Uni Info News oggi intervista Carolina Beppi, nata a Stagno, una frazione di Collesalvetti, in provincia di Livorno, qui vive ininterrottamente, con una parentesi di un anno in cui si trasferisce a Londra per poi fare ritorno a casa. Oggi studia presso l’Università di Firenze, Facoltà di Psicologia, senza smettere di coltivare quella che fin da piccola è stata la sua passione: l’arte.
E’ stata intervista da alcuni siti online, inoltre è risultata vincitrice del concorso che abbiamo indetto ad Aprile, risultando la prima artista assoluta.
1-Hai dipinto e disegnato fin da tenera età. Ricordi che cosa provavi? Molti utilizzano la pittura, ma anche le altre arti, come una specie di rifugio dal mondo, anche per te era così? Perché?
Durante l’infanzia la mia creatività non era rivolta solo alla pittura. Mi piaceva realizzare di tutto; modellini, plastici espositivi, oggetti più disparati, attraverso l’uso di cartone, DAS, colla vinilica e i più svariati materiali casalinghi, per poi spesso dipingere il tutto. Dare oggi un perché a ciò che facevo, non è così semplice. Tuttavia, posso dire che ho sempre sentito il bisogno di ritagliarmi del tempo in solitudine per far “vivere” ciò che sentivo, i miei stati d’animo, le mie paure, le mie idee, le mie invenzioni. Provavo piacere nel concretizzare ciò che “viveva” dentro di me. La creazione era “un’amicizia incondizionata”. Ero sola, ma non mi sentivo sola, senza un perché.
2-Inizialmente sei partita autodidatta. Oggi frequenti una scuola di pittura. Credi di dipingere più consapevolmente? La scuola ti ha aiutato ad ampliare i tuoi orizzonti o invece ti ha ingabbiata in schemi e regole rigide?
Credo che un corso formativo di pittura non possa che offrire una preparazione e delle basi tecniche, anche se alle volte in modo faticoso, sulle quali in seguito si può sviluppare il proprio genere espressivo. Quando ho iniziato questo percorso infatti, ho pensato che avrebbe potuto portarmi ad esporre in maniera tecnicamente più avanzata e raffinata le mie idee, potenziandone il messaggio.
3-Mentre si cresce si matura, gli eventi si scontrano con il nostro essere, credi che il tuo stile stia mutando? Quale tecnica pittorica ti rispecchia di più? Credi che il modo di dipingere sia uno dei modi di come ci si approcci alla realtà?
L’istruzione liceale mi ha fatto crescere molto, sia sul piano personale, che culturale. Il Liceo mi ha permesso di sviluppare una forte passione per la filosofia, e di esplorare così anche il lato concettuale e comunicativo dell’arte. Il genere che ho sempre sentito più vicino è quello dell’espressionismo giacché trovo totalizzante l’espressione che propone della realtà. Essa è plasmata attraverso i propri sentimenti; tutto si deforma, superando i filtri logici-razionali della mente, ma attraversando direttamente i propri filtri emotivi, facendo così emergere con irruenza i caratteri più profondi, alle volte “oscuri” della propria interiorità. Tuttavia, credo che ciò che caratterizzi maggiormente la mia espressione sia la sua accezione concettuale e astratta. L’espressione non si ferma a una mera rappresentazione dei propri sentimenti. L’amore per la filosofia mi permette di esplorare, nel mio percorso di crescita personale, diverse concezioni della realtà, sviluppando a mano a mano, nuovi approcci alla
vita. Ecco come ogni opera cerca di fondere in sé, l’irrazionalità dell’espressione di uno stato emozionale interiore, e la razionalità della comunicazione di un concetto astratto, dove spaziano la denuncia sociale e messaggi sulla vita.
4-A quale artista, se tornasse invita, chiederesti di dipingere insieme? E a quale ti senti più vicina come stile pittorico?
Decisamente, Egon Schiele. E’ un pittore austriaco del primo ‘900. E’ stato allievo del celebre artista Gustav Klimt e uno dei maggiori esponenti dell’espressionismo viennese. Non ho fatto questa scelta solo in virtù di un accostamento stilistico, ma per la forza e l’intensità di ciò che mi comunicano le sue opere. Le sue opere, infatti, sono note per l’intensità espressiva, connessa ai propri disagi interiori e l’introspezione psicologica. Inoltre mi sento vicina a lui giacché siamo accomunati dalla ricorrenza dell’individuo sulla tela. Schiele ha realizzato quasi esclusivamente figure umane; ritratti, autoritratti, e in generale, corpi nudi sia maschili, che femminili, quasi sempre dai tratti contorti e/o non completati interamente.
