Venerdì e sabato si sono svolte due manifestazioni apartitiche e senza bandiere, quasi fotocopia, a sostegno del movimento Black Lives Matter (BLM) e delle proteste del popolo nero negli USA.
Alla Terrazza Mascagni, venerdì, centinaia in ginocchio, in silenzio, per 8 minuti col pugno destro chiuso, simbolo del “Black Power” di Malcolm X e Martin Luther King.
Stesso copione sabato, davanti ai 4 Mori, con qualche goccia d’acqua in più. 8 minuti e 46 secondi, per la precisione, è il tempo che ci ha messo George Floyd per morire, a Minneapolis, soffocato dal ginocchio di un poliziotto indifferente alla richiesta di aiuto, ai rantoli, alla morte dell’afroamericano.
E questo interminabile tempo, trascorso in silenzio in ginocchia, è il simbolo che BLM ha scelto per protestare, negli USA, come in Italia e a Livorno, alla Terrazza Mascagni e davanti ai 4 Mori.
A vedere bene, qualche differenza tra le due manifestazioni c’è stata. Quella di venerdì è stata organizzata da un gruppo di 16 ragazzi che frequentano il liceo Cecioni, con l’appoggio di giovani di Fridays For Future e di Libera. Prima e dopo i fatidici 8 minuti, i ragazzi hanno raccolto alcune testimonianze di discriminazione, di disagio di immigrati e figli di immigrati. Sono intervenuti anche Lamberto Giannini ed il sindaco Luca Salvetti.
Impensabile un copione simile nella manifestazione di sabato, organizzata da Deborah Odom e appoggiata dai ragazzi della Ex Caserma Occupata, da Cesvi, Cesvot ed altre sigle associative, età media un po’ più alta, così come la consapevolezza politica. Una piazza questa, più marcatamente schierata dove un intervento del sindaco non sarebbe stato accolto positivamente.
Dopo gli 8 minuti e le testimonianze, il presidio di sabato si è trasformato in un corteo. Al ritmo di “Jamming” e “I shot the sheriff”, bianchi e neri uniti, cantando l’uguaglianza e la lotta a razzismo e discriminazioni, sono sfilati per le vie del centro, ridotti in numero dalla pioggia forte.
In realtà, il tema dell’uguaglianza è stato dibattuto, in entrambe le manifestazioni. Più che uguaglianza, riconoscimento e rispetto delle diversità. “Noi siamo un popolo abituato a protestare in modo artistico” dice Deborah, e con quel noi sottintende il “popolo nero”. Deborah è nata a Livorno, ha 25 anni ed è figlia di un militare USA e di una donna somala. L’abbiamo intervistata a margine del corteo. “Io faccio parte del popolo nero, ma sono anche somala, americana, italiana, livornese. La società ti impone di far parte di un gruppo etnico, ma non è la realtà”.
Per Deborah, “è giunto il momento di scendere in prima linea, in quanto neri, per rivendicare i nostri diritti”. “Non vogliamo più essere oggetto e strumento di iniziative organizzate da altri, chiamati a testimoniare ma mai veramente considerati” continua Deborah.
“Volevamo andare alla manifestazione di Pisa, ma anche a causa del Covid i nostri genitori non ce l’hanno permesso, quindi abbiamo deciso di organizzarne una noi, a Livorno”
Bianca non si interessa di politica, è stata la sua prima esperienza di cittadinanza attiva.
“Ci piacerebbe continuare la protesta, ma non abbiamo intenzione di tradurla in una proposta di tipo politico”. Per Bianca “il razzismo e la discriminazione non sono associabili alla politica”.
In realtà, uno degli interventi più toccanti di venerdì è stato letto da una bambina di 8 anni, figlia di immigrati africani, che ha chiesto di poter avere la cittadinanza, di potersi sentire integrata a tutti gli effetti nel contesto in cui vive.
A prescindere dalla voglia di schierarsi con Floyd e contro il razzismo, ciò che sfugge, per entrambe le manifestazioni, è il senso pratico, il collegamento con la politica nostrana. Ciò che si percepiva era un sapore etnico, balli e canti a celebrare un popolo oppresso da centinaia di anni. Ma geograficamente e politicamente lontano dal nostro paese.
L’Italia non ha un problema di polizia razzista e le nostre questioni interne, le uniche su cui è possibile incidere come cittadini, sono piuttosto legate al tema dell’immigrazione. Due su tutte: Ius
Il collegamento fra BLM, morti in Italia per abuso di potere e diritti di migranti e minoranze è troppo ampio e complesso per generare una conseguente precisa proposta politica. E per quanto riguarda Bianca ed i ragazzi di venerdì, non c’è neanche la volontà di tradurre la protesta in proposta. Ad ogni modo, vedere tante persone, giovani, vecchie, bianche e nere che rivendicano il far parte di un’unica, razza umana, fa sempre bene al cuore ed allo spirito.
E’ triste però vedere come due manifestazioni, così eterogenee nei partecipanti, ma identiche nei contenuti ed entrambe pacifiche, non siano riuscite a fondersi in un unico, grande, corteo. I tentativi ci sono stati, ma gli ostacoli, di tipo principalmente personale, si sono rivelati insormontabili.
“Noi non abbiamo problemi con gli organizzatori dell’altra manifestazione, siamo uniti sotto la stessa bandiera ed abbiamo invitato i nostri manifestanti ad andare anche all’altro corteo” dice Bianca, aggiungendo però che “loro non sono stati molto carini nei nostri confronti, a partire dal video pubblicato sui social da Deborah”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Deborah Odom “io ho pubblicato l’evento sabato scorso, in una settimana nessuno ha avuto voglia di chiamarmi, aspettando una mia chiamata… Non mi interessa fare polemica con gli altri” ma neanche politica. “Noi rappresentiamo e portiamo in piazza le persone che sono realmente colpite dalla discriminazione, portiamo avanti i diritti dei neri e siamo apertissimi a chiunque voglia unirsi a noi”.