Se dovessi descrivere me stessa lo farei danzando.
Spero di non scadere nel banale ma vorrei approfittare di Uni Info News per raccontare al mondo cosa la danza contemporanea significa per me e cosa potrebbe significare per molti di voi se solo venisse messa più in evidenza, se solo gli spettacoli venissero finanziati, se solo in Italia (ma soprattutto a Livorno) ci si aprisse ad un’arte che nel resto del mondo è ormai ben conosciuta ed apprezzata.
Se c’è un motivo per cui, tre anni fa, ho lasciato la danza classica è che non permette di dare ascolto al proprio corpo.
La danza contemporanea nasce da un’esigenza (la stessa che ho avuto io) di rottura degli schemi.
Attenzione: la danza contemporanea ha determinate tecniche, che nessuno si permetta di continuare a dire “Faccio danza contemporanea” solo perché esegue coreografie a casaccio senza conoscere neanche i nomi di Merce Cunningham, Trisha Brown, Matha Graham, Josè Limòn o il musicista John Cage (collaboratore di Cunningham e creatore degli “happenings”, cioè le prime performance di danza contemporanea nelle quali venivano introdotte altre forme di arte). La cosa che accomuna tutte queste tecniche è che sono linee guida per un danzatore, linee guida che contengono verità del corpo e che, quindi, non ci portano a fare cose contro natura (basta solo che vengano fatte in modo corretto).
Ma non voglio annoiarvi spiegandovi quante e quali tecniche esistono.
Nella danza contemporanea un lavoro fondamentale è l’improvvisazione (ecco perché parlavo di ascolto del corpo).
Una volta acquisita una buona tecnica il danzatore dovrebbe liberarsi dalle preoccupazioni di fare bene questo o quello e semplicemente ascoltare il proprio corpo. Sembra una cosa facile, vero? Eppure è la cosa più difficile della danza contemporanea.
Non sono certo lo slide o il back stretches a crearci ansie, ma l’ascoltarci.
Da quando sono piccola sono sempre stata troppo riflessiva, ho sempre rimuginato sulle cose fino a farle diventare fissazioni e perdendo completamente la bussola e la capacità di capire cosa fare.
Ecco, se vogliamo fare un paragone politico direi che io sono proprio tutto il contrario di Renzi; per me il fare è il risultato di un attentissimo studio di questo o quello. Per questo duro ancora molta fatica a liberarmi dai pensieri quando entro nella sala di danza. Eppure questa per me è una cura (altrimenti non la farei da 15 anni).
Il nostro corpo si muove grazie al sistema nervoso e questo, a sua volta, funziona perfettamente anche senza alcun pensiero razionale che ci stia dietro.
L’errore più frequente, soprattutto nelle danzatrici che hanno una giovane età come me (nella danza contemporanea l’età, il fisico, e tutti quelli che nella danza classica sono ostacoli e difetti possono essere trasformati in pregi, perché è il nostro corpo che decide come renderci armoniose e non le regole.; anzi nella danza contemporanea l’età avanzata aiuta perché ci fa raggiungere una maturità mentale tale da permetterci la maturità anche del corpo), è quello di pensare appena prima di iniziare un esercizio o una coreografia e eseguirli pensando.
“Allora adesso c’è la spirale poi il ronde de jambe, il cambré poi il fuori peso…” . Questo è quanto di più nocivo possa esistere per una ballerina contemporanea.
Purtroppo la nostra vita, le nostre turbe, le nostre preoccupazioni influenzano il nostro modo di muoverci e impediscono a quello che siamo veramente di uscire fuori.
Smettere di pensare ed ascoltare il corpo e le articolazioni (piuttosto che irrigidire i muscoli) fa uscire qualcosa di più profondo di quella che è la nostra persona nella vita quotidiana, fa uscire qualcosa che sta nelle viscere del nostro Io, qualcosa a cui il nostro pensiero non può arrivare e che è sicuramente più interessante di una coreografia ballata come una sequenza di passi o come una preoccupazione della tecnica.
E’ difficile spiegarvi cosa voglio dire perché, nonostante tutto quello che abbia detto, io sono contrarissima sia al teatro-danza che alla danza terapia e sapete perché?
Perché la danza è sì corpo e mente, ma corpo e mente che coincidono qui e ora.
Sono dell’idea che il corposia di per sé sia la “terapia”, come il pensiero diventa razionale ci blocca le articolazioni, ci fa venire paura, ci mette l’ansia da prestazione.
E per quanto riguarda il teatro-danza penso che la danza sia un arte nella quale è il corpo a doversi manifestare, non certo noi che dobbiamo metterci a recitare. Quello è un altro tipo di lavoro, non è danza.
Ecco perché sceglierei di descrivermi danzando: perché racconterei una me che neanche io conosco ma che è sicuramente più interessante di come mi vedete, e mi vedo, nella vita quotidiana.
Come quando molti mi chiedono: “E di cosa parlava lo spettacolo di danza?”, che è come chiedere: “E di cosa parla quel quadro di Burri?”. Perché dobbiamo sempre cercare di spiegare a parole arti che nascono proprio per trasmettere sensazioni e pensieri che non possono essere detti?
Se dovessi descrivere me stessa lo farei danzando.