L’idea del Partito-Forte è fin dai tempi della Prima Repubblica uno dei cavalli di battaglia di una parte della sinistra italiana.
L’importanza del“ Partito”, essere impersonale per qualche strana legge della politica in possesso di una propria volontà, è legata
indissolubilmente alla tradizione storica del Partito Comunista Italiano, primo soggetto politico di sinistra in tutta la Prima Repubblica e rigidamente strutturato al suo interno secondo vere e proprie Liturgie; quest’assetto era originariamente funzionale a rappresentare gli interessi del gruppo sociale del “Proletariato”, compatto nell’appoggiare il Comunismo per tutelarsi dalle varie formazioni politiche di centro-destra borghesi.
A seguito del Crollo del Muro di Berlino molti a sinistra iniziarono a proporre una nuova concezione di partito, più aperta al voto tradizionalmente estraneo al fu PCI: Prodi e Veltroni tentarono, senza successo, di rendere l’area progressista aperta anche ai moderati e ai cattolici, cogliendo forse per primi le importanti trasformazioni sociali in atto tra gli anni novanta e gli anni zero del Duemila.
Ironia della sorte, entrambi perirono a causa di tradimenti orchestrati proprio dai loro “Compagni”, legati a quest’area politica della sinistra chiamata, sempre più con connotazioni dispregiative, con il nome di Apparato.
(Massimo D’Alema, principale artefice dei “Tradimenti”, e accanto Romano Prodi e Walter Veltroni)
Le ragioni per cui questa componente ha posto, e pone tutt’ora, questo gran rifiuto sono costruite attorno a due punti fondamentali: l’eredità del PCI e la repulsione verso il personalismo della politica.
Tutto ciò ha prodotto in questi vent’anni l’unico risultato di favorire l’ascesa di Silvio Berlusconi.
La volontà di mantenere strutture politiche legate a classi sociali fortemente identitarie si è scontrata totalmente con una società contraddistinta da un fenomeno di crescente “Polverizzazione”, in cui le differenze socio-culturali, al contrario di quelle economiche, si sono ridotte creando un unico corpo indistinto di “Piccoli Borghesi”, animati dalle loro passioni e del tutto disinteressati a promuovere modelli di vita differenti dal Capitalismo come poteva accadere nel Novecento.
Peraltro, ad accentuare questa polverizzazione del voto storico, lo stesso bacino elettorale progressista oggi è mutato.
Se in passato gli strati della popolazione più esposti alle ristrettezze economiche erano soliti appoggiare partiti di sinistra, il voto popolare in questi vent’anni si è convertito alla Destra berlusconiana e alla Lega Nord mentre proprio la classe media “ex borghese”, spesso laureata, istruita e pure benestante, è diventata l’ossatura dello schieramento progressista.
Come può quindi la sinistra oggi definirsi ancora “Proletaria” quando siamo tutti, per usi e costumi, dei piccoli borghesi? E come può la sinistra difendere gli interessi degli operai se il suo elettorato è composto da altri soggetti? Perché non si ammette sinceramente come i tempi siano cambiati e le esigenze di Giustizia Sociale siano per lo più difese da altri soggetti, un tempo estranei alla sinistra comunista?
L’Apparato ha poi sempre avversato fieramente ogni ipotesi di apertura temendo una degenerazione “personalistica” della politica, simile a quanto avvenuto nella Seconda Repubblica nello schieramento di centro-destra e considerata un’anomalia italiana legata alla figura del grande nemico Silvio Berlusconi.
E’ davvero così?
Silvio Berlusconi, senza dubbio, rappresenta una disfunzione del sistema politico italiano ma solo nella misura in cui è data la possibilità ad un’influente imprenditore di cumulare il proprio personale potere con quello pubblico, la ”personalizzazione della politica” è in realtà un fenomeno da sempre presente nelle democrazie anglo-sassoni e, da poco, anche in altre.
In realtà con la fine delle ideologie, in grado di legare concretamente l’identità delle classi sociali, ciò che rimane sono solo le idee e le persone e, in una società sempre più borghese, non potrebbe essere diversamente vista l’impossibilità di elaborare categorie concettuali ben definite come in passato.
Entrambi questi temi celano una tendenza di fondo portata avanti dall’ Apparato : la volontà di inquadrare tutta la realtà in specifiche categorie, ritenendo la libera espressione della società civile un ostacolo al rapporto Stato(Partito)- Cittadino; tutti dobbiamo essere comunisti o fascisti, borghesi o proletari, democristiani o socialisti, il grigio non può e non deve esistere.
(Francesco Guccini, noto bandiera della Sinistra, cantava “Voi critici, voi personaggi austeri, militanti severi, chiedo scusa a vossìa, però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia” )
La sinistra attuale è molto più legata alla Società Civile e si propone al contrario di garantire a tutti i cittadini il diritto, o quantomeno la possibilità, di formare in piena libertà la propria cultura, di forgiare la propria individualità e di apprezzare la realtà in tutte le sue variegate forme senza per questo dimenticarsi della Giustizia Sociale .
Il lavoro da fare è enorme, la sinistra oggi non è perfetta e molti punti sono da correggere ma se l’Apparato riuscirà nuovamente ad imporsi ci saranno solo altri anni di sconfitte e di governi di destra e questo, per chi crede nella solidarietà come principio fondante della Comunità prima ancora che dello Stato, è una prospettiva da evitare a tutti i costi.
(E’ davvero di sinistra imporre a tutti l’uguaglianza? O la Giustizia Sociale è altro?)
Giulio Profeta
giulio.profeta@uninfonews.it