“Lo spettacolo di stasera è decisamente importante, poiché rappresenta il passaggio del testimone dalla prima alla seconda edizione del festival Una Gigantesca Follia. La prima edizione, che ha caratterizzato la scorsa stagione lirica e parte di questa, dedicata alla figura di Don Giovanni, mentre l’edizione che andiamo ad inaugurare stasera sarà incentrata sul mito di Faust. Prima di iniziare, vorrei rivolgere un particolare ringraziamento ai cantanti e agli attori che hanno deciso di partecipare allo spettacolo di stasera perché hanno accettato di esibirsi gratuitamente. Stasera è una serata di festa, la festa dell’arte”. Con questa felicissima espressione del M° Marcello Lippi è stato ufficialmente inaugurato il festival Demoni e Angeli – Il mito di Faust che occuperà le attività del Teatro Verdi, dell’Università di Pisa, della Scuola Normale, del Cineclub Arsenale e molte altre realtà culturali pisane con più di trenta appuntamenti, a cominciare dallo spettacolo di mercoledì sera, il dramma Don Giovanni e Faust di Christian Dietrich Grabbe.
Vale la pena spendere qualche parola su come è stata presentata quest’opera teatrale: Grabbe l’ha sottotitolata “dramma con musiche” perché, durante il suo svolgimento, era previsto che venissero eseguite delle musiche composte appositamente da Albert Lortzing; invece di presentarlo in questa veste, le registe Vittoria Lai e Elena Marcelli hanno deciso di includere nell’azione scenica dei numeri musicali da opere che condividono il duplice soggetto del testo di Grabbe, ossia dal Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, dal Don Giovanni Tenorio di Giuseppe Gazzaniga, dal Mefistofele di Arrigo Boito, dal Doktor Faust di Ferruccio Busoni e da quello di Charles Gounod. Questa compenetrazione tra opera e prosa è stata molto interessante perché l’una integra e chiarisce l’altra vicendevolmente, com’è interessante la simmetria degli interpreti: ogni personaggio ha due interpreti, uno per la prosa ed uno per l’opera. Un particolare che sul momento ha destato in me qualche perplessità è il fatto che i numeri musicali non sono stai presentati per intero, alcuni addirittura erano degli excerpta, ma questo spettacolo non è né un’opera né un concerto, pertanto non giustifico i tagli ma li posso capire. L’unico taglio che non capisco, non giustifico e non approvo è quello del terzetto finale del Don Giovanni di Mozart (Don Giovanni, a cenar teco): tagliare questo numero musicale è un delitto bello e buono. Potrei essere meno avvelenato se il taglio fosse avvenuto in modo intelligente, come quello di Madamina, il catalogo è questo, perché nell’aria c’è una cesura netta (addirittura con un punto coronato), quindi interrompendola lì il danno è limitato al minimo, ma il terzetto è stato assassinato: si arriva alle parole “Ah, tempo più non v’è!”, taglio di tutta la parte in cui Don Giovanni viene trascinato all’Inferno e urlo di Don Giovanni, totalmente a caso con sotto un po’ di accordoni del pianoforte. L’effetto è stato atroce. Capisco che non abbiano avuto molto tempo per preparare la cosa e che non c’era neanche il coro (nella scena è previsto un coro infernale che stia nascosto), ma anziché tagliarla in questo modo barbaro sarebbe stato meglio eseguirla senza coro, anche perché un taglio del genere ha un po’ immiserito tutto il buono fatto precedentemente, perché comunque lo spettacolo è stato comunque interessante da vedere.
Gli attori sono stati generalmente convincenti: in particolar modo ho apprezzato le interpretazioni di Federico Librino (Mefistofele), Bianca Mazzei (Donna Anna) e Luca Tessieri (Faust), molto sentite e coinvolgenti. Anche l’apporto dei cantanti è stato notevole, in particolar modo quello di Giulia De Blasis: il giovane soprano ha dato un’ulteriore prova della propria bravura tecnica ed espressiva ed un ammirevole controllo della voce nelle regioni acute, in particolar modo nell’insidiosa aria Er ruft Mich dal Doktor Faust di Busoni. La De Blasis, con la sua voce cristallina, ricca di armonici, ha confermato di essere uno dei più promettenti soprani delle nuove generazioni e sono certo che possiamo aspettarci molto da lei in futuro.
Era presente anche il baritono Carlo Torriani, ormai una garanzia, che ha interpretato benissimo tre dei brani più celebri del Don Giovanni di Mozart in cui è presente il servo Leporello: l’aria del catalogo (Madamina, il catalogo è questo) il duetto di fronte alla statue del Commendatore (O statua gentilissima) e lo strepitoso terzetto Don Giovanni, a cenar teco“. Torriani ha cantato benissimo, non c’è nulla da dire su questo, il mio unico rammarico è che abbiano tagliato Madamina. il catalogo è questo dato che è un vero piacere sentirlo cantare con la sua voce calda piena. Molto buona anche l’interpretazione del basso Daniele Cusari. Anche Vladimir Reutov ha cantato bene, ma da lui mi sarei aspettato un Dalla sua pace decisamente di maggior livello, come avrei voluto che Sinan Yan fosse andato a tempo nella scena del Commendatore. Il tenore Roberto Cresca, invece, forse si è risentito del fatto che nell’articolo sul Don Giovanni di Gazzaniga abbia osservato che, in quanto a voce, non è affatto dotato e allora ha deciso di cantare Dai campi ai prati dal Mefistofele con sole due intensità: forte e ancora più forte. Un mio particolare ringraziamento va alla pianista che ha accompagnato i cantanti durante lo spettacolo, Anna Cognetta, perché ha tentato in tutti i modi di tenere assieme i cantanti nelle scene d’assieme e per non farli cantare ciascuno con il proprio tempo: questo problema è accorso probabilmente non a causa dell’imperizia dei cantanti (figuriamoci se Torriani ha problemi di tempo o ritmo!) ma per le poche prove a loro disposizione.
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