Assassin’s Creed Syndicate : L’Oppressione deve Finire.
Personalmente ho sempre trovato il ritmo frenetico della Ubisoft producente unicamente per gli incassi, e poco appropriato nei riguardi e le aspettative del pubblico; inoltre, chi scrive, è un forte sostenitore che l’attesa stessa di un oggetto, che è ardentemente desiderato, generi essa stessa il piacere cardine sul quale poi verterà la soddisfazione di
La politica di mercato della casa francese, al contrario, sembra non solo denigrare tale metodo, ma appellarsi in tutto e per tutto al detto “battere il ferro fino a che esso è caldo”, di conseguenza, cercando di dare una cadenza precisa ed annuale per ogni suo prodotto,
Potevo, data la mia passione per Charles Dickens ed il periodo Vittoriano, lasciarmi scappare Syndicate? Certo che no, eppure, arrivato ai titoli di coda, il giudizio che ho riservato per l’ultima fatica Ubisoft non è completamente positivo e, nel buttar giù un’attenta analisi, non posso che mettere in luce
Assassin’s Creed Syndicate è ambientato nel 1868, in piena seconda Rivoluzione Industriale, a Londra, una delle metropoli più importanti del mondo, in uno dei suoi massimi periodi di cambiamento, splendore e degrado, dove ai lussi sfrenati dell’alta borghesia e dei nobili venivano contrapposte le vite di coloro che venivano sfruttati nelle fabbriche, uomini, donne e bambini, mal pagati e costretti a lavorare duramente per più di dodici ore al giorno in condizioni inimmaginabili. Su questo sfondo prendono vita le avventure di Jacob e Evie Frey, due assassini mandati dall’Ordine nella capitale inglese per debellarla dalle forze dei Templari, capitanate da Crawford Starrick. I due gemelli cercheranno di arrivare al gran
Se avete visto un dipinto fiammingo, in un libro o in un museo, ed avete dimestichezza con esso, quello che sto per dirvi risulterà alle vostre orecchie familiare, mentre se non avete osservato un’opera appartenente a tale corrente artistica, probabilmente non comprenderete al meglio l’allusione che sono in procinto di fare. Ebbene, in un dipinto qualunque, di impronta fiamminga, i dettagli sono così presenti ed importanti, quasi essenziali, che è possibile scorgere particolari talmente minuscoli da richiedere, a volte, la lente di ingrandimento, da quanto questi lavori sono curati e sono realistici.
Il nuovo capitolo di Ubisoft, graficamente ed esteticamente, è straordinario, ma se l’ispirazione artistica è tangibile in ogni via o costruzione, stessa cosa non si può dire della sua resa grafica, incostante e con alcune piccole cadute per quel che concerne proprio la realizzazione di edifici, personaggi secondari, comprimari o movenze a volte legnose di coloro i quali si animano sullo schermo. Inoltre, bisogna aggiungere come su console quest’ultimo giri a 900p, il che non aiuta la resa
Il gameplay rimane lo stesso di Assassin’s Creed Unity, con una considerevole miglioria per quel che riguarda l’arrampicata e la discesa ed un nuovo modo per entrare nelle case degli abitanti di Londra, sebbene queste siano presenti in un numero nettamente inferiore rispetto a quelle francesi. All’interno di esse, a volte ricche di elementi particolari, in altre circostanze un po’ anonime, è possibile trovare bauli o forzieri speciali al cui interno saranno presenti materiale per costruire armi ed armature o potenziare il proprio personaggio o la propria gang, i Rooks. Pochi, però, sono gli spunti inediti o gli elementi veramente nuovi per quello che riguarda il gameplay di questa produzione, le movenze dei due protagonisti e le loro azioni, supportate, nelle fasi di free-roaming, dalle carrozza, che possono
Il treno è inoltre il nuovo covo della confraternita, sempre in movimento e capace di arrivare in ogni angolo della mappa del centro di Londra a nostra disposizione. Ad arricchire il pacchetto delle missioni principali ci sono poi tutta una serie di personaggi che inviteranno i protagonisti a prender parte a obbiettivi secondari talvolta interessanti o degni di nota, mentre in alcuni altri casi poco ispirati o memorabili.
