AVVERTENZA
In vista della rappresentazione del Rigoletto di Giuseppe Verdi che avverrà il 15 e 16 ottobre al Teatro Verdi di Pisa, vi presentiamo questo “Dizionario”, un vero condensato dell’opera… in pillole!
Giuseppe Verdi
RIGOLETTO
opera in tre atti , libretto di Francesco Maria Piave dal dramma di Victor Hugo Le Roi s’amuse
Edizioni Edwin F. Kalmus & Co., Inc. Publishers of Music, Boca Raton, Florida
Rigoletto Elia Fabbian 15/10 – Sergio Bologna 16/10
Gilda Ekaterina Sadovnikova 15/10 – Venera Protasova 16/10
Duca di Mantova Roberto Iuliano 15/10 – Pablo Karaman 16/10
Maddalena Sofia Janelidze
Sparafucile Antonio di Matteo 15/10 – Francesco Palmieri 16/10
Conte di Monterone Ivan Marino
Giovanna Elena Rosolin
Contessa di Ceprano / Paggio Simonetta Baldin
Borsa Luca Favaron
Marullo Romano Franci
Il Conte di Ceprano Paolo Bergo
Usciere di corte Riccardo Ambrosi
Direttore Gianna Fratta
Regia Federico Bertolani
Scene Giulio Magnetto
Costumi Mirella Magagnini
Orchestra Filarmonia Veneta
Coro Live
Maestro del Coro Flavia Bernardi
Allestimento del Teatro Sociale di Rovigo
Coproduzione Teatro Sociale di Rovigo e Teatro di Pisa
C – D
Censura. Ancor prima di diventare un’opera, Rigoletto dovette scontrarsi con la rigida censura austriaca a causa della sua fonte letteraria (cfr. Hugo, Victor-Marie), infatti il dramma Le Roi s’amuse era stato vietato sin dalla prima rappresentazione a causa dei forti attacchi alla nobiltà. Queste feroci critiche – naturalmente – erano presenti anche nel libretto del buon Piave e furono immediatamente messe all’indice dalla censura che ne chiese la rimozione, pena la messa al bando del libretto stesso. In particolar modo, i censori erano ostili alla raffigurazione dell’antagonista nella persona del Francesco I, soprattutto perché nel corso del dramma il gobbo avrebbe preso la decisione di ucciderlo. Un servitore che anche solo pensi di attentare alla vita del proprio Re era più che sufficiente per mandare in cortocircuito la censura austriaca del 1851 e per evitare che il libretto venisse definitivamente proibito il librettista Piave fu costretto a eliminare la figura del Re e la dovette sostituire con un ben più modesto Duca di Mantova. I censori volevano apportare altre due modifiche, ossia eliminare la gobba di Rigoletto per non offendere gli spettatori con un personaggio deforme ed eliminare anche il sacco in cui il sicario Sparafucile nasconde il corpo di Gilda, la figlia di Rigoletto (per una semplice questione di “buon gusto”); tuttavia su questi due punti Piave fu assolutamente irremovibile perché si tratta di due aspetti fondamentali per la drammaturgia dell’opera, e difatti rimasero. Tuttavia la censura riuscì ad ottenere un altro cambiamento affatto irrilevante, ossia quello sul nome del protagonista: nel dramma di Hugo, il gobbo di chiamava Triboulet e Piave l’aveva italianizzato in Triboletto. Ebbene, si dovette cambiare anche questo perché in questo modo sembrava quasi che questo povero gobbo avesse dei «triboli» e che la fonte di questi triboli fosse proprio il Re. Verdi e Piave optarono quindi per un più tranquillo Rigoletto, dal francese rigoler, “ridacchiare”.
Do (nota). Tra Verdi e Wagner, a livello di intenti, ci sono più punti di contatto che divergenze. Uno di questi punti di contatto è l’aver compreso l’ottimo effetto scenico di determinati richiami melodici a personaggi o situazioni… soltanto che per farlo hanno preso vie diametralmente opposte. Wagner ha optato per il celebre leitmotiv (cfr. sotto), mentre Verdi ha deciso di percorrere una strada meno battuta ma più suggestiva: condensare il leitmotiv in una sola nota. È il caso della nota do, che rappresenta all’interno dell’opera la maledizione che Monterone scaglia su Rigoletto; questa nota entra in gioco ogni volta che un personaggio entra nel circolo della maledizione, oppure la fa presagire: Monterone, Rigoletto, Sparafucile, addirittura l’usciere del palazzo del Duca di Mantova! Inoltre il do è la nota con cui inizia il Prologo: per dirla con le parole di Muti (cfr. Muti, Riccardo), questa nota è «l’epicentro del terremoto», ed è interessante perché ogni volta che questa nota appare, cambia funzione all’interno dell’armonia. Naturalmente Verdi fa ricorso varie volte a questa tecnica, ad esempio anche per Gilda; difatti ogni volta che viene evocato questo personaggio (oppure in passaggi particolarmente significativi) appare la sua nota, il mi.
H – L
Hugo, Victor-Marie (Besançon, 26 febbraio 1802 – Parigi, 22 maggio 1885). Drammaturgo, poeta e romanziere francese, trai più illustri esponenti del Romanticismo, nonché autore del dramma Le Roi s’amuse (“Il Re si diverte”) da cui è stato tratto il libretto di Rigoletto. Non si tratta dell’unico soggetto di Hugo riadattato per la musica di Verdi, che nel 1844 aveva composto Ernani, tratto dall’omonima tragedia di Hugo.
