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De Filippo al Goldoni: tra il sogno e la realtà del “Non ti pago”

Luca de Filippo, prematuramente scomparso, che interpreta l’irriverente Quagliuolo.

“Una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto”: così definiva Eduardo de Filippo il suo “Non ti pago”, pièce teatrale in tre atti che il grande drammaturgo napoletano scrisse nel 1940. E in effetti è proprio su questa ambiguità che gioca l’intera commedia, messa in scena dalla vibrante regia di Luca de Filippo, figlio di Eduardo, morto prematuramente lo scorso 27 novembre, sul continuo incontro-scontro non solo tra sentimenti e sensazioni diverse, opposte anzi, ma anche tra personaggi molto diversi tra loro, quasi inermi e soli nel loro essere diversi: il tutto nonostante appartengano alla stessa condizione di classe; anzi, per dir di più, alla stessa famiglia! Questo è il paradosso e la fragilità, caratteristiche onnipresenti nel teatro eduardiano, che influenzano continuamente i personaggi di questa commedia; che ha al centro, come protagonista, un uomo, attorno a cui si sviluppano buffe vicende e strani misfatti e sul quale sono condensati in maniera forte, chiara, simbolica e ironica i tic e gli aspetti grotteschi, grossolani di un’umanità dolente, insicura e superstiziosa.

Questo uomo si chiama Ferdinando Quagliuolo, i cui panni sarebbero dovuti spettare allo stesso Luca de Filippo, ma che la sua inaspettata scomparsa ha costretto la sostituzione da parte di Gianfelice Imparato, che il teatro di Eduardo lo conosce bene (già faceva parte della compagnia) e che è perfettamente a suo agio nella parte del vendicativo Quagliuolo. Egli dunque, un piccolo-borghese della Napoli popolare della metà del secolo scorso, è gestore di un botteghino del lotto, preso in eredità dal padre. E’ un accanito giocatore perseguitato dalla sfortuna e da credenze popolari, nonchè da una superstiziosa rabbia. Rabbia dovuta alla sua “incapacità”

Gianfelice Imparato, nei panni di Ferdinando Quagliuolo.

di essere fortunato, di vincere. Magari ,inconsciamente, rabbia dovuta anche ad una spaventosa e amara chiusura mentale, in una realtà fatta di paura, angoscia e miseria (ciò si può contestualizzare nella Napoli povera, martoriata e inevitabilmente ignorante del secondo dopoguerra) : e l’unico antidoto per alleviare questo stato d’animo è quello di aggrapparsi all’illusione, o meglio, al sogno. Ed è proprio il tema del sogno uno dei punti cardine di cui si permea questa tragicomica commedia.

Infatti, da un altro lato, abbiamo Mario Bertolini, un impiegato di Quagliuolo nonchè suo futuro genero, che ha una dote, e una fortuna allo stesso tempo: riesce a interpretare i sogni, grazie ai quali colleziona vincite su vincite, al contrario del suo capo e futuro suocero. L’episodio però che fa andare su tutte le furie il povero Quagliuolo è singolare: un giorno al giovane Mario capita di vincere una quaterna che ha il valore di quattro milioni delle vecchie lire. Solo che questa fortunata quaterna gli è stata data in sogno proprio…dal defunto padre del suo datore di lavoro, Ferdinando! E’ su quest’ultimo, paradossale pretesto che “Don Ferdinando” si appoggia disperatamente per non dover pagare la cospicua vincita a Bertolini: egli infatti rivendica il diritto di incassare la somma per sé, sostenendo che lo spirito di suo padre avrebbe commesso un involontario scambio di persona recandosi per errore nella vecchia abitazione della famiglia Quagliuolo, dove ora risiede proprio il giovane Bertolini. Per vincere la sua causa Ferdinando, accecato da una feroce invidia ma fermamente convinto delle sue idee, si affida alla legge degli uomini, rivolgendosi ad un avvocato, e alla legge divina, impersonificata da un parroco: vuole la dimostrazione che le sue pretese sono giuridicamente ed eticamente fondate e legittime. Solo che, sia l’avvocato che il parroco, resisi conto dell’assurdità della sua richiesta, si rifiutano di accontentarlo, tentando invano di convincerlo che non è possibile che le sua tesi “onirica” venga soddisfatta. Non riuscendo quindi nel suo intento di calare il sogno nella realtà, di far combaciare segni divini con un senso di giustizia terrena, il vendicativo Ferdinando Quagliuolo si affida ad un ultimo disperato tentativo: vuole minacciare Bertolini con una pistola che ha fatto però scaricare dal suo aiutante, Aglietiello, il quale non si rende complice del disegno del suo padrino, ma informa il giovane Mario che sta per essere minacciato da una pistola scarica. E’ questo un modo per incastrarlo in presenza di testimoni; ma accade che, quando Ferdinando gli punta la pistola, inaspettatamente parte un colpo, anche se a vuoto, tra lo stupore dei presenti e lo spavento mortale del giovane, che per poco non è stato ucciso. Ma non poteva non essere sotto shock anche Ferdinando, che ha rischiato l’ergastolo! La sua reazione? : si rivolge al ritratto di suo padre, lì presente, invocando verso Mario ogni sorta di maledizioni, incidenti e disgrazie, finchè non si decida a restituirgli la somma. Queste puntualmente e beffardamente colpiscono il povero giovane, il quale, che nel frattempo come se non bastasse  è stato anche licenziato dal perfido Quagliuolo, si deve arrendere e restituisce i quattro milioni. Ferdinando Quagliuolo ha vinto! Ma una piccola soddisfazione ce l’ha anche la giovane vittima: a Mario Bertolini, infatti, vengono revocate le maledizioni e viene concessa la mano dell’amata figlia di Ferdinando.

Un finale dunque tutto sommato a lieto fine, per una commedia capace sì di suscitare risate per la sua vivacità, vitalità e giocosità, ma velata anche di un senso sottile di melanconia, se non addirittura di inquietudine, per le vicende paradossali, grottesche e surreali che si aggrovigliano nello spettacolo. Un nascosto ma presente significato tragico che assume la commedia è dovuto dall’impossibilità di trovare una ragionevole e sicura risoluzione ai problemi, di far abbracciare il sogno e la realtà: con la conseguenza che l’unica alternativa è la necessità di aggrapparsi alla speranza e al segno (sogno) divino, magari per una vincita al lotto, provando così a mutare una incerta situazione esistenziale.

Tutto ciò è stato possibile assaporare grazie anche ad una compagnia affiatata, che ha saputo coordinare e armonizzare i tempi e i movimenti in scena, mettendo in risalto, oltre a un ritmo incalzante, una mimica e una gestualità vivace e buffonesca: elementi questi così significativi nel teatro napoletano di Eduardo de Filippo; così ben afferrati dal compianto suo figlio, Luca.

Personaggi ed interpreti: Ferdinando Quagliuolo (Gianfelice Imparato)Concetta, sua moglie (Carolina Rosi); Stella, loro figlia (Carmen Annibale); Aglietiello, aiutante in casa Quagliuolo (Nicola di Pinto); Margherita, cameriera (Viola Forestiero); Mario Bertolini ( Massimo de Matteo); Don Raffaele Console (Gianni Cannavacciuolo); Lorenzo Strummillo avvocato (Giovanni Allocca); Carmela, popolana (Paola Fulciniti).

 

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