Un articolo interamente scritto ascoltando “Linea Gotica” dei CSI, in loop.
Giovanni Lindo Ferretti nasce a Cerreto Alpi, nel 1953. È il fondatore nonché frontman dei CCCP durante gli anni ‘80, dei CSI dopo la caduta del muro, dei PGR fino agli anni ‘10.
Questa è la risposta breve. Ferretti è molto dipiù.
Idolo punk italiano, filosovietico, conservatore, fervente cattolico. Giovanni Lindo Ferretti non è niente di tutto ciò. O forse è più corretto dire che è tutto questo, in una forma che trascende la mera somma delle parti.
Lindo inizia presto a scrivere e suonare, a inventare. Inventa quello che fino a quel momento non esisteva, un genere nuovo: il punto d’incontro fra la musica melodica emiliana e il punk filosovietico. In una band, i CCCP- Fedeli Alla Linea, che ha segnato un’epoca, influenzato qualche centinaio di gruppi e gruppetti indie italiani e scaldato i cuori di tutti. O quasi.
Nascono agli inizi degli anni ’80 da qualche parte a Berlino, e il successo non tarda ad arrivare.
Raccontare cosa siano stati penso sia davvero difficile, forse impossibile per me che non li ho neanche sfiorati. I CCCP sono stati un’icona, un simbolo. Un’idea, un’ideologia personificata.
Sono stati mio padre adolescente che compra di nascosto dai suoi le cassette da ascoltare in gita con lo Walkman. Sono stati festival punk, musica ribelle, birre calde, comunismo vero, ortodossia, confusione giovanile. Per me rappresentano solo uno strano senso di nostalgia, di posti mai visti e persone mai incontrate.
Il vertice più alto dei CCCP è stato toccato a Mosca, nell’anno del signore 1989.
In un paese in piena perestroika, in un’unione in stato profondo di disgregazione viene organizzato un tour, assieme ai Litfiba, che toccherà le città di Leningrado e appunto, Mosca.
Durante il concerto moscovita il gruppo esegue “A ja ljublju SSSR”, canzone-tributo all’inno sovietico. Ferretti descriverà poi quel momento così:
“ E così, nel bel mezzo di uno spettacolo di una forza e di una potenza inverosimili, abbiamo attaccato A Ja Ljublju SSSR: tutti i militari si sono alzati in piedi e si sono messi sull’attenti. […] Era l’apoteosi della storia dei CCCP. Usciti di lì, i CCCP non avrebbero potuto dare più nulla.”
Si sciolgono i CCCP e nascono i CSI. Il naming è sempre stato il loro forte.
I CSI sono stati forse il momento musicalmente più alto per Giovanni. Ascoltando tutta la loro produzione si ha l’impressione di un prodotto davvero completo, realizzato. Se i CCCP erano stati un adolescente ribelle, i CSI sono i bravi universitari che hanno iniziato a studiare dopo la quinta.
Parlare di Lindo o dei gruppi in cui ha suonato è la stessa cosa: tutti si sono mossi secondo il suo battito, a prescindere dal fatto che tutti fossero pieni di elementi di talento nelle loro varie formazioni, come Zamboni o Canali.
«Quello che Giovanni ha detto io lo so da venti anni, siete voi che vi fate distrarre dal buco nero dei suoi occhi…».
Giorgio Canali si riferisce a lui così, mostrando davvero ben poca sorpresa di fronte alle parole di Ferretti riguardo a quello che riguarda la sua dimensione religiosa. Quest’ultimo, infatti si definisce cattolico dalla fine degli anni Ottanta, mentre i CCCP erano ancora in attività, i CSI in divenire, Materiale Resistente doveva ancora essere pensato.
Ferretti è come se incarnasse due anime dentro di sé in quel momento, il diavolo e l’acqua santa.
Ma adesso non è solo cattolico Lindo, neanche solo religioso. È come si definisce cattolico, stronzo e reazionario, fedele alla linea dettata dal papa Benedetto XVI.
L’idolo punk di un’intera generazione di giovani comunisti degli anni Ottanta, mio padre in primis, che per sua stessa ammissione ad oggi va in chiesa ogni giorno, è assolutamente contrario all’aborto e all’immigrazione clandestina. Come un Adinolfi o un Pillon qualsiasi. Rilascia interviste al “Giornale”, esterna dichiarazioni del tipo “La Meloni è uno dei pochi politici che apprezzo” o “l’aborto è un crimine incredibile che si commette con una leggerezza credibilissima”.
Ferretti parla della sua conversione, del suo cambio radicale di schieramento come una cosa del tutto graduale, che ha viaggiato di pari passo alla sua maturità. Parte da lontano, racconta la sua infanzia estremamente cattolica, conservatrice. Poi l’adolescenza, la gioventù, Berlino, i concerti, la voglia di trovare certezze nuove, pensieri rassicuranti.
Il ritorno a “casa”.
Infatti, scrive anche un libro e lo intitola “Reduce”. Torna a casa anche fisicamente: va ad abitare nella casa della sua famiglia, si dedica all’allevamento di cavalli. In mezzo due gravi malattie che per poco non lo uccidono.
Nelle interviste la cosa, il dettaglio che più colpisce è la sua risata: ride continuamente, ride in ogni intermezzo, ride di sorpresa, la sorpresa che è consapevole di suscitare in ognuno nell’essere così fuori dagli schemi, dal pensiero comune.
Nella sua incoerenza, per quanto io ripudi le sue idee attuali e le possa combattere e rifiutare, è questa forse la sua più grande ostinazione: l’infedeltà alla linea.
Io non potrei mai vederlo dal vivo, non potrei mai ascoltarlo senza avere una netta sensazione di rifiuto ed odio per quella persona. E credo sia proprio questo quello che mi logora: la rabbia per aver perso qualcuno, qualcuno in cui mi ritrovo, in cui in un certo senso credo. Ma a differenza di altri, che è stata la morte a portar via, lui se n’è andato da solo. Ha deciso che lo spazio a sinistra non era più la sua tazzina di tè ed è andato via. Ha lasciato un vuoto.
“Non fare di me un idolo mi brucerò, se divento un megafono m’incepperò”.