Potrei parlare di quella ragazza che aspetta la metropolitana mentre mille pensieri, come coltellate, la colpiscono in pieno petto. Potrei, ancora, raccontare di quella dolce vecchietta che sferruzza tutte le sere d’inverno davanti al camino, alla forsennata ricerca di un po’ di tepore, di una qualsiasi forma di calore, abituata com’è, a non riceverne più da tempo, abbandonata da figli e nipoti, lasciata in un angolo a marcire fin quando non morirà. E già questo credo basterebbe e potrebbe aiutarvi a capire come siamo, dove ci troviamo e dove stiamo andando a finire.
Oppure potrei fregarmene ed andare avanti, tanto va di moda, lo fanno tutti, tirando dritto per la mia strada, potrei camminare senza osservare realmente le cose, senza capire il mondo che mi circonda, perché, d’altronde, cos’ha mai fatto lui per capire me? Io non sono una di quelle persone capaci di stare zitte, forse, a volte, troppo prolisse ma comunque mi piace parlare, scoprire, comunicare. Ed è questo a mancare; il dialogo, il confrontarsi civilmente, l’esporre le proprie idee in modo pacato ma pur sempre sincero, delicato ma in fondo veritiero. Senza scannarsi ecco, altra cosa all’ordine del giorno di ogni talk show che si rispetti.
Questa, la generazione degli anni duemila. Delle invenzioni che ci hanno cambiato la vita, degli smartphone, dei social network, degli elettrodomestici intelligenti, ma talmente intelligenti da farci impallidire, talmente intelligenti da farci sembrare capre. Einstein dice: “Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno”. Frase che lascia largo spazio interpretativo ma che allo stesso tempo ci eleva come spirito sublime, come mente superiore, in grado di formarsi, in grado di evolversi forse anche strutturalmente, perché no?
Supponiamo.
Perché ormai il tutto ci ha tolto tutto, il tutto ci ha fatto diventare niente, il riempirci di cose all’esterno ci ha vuotato di sentimenti all’interno. L’aridità sentimentale si palesa nel modo di conoscersi e di porsi in maniera sempre più asettica, del tutto priva d’empatia. Quello che prima era un caffè fra amici, accompagnato da musica scadente in un bar a cui, di solito, seguiva una lunga passeggiata fra negozi, ora è costituito da un vuoto e minuscolo messaggino in una, qualsivoglia, dannata chat.
Le persone non si vedono più, non si parlano più. Ci si rifugia gelosamente nei propri spazi, nella propria solitudine, nei propri pensieri, rimpianti, ricordi e non si vive. Non si vive più, non si piange più e nemmeno si ride più, si è, semplicemente, semplicemente perché non si può non essere e quindi ci si accontenta. Ci si accontenta delle mezze misure, di stare nel limbo, del dedicarsi esclusivamente a se stessi, facendosi terra bruciata attorno, del non curarsi assolutamente degli altri.
Ci si accontenta del giudicare superficialmente senza conoscere in profondità le cose, le persone ed anche le proprie emozioni. Si ha paura di tutto, di innamorarsi, di affezionarsi, di capirsi, si ha paura di impegnarsi perché fondamentalmente non si conosce l’altro, non si conosce nulla, nemmeno se stessi. Si è consciamente inconsci. Si decide di esserlo per libera scelta, di chiudere la propria finestra su ciò che ci fa da sfondo, su ciò che è il nostro punto d’osservazione. Si decide di chiudere la porta sul diverso spalancandola sul nostro ego vanitoso e, paradossalmente, ci si impoverisce nell’animo arricchendoci del superfluo. Ecco, siamo questo, la società del superfluo.
Superlativamente futili.
Ed è questa la ragione per cui, ormai, ci siamo trasformati in automi, macchine, macchie piccolissime su un enorme tappeto bianco. Omologarci per non perire, seguire la massa per non morire. Ma cos’è la massa? E più che altro cosa distingue la massa da ciò che non lo è…o ciò che è giusto da ciò che è sbagliato? Le convenzioni sociali le stabilisce la massa, ma cos’è la massa?
La massa è un insieme di persone costituenti una consistente maggioranza arrogatasi il diritto di decidere per tutti, di etichettare tutti, di risucchiare tutti.
La massa, permettetemi l’ossimoro, è la più grande èlite esistente, se ti rifiuti di farne parte, ne vieni automaticamente tagliato fuori.
Molta gente si sforza di non entrare a farne parte, classificandosi, o meglio venendo classificata, come alternativa dal gruppo massificato, ma, più in generale, cos’è l’alternatività? Si dice alternativa di una scelta non comune, non usuale, alternativa può essere un’opzione differente da quella classica, un presunto piano B che provvederebbe provvidenzialmente al fallimento di un, progettato e ben studiato, piano A e, per i più prevenuti alternativo può venir considerato non normale, strano, gli inglesi usano addirittura il termine freak per indicare cose eccentriche, non all’ordine del giorno.
Ma cos’è l’alternatività più specificatamente? La definizione del dizionario è la seguente: Carattere di chi, di ciò che è alternativo rispetto a qualcos’altro. Facendo intendere come qualcos’altro un insieme, coalizzatosi, di individui che possiede determinate ottiche o correnti di pensiero. Seguire un pensiero non conforme ai più può esserne sinonimo e penso, credo sia questo il suo significato originale, il termine che più si confà ad una mentalità aperta, senza spazi o confini, scondita dal pregiudizio e l’ignoranza. Spesso però, soprattutto nel costume odierno, questa parola viene interpretata in senso lato e frivolo e viene passato il messaggio che chiunque subisca modificazioni corporee, siano tatuaggi, piercing o tinte di colori stravaganti possa ricoprirsi, o venir ricoperto, dell’effige di alternativo. Ma in cosa consiste la vera alternatività? Carattere di chi, di ciò che è alternativo rispetto a qualcos’altro.
