3 Dicembre 2024

Che cos’è l’arte?
L’arte è quella attività tipicamente umana volta a creare opere a cui si riconosce universalmente un certo valore estetico.
Un concetto ampio, sicuramente, ed aperto a mille sfumature.
Giampaolo Bertozzi e Stefano Dal Monte Casoni hanno saputo reinterpretarlo in maniera innovativa con le loro realizzazioni in ceramica.
Se questo materiale ci è sempre sembrato “basso” e legato più all’artigianato che non all’arte, ci siamo definitivamente sbagliati.
Proprio perché la ceramica è un materiale così comune che si nota la maestria del duo artistico.
In questo sta la loro rivoluzione ideologica: nel mostrarci, attraverso le loro opere, come la ceramica possa ancor oggi essere innalzata a materia artistica, con una dignità non inferiore a materiali più pregiati, quali il marmo.
“La materia più idonea per una scultura dipinta […] una costante di tutte le etnie della terra attraverso i secoli” è proprio questa, come loro stessi hanno dichiarato in una passata mostra presso Palermo.

La mostra, tenutasi presso il Palazzo Ducale di Massa dai giorni 8 Ottobre al 6 Novembre, ha espresso in modo esemplare filosofia di fondo dei due.
Il mondo è fatto di attimi caduchi, di momenti effimeri, di una bellezza sciatta e trasandata. A questo mirano le numerose tavole apparecchiate che si potevano ammirare negli splendidi saloni del Palazzo. La “Sparecchiatura di Maggio” prevede resti di cibo e sporcizia tesi ad indagare i rifiuti della società contemporanea. In un quadro visivo che fonda sui resti di un pranzo un’idea nuova di bellezza, di improvvisa scoperta di armonia nell’accatastarsi di piatti, tazzine e rimasugli di cibo, si svela un modo peribile e in disfacimento.


Questa idea di rinascita della bellezza da quelli che potrebbero essere considerati scarti urbani è evidente in “Disgrazia con Tulipani Rossi” dove la spazzatura funge da sostegno e sostentamento per gli splendidi tulipani che si ergono in tutta la loro (effimera) bellezza. I tulipani sono popolati di farfalle e insetti, in un brulicare di vita reso ancora più esasperato dalla visione di rimasugli dell’esistenza umana, che ci ricorda quel “memento mori” che sentiamo riecheggiare nel nostro io ogni qual volta ci troviamo di fronte al sublime spettacolo della natura.

Opere quali  “23 Dicembre” e “Auguri” sembrano stonare nei saloni di rappresentanza del Palazzo Ducale. Sulla sommità di una torta di compleanno sono posizionati due scheletri: uno umano e l’altro animale (lo scheletro di una testa di bue). La visione è quella dissacrante di una festa di compleanno, vista non più come celebrazione di un anno di vita, ma come avvicinamento alla propria, inevitabile, fine.
Si nota, ad ogni modo, un valore positivo in questi resti: tutti questi avanzi sono simbolo di un presente in disfacimento, ma sono anche memorie di un passato opulento e sfarzoso.


Al centro della stanza, maestosa e stupefacente, forse una delle opere più famose del duo artistico: “Brillo Box con pappagalli”.
Appare qui chiaro l’atteggiamento derisorio degli artisti nei confronti della tradizione, una duplice rottura. Lo stesso Andy Wahrol (autore di “Brillo boxes”), che già si diceva “altro” dal filone artistico canonico, qua è svilito ulteriormente: la sua opera, diventata a sua volta canone, viene destinata a ricovero per uccelli ed escrementi.
Sono scatole ormai rotte, disfatte da una pioggia invisibile, che ne ha aperto i cartoni fino a mostrarne la composizione (e decomposizione) interna.


In una vera e propria epica del trash, alla fine, cosa resta, tra il surrealismo delle composizioni ed il realismo formale delle ultime opere esposte?
Indubbiamente un senso di ammirazione per la sapiente uso dei materiali, le allusioni ad una tradizione mai così vicina (nature morte e precarietà della vita) ed una visione quantomai moderna della bellezza, che, con ironia, si riscontra anche nelle manifestazioni più sconcie dell’esistenza.

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