore, persino i figli.

Ma quello di Medea non è soltanto il racconto dell’efferata crudeltà di una donna tradita ed abbandonata. Questa Medea, non a caso interpretata da un uomo, ha un respiro politico ancora più ampio. Medea è una straniera sull’isola greca, una barbara, e come tale viene trattata da chiunque interloquisca con lei. Persi i favori di Giasone, viene costretta dal Re di Corinto all’esilio in quanto pericolosa e diversa. Questa idea di conflitto tra la protagonista ed il mondo che ha intorno sarà alla base e soffierà sull’odio montante della donna nei confronti di chi l’ha lasciata da sola.

Quella raccontata dal regista Luca Ronconi è la storia di un essere dal potere smisurato, sinistro, inarrestabile, che nel finale tradisce persino sembianze non mortali e che attenta concretamente alla sua stessa umanità pur di non uscire di scena nell’oblio. È il grido disperato e disumano di un essere umano che, di fronte all’oblio, preferisce annichilire chiunque tenti di allontanarla.

Medea non è solo la principessa della Colchide, ma colei che ha rinnegato la sua patria per seguire l’amore della sua vita e compiuto atti efferati affinchè egli riuscisse nelle sue imprese, per poi essere dall’ingrato marito rifiutata e rinnegata. Abile maga dall’intelletto sopraffino utilizza i vizi degli uomini, superbia e avidità, per attuare il suo piano malefico, lanciandosi con tutta la sua ira contro la causa prima del suo male: lo sposo Giasone. Medea non è la donna indifesa che fa credere di essere, nel momento in cui supplica Creonte poichè le conceda un giorno in più prima dell’esilio, ma è un essere umano consapevole della propria dignità e dei propri diritti, che difende strenuamente con tutte le forze.

La messa in scena è ottima e frutto del connubio tra il Piccolo Teatro di Milano, il Teatro degli Incamminati e la Produzione Centro Teatrale Bresciano. Gli attori, con le loro interpretazioni, tengono gli spettatori incollati alle poltrone per tutta la durata dello spettacolo. Magistrali le interpretazioni di Alfonso Veneroso (Giasone), Tommaso Cardarelli (pedagogo e Nunzio) e di Elena Polic Greco (nutrice), oltre che del sopracitato Franco Branciaroli nei panni di Medea.

L’adattamento scenografico è sorprendente e funzionale soprattutto per quanto riguarda i costumi, per i quali ringraziamo Gianluca Sbicca, rivisitati per l’occasione in chiave moderna, nello specifico in stile Stati Uniti degli anni ’40. Da sottolineare il pregevole contrasto costumistico che si crea tra il nuovo e l’antico, sia nelle ultime battute di Medea sia nella scena di Egeo; un vero e proprio ritorno alla classicità dalla formidabile potenza visiva, che resterà scolpito a lungo nella memoria dello spettatore. La regia ed i testi non sono da meno. Di alta qualità, conferiscono alle varie scene un’organicità ed una gradevolezza non sempre scontate, anche su palchi importanti come quello del Teatro Goldoni di Livorno, pertanto consigliamo ai nostri lettori la visione di questo spettacolo sempre attuale e ricco di spunti di riflessione.

 

Di Lamberto Frontera e Chiara Sabbatini

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Spettacolo di prosa: Medea
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