È sempre la stessa storia, Foscolo e Leopardi.
Generazioni di studenti che conoscono a menadito Foscolo e Leopardi. Maturandi che escono dai licei credendo che la poesia sia morta dopo Montale, poveri universitari che per ottenere crediti di letteratura italiana si ritrovano a leggere il Rosso Malpelo magari per la sesta volta. Nove nonne su dieci non sanno cosa sia un anacoluto, ma molto probabilmente vi sanno recitare a memoria il Cinque Maggio. … In genere comunque, è la monografia su Foscolo e Leopardi a rappresentare un must, un cult.
Quello su cui sto cercando di focalizzare la vostra attenzione, non è solamente l’esiguità dei nomi ricorrenti nei programmi scolastici italiani, ma la completa assurdità di un sistema che si approccia alla letteratura come mera nozionistica. Non tutti vogliono fare gli scrittori, e menomale, ma una formazione umanistica è la base per creare un essere umano consapevole, e perciò non può essere trascurata. Gli approcci liceali e scolastici in genere, di solito basati sulle singole personalità e poco incentrati sulle poetiche, molto più focalizzati su uno studio mnemonico del dato biografico che su un’analisi attenta dei testi, fanno sì che l’adulto medio non legga poesia o che riconosca come tale solo quella che lo richiama ai pochi esemplari studiati, ovviamente neoclassici o romantici, molto probabilmente i nostri beneamati Foscolo e Leopardi. La poesia non vende ma c’è da chiedersi il perché. Come c’è da chiedersi perché se si sceglie un esame di “Letteratura italiana contemporanea” ci si ritrovi autori di almeno un secolo fa.
Le cause possono essere molteplici e specifiche a seconda dei casi, ma è indubbiamente un’ignoranza di base, una mancanza di strumenti corretti di lettura, che ci porta a paradossi come il fatto che la maggior parte dei sedicenti poeti sul web non legga poesia. Tutti scrivono, ma nessuno legge, e smettiamola di incolpare internet. Le cyberletterature, fenomeni come la twitteratura, non andrebbero guardati dall’alto in basso perché rappresentano in realtà fonti di informazione culturale primarie, luoghi virtuali dove qualcosa potrebbe rinascere, mezzi di condivisione accessibili a tutti. Il problema qui non è lo strumento, ma chi lo usa. I mobili ikea sono tanto belli, economici e comodi, ma se non si sa leggere il libretto istruzioni, non si montano da soli, purtroppo. I social network sono potentissimi mezzi di connessione, aperti quasi totalmente ad ogni tipo di confronto, ma finiscono per diventare una schiavitù autoimposta, un eccesso comunicativo non necessario e in certi casi perfino dannoso.
Dove è finita la letteratura? Molto probabilmente è ancora a pezzi in qualche scatolone. In un mondo in cui tutti possono accedere a qualsiasi informazione in qualsiasi momento, in un mondo costantemente collegato dove diventa inutile memorizzare anche le cose più banali e le nuove tecnologie ci portano ad una accidia mentale, non avrebbe addirittura più senso elaborare un approccio quasi, ed uso una parola che sta acquisendo connotati negativi nelle ultime generazioni, creativo? Non dovremmo educare ad una rielaborazione e ad una capacità critica, visto che c’è già il nostro smartphone che sa in che anno è nato Gabriele Rapagnetta? Ragioniamo per assurdo, se non ci fossero le nuove tecnologie forse potremmo continuare come abbiamo sempre fatto, perché comunque un esercizio di memoria ci risulterebbe utile e non avremmo la necessità di rivedere i nostri approcci allo studio della letteratura, ma gli iphone ci sono. Studi hanno accertato la diminuzione progressiva della capacità mnemoniche dovute all’uso di nuove tecnologie. Il fatto che siamo meno smart dei nostri cellulari ci spaventa, ma basterebbe soltanto spostare la nostra attenzione su un piano diverso per non cadere in trappola e magari finalmente tutti i tipi di intelligenza verrebbero ugualmente considerati, senza subordinazioni ed esclusioni implicite.
Le date ci vogliono, specie per una analisi cronologica, ma dobbiamo puntare su ciò che rende l’essere umano insostituibile, ciò che un computer non può fare, e io non ho ancora visto un Mac vincere il Nobel. Basta leggere un po’ di più un po’ di tutto per imparare a selezionare nella marea di informazioni, la cultura non è mai stata così a portata di mano. Se si iniziasse a studiare la letteratura come un grande unico discorso, senza troppi nomi, senza troppe forme ma molta più sostanza, forse non si sentirebbero più frasi del tipo “cosa studi a fare lingue che tanto ci sono i traduttori automatici”. L’invalicabile muro, quell’elegante linea gialla, fra la “cultura alta” e le subculture, è la chiave per una nuova letteratura, giovane, accessibile, priva di sofismi ed esercizi dialettici fini a loro stessi, ma consapevole. Una letteratura che sappia parlare di tumblr, di facebook, di spotify, di erasmus , di selfie e di twerking come di infinito. Perché la letteratura è cultura, è comunicazione e arte.
Emancipiamoci, basta con Foscolo e Leopardi.