A pochi mesi dalla scomparsa di Luis Sepúlveda, il mondo della letteratura ricade nuovamente nel lutto a causa della perdita di un altro grande autore: Carlos Ruiz Zafón.
Considerato come lo scrittore spagnolo più letto dopo Miguel De Cervantes, Zafón non esordisce fin da subito come scrittore bensì come sceneggiatore, lavorando per molti anni presso gli Studios di Los Angeles.
I primi approcci con la scrittura narrativa risalgono al 1993, anno in cui pubblica alcuni racconti per bambini, prendendo come spunto la sua breve esperienza di insegnante di asilo.
Tuttavia, è con la narrativa per adulti che Carlos Ruiz Zafón sbarca il lunario: nel 2001 presenta “L’ombra del vento”, il primo volume della tetralogia “Il cimitero dei libri dimenticati”, famosa in tutto il mondo e tradotta in più di quaranta lingue.
Ma che cosa ha ispirato lo scrittore nella stesura del suo capolavoro?
In realtà, sono due aspetti della società contemporanea – in particolare quella americana di cui fa parte da molti anni – a stimolare la sua creatività. Il primo riguarda la distruzione del ricordo, l’attitudine umana a dimenticare con estrema facilità tutto ciò che riguarda il passato, concentrandosi solo sul presente e sul futuro. Ma ciò che più desta preoccupazione nell’autore è l’esito infausto di questo processo, e cioè la perdita dell’identità dell’individuo.
A questo proposito, eloquente è la dichiarazione che egli rilascia alcuni anni dopo la pubblicazione del primo volume della raccolta: “Noi siamo ciò che ricordiamo. E meno ricordiamo, meno siamo”.
Il secondo aspetto, figlio del primo, attiene al totale disinteresse verso la letteratura più risalente nel tempo. In altri termini, Zafón si accorge che quell’ inarrestabile processo di pulizia del ricordo colpisce soprattutto la letteratura. Viaggiando di città in città non può fare a meno di notare come le librerie di seconda mano, ricche di veri e propri tesori letterari, siano isolate rispetto al centro urbano: a nessuno interessa più acquistare una vecchia edizione o addirittura la versione originale di un libro e ciò fa sì che, a mano a mano, questi testi vengano dimenticati, avvolti nella polvere di uno scaffale.
Tuttavia, il Cimitero dei Libri Dimenticati non è solo questo: è ciò che accomuna le quattro storie di cui la tetralogia si compone, è la “stanza con quattro porte d’ingresso” a cui il lettore giunge sempre e comunque, indipendentemente dal volume con cui decide di iniziare l’avventura nel mondo che Zafón costruisce con estrema attenzione, riuscendo ad amalgamare suspense, mistero e una grande storia d’amore combinandola con l’amara realtà della Spagna franchista.
“Ricordo ancora il mattino in cui mio padre mi fece conoscere il Cimitero dei Libri Dimenticati”: così Daniel Sempere, il protagonista della prima storia si presenta al lettore, il quale lo accompagnerà nel corso della rocambolesca avventura che il ragazzino vivrà dopo aver scelto il libro intitolato, appunto, “L’ombra del vento” dello sconosciuto autore Julian Carax.
La scoperta di questo libro cambia letteralmente la vita di Daniel: tormentato dalla figura di Julian Carax, egli inizia a cercare maggior informazioni sulla vita dello scrittore, il quale sembra improvvisamente scomparso dalla città. Nel corso delle sue ricerche, Daniel viene perseguitato da due personaggi: un uomo dall’aspetto spaventoso, la cui identità si conoscerà solo sul finale, il quale pare intenzionato ad ostacolare la sua voglia di sapere nonché il famigerato ispettore Francisco Javier Fumero, simbolo della repressione del regime franchista. Nonostante le varie peripezie che il ragazzo deve affrontare, egli incontra sul suo cammino il suo più grande amico: Fermìn Romero de Torres, un uomo buono e sincero ma dai trascorsi tormentati, di cui si verrà a conoscenza solo con il terzo volume, “Il prigioniero del cielo”, del quale è la voce narrante.
Difatti, la particolarità della tetralogia risiede proprio in questo: ogni volume è una storia a sé stante con quattro voci narranti diverse: ne “L’ombra del vento” chi racconta è Julian Carax; “Il gioco dell’angelo” è raccontato da Davìd Martin, vissuto assai prima rispetto a Daniel Sempere ma le cui vite sono saldamente legate da Isabella Gispert; Fermìn Romero de Torres è la voce narrante de “Il prigioniero del cielo”; infine, nel quarto ed ultimo volume “Il labirinto degli spiriti” è Alicia Gris a narrare gli eventi ed apporre la parola “Fine” ad un’avventura durata quasi venti anni.
Un labirinto di storie intrecciate, personaggi affascinanti (talvolta bizzarri) e ben costruiti, al quale il lettore si affeziona fin da subito: sono i personaggi migliori secondo lo stesso Zafón, cioè quelli che “permettono al lettore di ritrovare in loro una parte di sé”.
A distanza di quasi venti anni dal primo volume, Carlos Ruiz Zafón conclude la tetralogia nel 2017, uno dei romanzi più amati dell’età contemporanea. Recentemente ospite del programma televisivo spagnolo “Late Motiv”, lo scrittore denota fermezza e convinzione della propria decisione nonché estrema soddisfazione del lavoro che per anni ha portato avanti con impegno e devozione.
“Il cimitero dei libri dimenticati mi ha tenuto impegnato per moltissimi anni, adesso ho bisogno di un po’ di riposo”, dichiara al conduttore televisivo. Purtroppo, lo colpisce un aggressivo cancro al colon contro il quale combatte fino al giorno della sua morte avvenuta lo scorso 19 giugno.
Con il suo capolavoro, Carlos Ruiz Zafón non si è limitato a regalare ai suoi lettori un avvincente romanzo ma ha dato reviviscenza al passato, ricordandoci quanto salvaguardare la letteratura – anche la più risalente – sia importante per mantenere in vita i nostri ricordi e quindi parte della nostra essenza.
Altri autori con le loro storie continueranno ad apportare un grande contributo ed accrescimento al bagaglio culturale e letterario, ma una cosa è certa: i libri di Carlos Ruiz Zafón non verranno mai dimenticati.