Nel dire questo, chi scrive, non vuol dare il via ad una filippica contro questo capitolo di Assassin’s Creed, che nel suo piccolo è persino riuscito a conquistarmi e divertire, piuttosto mettere in luce tutta una serie di elementi e avviare una riflessione spontanea sull’intero brand. Arrivare dopo quasi dieci anni a pubblicare un episodio per volta ogni 365 giorni circa risulta di sicuro stancante, oltre che impressionante, e talvolta l’eccesso è poco producente. In questo preciso momento la storia della confraternita degli Assassini, a parer di chi scrive,
Syndicate è un déjà vu piacevole, per chi ha amato le storie di Connor ed Ezio in passato, e Londra è una delle ambientazioni migliori mai proposte, la cura nella sua realizzazione è maniacale, e l’atmosfera è a dir poco straordinaria, eppure manca qualcosa a questo A.C.S., ed è la profondità. Con l’uscita (in questi mesi) di prodotti quali The Witcher 3 o Fallout 4, impossibili da confrontare sul piano del genere e della struttura, certo, ma con un intreccio narrativo invidiabile e appagante oltre ogni misura, il mondo videoludico, anche in questo 2015, ha affrontato diversi “cambiamenti”, lemma che potrebbe, per molti aspetti, essere sinonimo, in tali circostanze, di “miglioramenti”, e tutt’ora, se analizziamo la concorrenza, è possibile rendersi conto come le produzioni videoludiche siano coinvolte in un continuo concreto mutamento, percepibile anche da quella cerchia di giocatori che si appassionano quel tanto che basta a questo cinico mondo da
Assassin’s Creed Syndicate, su questo versante, è povero perché sembra non avere rispetto per la materia grezza di partenza e si mostra agli occhi di chi lo gioca come un prodotto con poche ambizioni, (in)capace di regalare vere soddisfazioni e attimi indimenticabili, carente di una trama all’altezza delle aspettative, fatta sempre allo stesso modo e persino poco coerente con il materiale di cui dispone, sebbene ricco e variegato. I “sindacati”, da cui prende il titolo questo capitolo, qui hanno un ruolo pressoché marginale, sebbene i poveri siano al centro dell’attenzione dei protagonisti, così come la lotta contro l’oppressione sui più deboli o tra gang; tutti elementi che sono presenti quel tanto che basta da ammettere di averli visti, eppure è possibile finire tranquillamente il gioco senza mai fare appello ai Rooks o chiedere il loro aiuto, a riprova del fatto che la campagna
Assassin’s Creed Syndicate è un titolo bizzarro, riuscito ed al contempo privo di quella spinta necessaria ad innalzarlo come gioco capace di rilanciare un vero e proprio brand. Per chi, come il sottoscritto, ama la Londra Vittoriana e tutte le personalità che l’hanno contraddistinta, da Charles Darwin a Charles Dickens, da Bell a Disraeli, troverà ore ed ore di divertimento a disposizione, citazioni e atmosfere degne di uno dei romanzi dell’epoca quali Oliver Twist o David Copperfield, amerà Jacob, con le sue battute pronte ed i suoi modi arroganti, ma ancor di più la saggia e carismatica Evie sino alla pazzia ed al contempo, però, arriverà ai titoli di coda con un po’ d’amaro in bocca, perché tante sotto trame potevano essere analizzate o studiate meglio, godere di una maggior enfasi ed empatia o di una struttura narrativa più curata. Per questo, in definitiva, quello che abbiamo tra le mani rimane un buonissimo gioco, di qualità, ottimo sotto molti dei suoi aspetti, ma lontano anni luce da quelli che furono i fasti degli esordi della saga e di certo non il più bel titolo da avere al momento tra le mani.