Negli anni tra il 1919 e il 1921 il compositore tedesco Paul Hindemith compose un Trittico (a differenza di quello pucciniano, non è pensato per essere eseguito in una solita sera), formato da Mörder, Hoffnung der Frauen (Assassino, speranza delle donne, 1919), Das Nusch-Nuschi (1920) e Sancta Susanna (1921).
Sancta Susanna, un’opera accusata di blasfemia, iconoclastia, o per lo meno d’essere di cattivo gusto e offensiva verso le religiose in genere. Addirittura il primo allestimento italiano dell’ultimo pannello del Trittico di Hindemith all’Opera di Roma nel 1977 valse all’allora sindaco capitolino e al sovrintendente del teatro una denuncia mossa da presunte oscenità. Ma qual è esattamente l’elemento che ha garantito a Sancta Susanna quest’aura di scabrosità? Semplicemente il fatto che in quest’opera, su libretto di August Stramm, la monaca Susanna provi amore per Gesù Cristo sia in senso religioso-spirituale sia fisico: mentre è raccolta in preghiera assieme a Suor Klementia ai piedi di un Crocifisso con le braccia spalancate, Susanna ode i gemiti amorosi di una coppia provenienti dall’esterno del monastero e a causa di questo evento si esalta in forma crescente alla vista del Crocifisso; Suor Klementia la ammonisce raccontandole di una suora – Suor Beata – che fu murata viva per aver tentato abbracciare il Crocifisso, ma Susanna non la ascolta e proprio mentre le campane suonano il mattutino e le monache entrano in corteo ella si straccia le vesti e, nuda, abbraccia il Salvatore, chiedendo che venga eretto un muro anche per lei.
Quando si va a parlare di amore inteso nella sfera fisica e sensoriale, c’è sempre un campanello che suona nella mente di alcuni individui e che li spinge a gridare preventivamente allo scandalo e leggendo questa concisa sinossi il sentimento istintivo è quello di emulare costoro; ebbene, si cadrebbe in errore. È pur vero che Sancta Susanna è stata eretta su un sottile equilibrio tra spiritualità e sensualità, ma è altrettanto vero che in essa non c’è nulla di provocatorio. Come ha osservato Riccardo Muti «ciò che ci segnala Sancta Susanna è l’importanza e la vitalità della parte fisica e della sua complementarietà con quella spirituale». L’abbraccio “blasfemo” del Crocifisso è in realtà un gesto dalla grandissima potenza simbolica, che vuole comunicare in modo chiaro ed inequivocabile la completa dedizione di Suor Susanna al Salvatore, ed è un messaggio ancor più potente se si considera il problema storico che l’opera di Hindemith pone sotto la sua lente e cioè quello delle donne monacate contro la loro volontà (problema posto in rilievo anche dalla Suor Angelica di Giacomo Puccini, il cui raffronto con l’opera di Hindemith è molto interessante).
Con questo abbraccio – che non manca mai di suscitare indignazione o perplessità – abbiamo la sublimazione e il superamento del semplice voto monacale; inoltre lo spogliarsi di Suor Susanna non ha nulla di osceno o riprovevole, piuttosto è inquadrabile come riferimento al celebre dipinto di Tiziano Amor Sacro e Amor Profano che a sua volta si appoggia sul concetto classico di nudità intesa come purezza, genuinità, virtù, candore, ma soprattutto assenza di finzioni, in una parola: autenticità. La nudità impone la totale assenza di artifici, da intendersi soprattutto nella spiritualità e pertanto in diretto contrasto con il mortificante abbigliamento delle altre monache.
Quanto alla tanto citata “abiura” di Hindemith, ossia il disconoscimento di quest’opera, non avvenne a causa della presunta scabrosità del soggetto, ma a causa delle vivaci proteste che accompagnarono la prima esecuzione, addirittura la Lega delle Donne Cattoliche di Francoforte proclamò una giornata di silenzio di protesta. Inoltre Hindemith era osteggiato dal regime Nazista per ben altri motivi, pertanto in vita si rifiutò sempre di riproporre un allestimento dell’opera, anche perché nel frattempo aveva drasticamente mutato stile e recise ogni legame con le composizioni risalenti a prima del 1937, anno di pubblicazione del trattato Unterweisung im Tonsatz (L’insegnamento della teoria musicale), summa dei suoi studi teorici. Nell’arco della propria carriera Hindemith ha cambiato spesso stile, similmente al percorso artistico di Igor Stravinskij, culminando in una fase dalle forme «squadrate e rocciose»; Sancta Susanna, invece, fa ancora parte del primo periodo, ricco di fascino e suggestione: la musica ideata da Hindemith per quest’operina è viva sulla partitura, in cui serpeggia una politonalità trattata con incredibile raffinatezza (basti pensare al soave prologo), è una musica ricca di fremiti, altamente (e abilmente) descrittiva, folgorante nell’orchestrazione e nella ricerca di determinati effetti ritmici e timbrici che si adeguano man mano allo svolgersi della vicenda. Anche l’uso dell’armonia ha una sua funzione dialettica: ad esempio, nel passo sopracitato l’armonia vuota, ellittica, spinge lo spettatore a muovere la sua ricerca non solo sul piano sonoro ma anche in quello prettamente drammaturgico. Hindemith plasma a proprio piacimento la sfera emozionale di questa straordinaria opera, manipolando l’impianto orchestrale con precisione chirurgica, senza ricorrere mai a una musicalità eccessiva o volgare, che si incastona perfettamente nella meravigliosa architettura di quest’opera, costituita interamente da un tema con variazioni il cui asse di simmetria è la rievocazione del “blasfemo” abbraccio di Suor Beata. Questo è il segreto della forza drammaturgica di Sancta Susanna, che giunge alle nostre orecchie come un urlo: la compattezza di questa forma e la concisione che essa impone consentono al compositore di creare un arco di tensione sempre crescente che culmina nel fragoroso finale con la triplice esortazione («Confessa!»), la triplice negazione di Susanna e il triplice giudizio: «Satana!»
Luca Fialdini
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