In occasione della festa dell’Immacolata e del suo 418° compleanno (7 Dicembre 1598) voglio parlarvi di uno dei maggiori esponenti del Barocco, che ha vissuto tutta la sua vita presso la corte papale: Gian Lorenzo Bernini.
La Chiesa del Seicento, sfruttò l’arte come mezzo di propaganda politica, con l’obiettivo di persuadere eretici e dubbiosi, a riavvicinarsi alla dottrina cattolica. Pertanto lo scopo dell’arte barocca era quello di suscitare emozioni e turbare gli animi, per infondere nelle masse sentimenti di pietà e devozione. Nessuno meglio di Bernini poteva assolvere questo arduo compito, solo colui che fu definito il “gran Michelangelo del suo tempo”, poteva dare vita al niveo marmo di Carrara. Le mie opere preferite, di questo poliedrico artista, sono tre sculture meravigliose, che adesso vi andrò a illustrare.
Apollo e Dafne 1622-1625, è una scultura in marmo di Carrara, conservata nella Galleria Borghese di Roma. Il Bernini si lasciò ispirare da un brano delle Metamorfosi di Ovidio, il celebre mito di Apollo e Dafne, per realizzare questo capolavoro. Il dio del Sole Apollo si infatuò di una bellissima ninfa, Dafne, che per sfuggire alle sue brame chiese al padre di essere tramutata in albero, e così divenne alloro, in seguito pianta sacra ad Apollo. Gian Lorenzo volle immortalare nella pietra, il momento esatto dell’inizio della metamorfosi della ninfa in albero, mentre il dio Apollo affannato la insegue, trasmettendo tutto il pathos e la drammaticità della scena. L’artista conferisce così a questo gruppo marmoreo una vitalità e un senso di movimento prima di allora sconosciuto alla tradizione scultorea, rappresenta infatti,il dio con la gamba sinistra sollevata e il braccio destro sospeso all’indietro, mentre il corpo della ninfa urlante si torce su se stesso, in una manieristica voluta.
Il ratto di Proserpina 1622 ca, in candido marmo fu commissionato dal cardinale Scipione Borghese, e tutt’oggi è conservato proprio nella Galleria Borghese di Roma. Questa opera scultorea è un perfetto connubio tra fantasia e classicità, un equilibrio armonioso di linee curve e movimenti sinuosi, tipici del Barocco. Il soggetto è ancora una volta ripreso dalle Metamorfosi di Ovidio, e ritrae il ratto della giovane Proserpina, personificazione della Primavera, da parte del dio degli Inferi Plutone. Questo mito era stato creato per spiegare l’alternanza delle stagioni alla gente comune e fu molto amato dagli artisti di ogni epoca. Le figura principale è proprio il dio Plutone, con la corona e un fisico scultoreo, che stringe saldamente il morbido corpo di Proserpina tra le braccia, mentre lei cerca di liberarsi dalla presa. Ai piedi delle due divinità è posto Cerbero, il mitologico cane a tre teste guardiano dell’Ade. La perfezione del modellato e i giochi di ombre danno la sensazione che la dea respiri, il Bernini le ha scolpito perfino le lacrime di disperazione, nonché le dolci membra ghermite dal prepotente dio dell’oltretomba. Le vene sulle possenti braccia di Plutone e l’ombra che le mani creano sul corpo della bella giovane sono di un incredibile realismo e non smettono mai di affascinarmi.