5-Cos’è l’ispirazione? Un dono o un esercizio?
E’ una domanda molto complessa. Credo che l’esercizio possa servire ad affinare la tecnica, a definire il proprio genere pittorico, a potenziare l’intensità delle proprie espressioni artistiche. Tuttavia, sono dell’idea che la formula per l’ispirazione si distanzi da ciò. L’ispirazione si potrebbe definire una sorta di “vibrazione interiore”. Alle volte, arriva in modo diretto perché arde dentro di sé; alle volte, è una perturbazione che aleggia e penetra a tratti, dentro i propri sentimenti. L’ispirazione avviene perché ho dentro me un sentimento “vivo” rispetto a qualcosa, che mi porta a scegliere questo stesso “qualcosa”. Il messaggio in sé, è l’elemento concettuale dell’opera; mentre i tratti, le linee e lo stile che lo esplicano sono il sentimento, la vibrazione connessa a ciò che si sente.
6-La tua forza creatrice vuole portare un messaggio che ritieni importante in sé o è l’espressione del tuo io, di qualcosa di più intimo? Sulle tele, quando le osserviamo, chi o cosa vediamo? Quali sono le tematiche che porti sulla tela?
Nella tela c’è tutto. Il mio lato intimo ed emotivo, connesso agli aspetti della realtà che mi procurano intense emozioni, dall’inquietudine e l’angoscia al sublime e al panismo, ma anche il mio lato razionale e scientifico, connesso all’elaborazione personale d’idee e visioni rispetto alla realtà delle cose, dalle denunce sociali a delle sorti di “aforismi pittorici” sulla vita.
7-L’opera che ti rappresenta maggiormente? Perché? Qual è lo spirito che vi hai infuso?
Ad esserne sincera non credo ce ne sia più una. A mano a mano che realizzo le opere, sento come ognuna di essa racchiuda dei piccoli granelli di me, nelle mie diverse sfaccettature, nei susseguirsi dei miei sentimenti e dei miei pensieri parallelamente alle mie esperienze, nel mio percorso nella sua complessità. Sono tutte connesse in qualche modo; l’una presuppone l’altra, come ogni organo di un complesso organismo.
8-Un artista vive di sentimenti: amore, odio, rancore, violenza, etc. Chi li estremizza e chi li allontana, per cercare una pittura più ascetica. I sentimenti che vivi vengono utilizzati nelle tue opere o cerchi uno stato di quiete interiore prima di iniziare a dipingere?
Le opere sono “vive”, giacché esprimono l’intensità di un sentimento rispetto a una realtà o a un concetto. Un sentimento è “vivo” e “pieno”, sia se connesso alla sua espressione più carnale, sia se connesso a un’essenza ascetica. In ogni “abbandono”, astratto o carnale, c’è del vivo. Due esempi pratici che potrei proporre sono “Moment in the flow (Momento nel flusso)” e “Fusione panica”. La prima esemplifica essenzialmente il concetto dell’importanza e il piacere del momento; mentre la seconda, rappresenta il concetto di fusione panica con la natura, come un abbandono ascetico, tra l’innalzamento spirituale e il rifiuto corporeo.
9-Cosa pensi di te come artista?
Non mi ritengo un’artista, giacché non penso di avere quella formazione e quell’esperienza da definirmi tale. Mi vedo essenzialmente come una persona che “sente”, e che vuole esprimere e comunicare. La comunicazione intensa è ciò che, spero, giunga e “smuova” le corde della sensibilità delle persone. Alla fine penso che ci si nutra essenzialmente di comunicazione, prima che di acqua e cibo. Siamo vivi perché non siamo capaci di sentirci soli. E questo prima di essere un limite, è una salvezza oltre che una virtù di cui sono felice. E l’arte, è uno dei segreti che conserva, all’interno del suo guscio di “espressione del bello”, l’intensità di questo valore.
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Matteo Taccola
matteo.taccola@uninfonews.it
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