Esattamente questo, l’alternatività è una posizione contrastante un’altra, caratteristiche che sott’intendono a qualcosa di prettamente mentale piuttosto che fisico, anche perché, spesso, chi si veste in modo non similare alla maggioranza, purtroppo tende a rivelarsi peggio di quest’ultima. Spesso chi si crede preso fuori dalla massa, non solo ne fa parte ma ne è, inconsciamente incoscientemente, il più accanito sostenitore e conservatore, spesso si trova addirittura al centro di essa. E così va sfumando il concetto di questa parola, alternatività…ma torniamo a noi, torniamo al discorso inclusi ed esclusi ed analizziamo gli esclusi perché esistono anche loro.
Loro che, invece, vorrebbero disperatamente entrarvici, in questo grandissimo gruppo, non differenziandosi per niente, ma che ne vengono automaticamente tagliati fuori in ogni caso, perché si, per cose che oltretutto non dipendono da loro. Perché sono brutti e cattivi, ecco perché! Perché forse incutono timore o perché forse incutono squallore. Magari vengono bollati come non interessanti e quindi snobbati da gran parte della gente che non gira intorno a loro, cosa pretendete? D’altronde non siamo di certo nello spot Mediolanum.
Peraltro banca, ci mancherebbe anche che non girasse attorno a te, con quello che ti costa, che anche lì, spiegatemi bene perché debbano esserci delle spese per mantenere il mio conto? Perché io, povero cristiano, avendo paura di tenere i soldi sotto il classico materasso, con tutto quello che si sente in giro oggigiorno, debba preoccuparmi di spendere altro denaro per, scusatemi le ripetizioni, depositare il mio, di denaro? Che oltretutto il fondo del mio fondo è già stato bellamente raschiato. Ma volendo, non potrebbero ficcarsi banconote da cinquecento euro in culo, usandole come miccia? Peccato che poi non esplodano…peccato, peccato davvero perché avremmo risparmiato sui botti di Capodanno che adesso, ovviamente, non possono scoppiarsi per via del disturbo arrecato agli animali e ci mancherebbe. Deo gratias qualcuno ha pensato finalmente a quei poveri cristi di animali.
Ci si potrebbe quindi rivolgere ad una banca etica, diffusissime tra l’altro, come oasi nel deserto! I soldi non fanno nemmeno la felicità. Datemi un milione di euro al mese e ne parliamo, sosterrete, ed è vero, fondamentalmente lo è, e va bene, i soldi rendono contenti e sereni, badate bene però, ho detto contenti e sereni che non sempre sono sinonimi di felicità, non in questo caso almeno, penso però, che ciò che renda davvero speciali sia l’amore.
Provate ad essere Berlusconi che si paga le escort, che è fidanzato con una che potrebbe essere tranquillamente la nipote, provate, poi mi dite come si stia. Il mio sarà anche populismo, lo ammetto, ma il populismo, lo dice la parola stessa ha un’origine ben precisa, deriva dal popolo e cos’è il popolo? È un insieme di persone che costituiscono una consistente maggioranza di disgraziati arrogatasi il diritto di decidere per tutti, di etichettare tutti, di risucchiare tutti. È la massa ed i detti, chiamati per l’appunto popolari nascondono sempre da un fondo di verità, altrimenti, come per le leggende, non sarebbero venuti alla luce. Quindi populista si, ma con la consapevolezza d’esserlo.
Non perché sia facile, non perché sia semplice sparare a zero su tutto e su tutti e nemmeno per ingraziarsi la simpatia di qualcuno solamente perché spesso a pensar male si fa peccato ma ci si prende. Essere pessimisti quindi? Essere ottimisti o essere cinici? Essere realisti! Ora posso finalmente entrare anch’io nella massa? Posso? Per favore, ve lo chiedo supplicandovi. Etichettatemi se volete, ecco, per voi, solamente per voi sarò La Populista ma almeno sarò dentro, sarò dentro sta cazzo di merda che per voi è scontata ma che per me è più importante della vita stessa.
Voi nascete con l’approvazione, io la devo conquistare, me la devo guadagnare e non è detto, non è detto che mi sia dovuta eh, perché sareste anche capaci di rinfacciarmi che nulla sia dovuto in questa misera esistenza. Siamo sinceri, tutti abbiamo bisogno di far parte di qualcosa, o meglio di qualcuno, o meglio ancora di un branco, perché l’essere umano, per sua natura, fa parte di un branco, agisce in un branco e spesso, ovviamente, desidera ardentemente l’approvazione di questo branco.
Ecco il mettere in piazza la propria vita sui social, ecco esporre i propri pensieri ed interessi sui social, ecco dannarsi l’anima per qualche Mi Piace sui social perché essere apprezzati, esser benvoluti, essere amati e tutto ciò che vogliamo.
Peccato che ora ci accontentiamo di esserlo attraverso uno schermo, peccato, peccato davvero perché, se lo fossimo dal vivo, ci sentiremmo molto ma molto appagati e forse saremmo capaci di affezionarci più facilmente alle persone.