In questo modo, Verdi non solo ha confermato la propria fama di vorace e colto lettore, ma è riuscito a portare in Italia le istanze tipiche del Romanticismo europeo, assai diverso da quello italiano. In alcuni casi, tuttavia, certe atmosfere prettamente romantiche hanno dovuto subire drastiche modifiche: in Rigoletto è il caso della tempesta dell’Atto III che nel testo di Hugo assumeva i tipici contorni della “notte di tregenda” mentre nel dramma verdiano, a causa delle imposizioni della censura, si è trasformata in un caratteristico temporale nella Bassa padana.
Leitmotiv. [‘laitmoti:f] Termine tedesco (lett. motivo ricorrente), indica un tema musicale che in ambito sinfonico od operistico viene associato ad un personaggio, un paesaggio, una sensazione, un luogo etc. Ad esempio: in Guerre Stellari – Una Nuova Speranza, ogni volta che Darth Fener appare è immancabilmente introdotto dalla Marcia Imperiale. Si tratta di una tecnica risalente alle opere di Carl Maria von Weber ed il critico Friedrich Wilhelm Jähns ha usato questo termine per la prima volta proprio in relazione ad esse; tuttavia la sua massima diffusione si è avuta con le opere di Richard Wagner: famoso è il leitmotiv di Sigfrido nel Siegfried o il c.d. Tristan akkord nel Tristan und Isolde.
Liszt, Franz (Raiding, 22 ottobre 1811 – Bayreuth, 31 luglio 1886). Compositore e pianista ungherese, poi naturalizzato tedesco. Nell’arco della sua lunghissima carriera, Liszt ha prestato molta attenzione al lavoro dei colleghi -sia tedeschi sia esteri – e si è adoperato anche per diffondere questo lavoro, soprattutto con trascrizioni pianistiche (basti pensare al monumentale lavoro sulle nove sinfonie di Beethoven, svolto proprio con lo scopo di portarle in Francia, dov’erano ancora pressoché sconosciute). Il grande pianista ha scritto anche diverse parafrasi da concerto su lavori di altri compositori, da Mozart a Berlioz, a Wagner, a Mercadante, a Rossini, fino ad arrivare al nostro Giuseppe Verdi. Liszt studiò approfonditamente le opere di Verdi e dalle sue composizioni trasse ben nove parafrasi da concerto, che vanno dai Lombardi alla prima Crociata fino ad Aida. Una di queste parafrasi riguarda proprio Rigoletto, ed è interamente basata sul meraviglioso quartetto Bella figlia dell’amore.
M
Modifiche. Giuseppe Verdi ha dovuto combattere fin dall’inizio con una serie di modifiche che venivano apportate alle sue opere senza chiedere minimamente consenso all’autore e a quanto pare la fantasia degli impresari teatrali era particolarmente solleticata da Rigoletto. Difatti quasi ogni teatro apportava modifiche più o meno importanti: chi decise di cambiare il titolo (ad un certo punto, qualcuno lo chiamò addirittura Anna di Pert), chi di eliminare la gobba di Rigoletto, chi – per evitare probabilmente d’impressionare il pubblico – decise che il Duca di Mantova non doveva insidiare la moglie di Ceprano ma la sua sorella nubile e ci fu addirittura chi non approvò la frase «Tutte le feste al tempio mentre pregava Iddio, bello e fatale un giovine offriasi al guardo mio… se i labbri nostri tacquero, dagl’occhi il cor parlò» e fu deciso di cambiare in «Tutte le feste al parco»! Probabilmente il cambiamento più spassoso è quello che riguarda il finale: evidentemente qualcuno deve aver pensato che far morire la povera figlia di Rigoletto doveva essere troppo triste e quindi, dopo che Gilda s’è presa una spadata in pancia da Sparafucile, un bestione grosso come un armadio a due ante, dopo che Rigoletto ha pianto per gli ultimi dieci minuti d’opera, ecco che Gilda miracolosamente si alza in piedi totalmente guarita e Rigoletto piuttosto che gridare «Ah, la maledizione!», se ne esce con: «Ah, la clemenza del ciel!».
Muti, Riccardo (Napoli, 28 luglio 1941). Direttore d’orchestra italiano e grande studioso di Verdi. Uno dei suoi maggiori impegni riguarda proprio il restituire al pubblico ciò che è stato scritto dal Maestro, senza gli inutili orpelli della tradizione e una delle opere maggiormente studiate e approfondite dal M° Muti è proprio il Rigoletto. A questo proposito ha realizzato un’eccellente edizione critica (il testo di riferimento per le attuali esecuzioni) in collaborazione con The University of Chicago Press e le Edizioni Ricordi, un pregevolissimo lavoro che è culminato nella rappresentazione scaligera del 1994 – reperibile facilmente anche in CD – con Renato Bruson nel ruolo di Rigoletto, Roberto Alagna in quello del Duca di Mantova e Andrea Rost in quello di Gilda.
P
Puntatura. Nella musica vocale, la sostituzione di una nota con un’altra, generalmente più acuta, operata solitamente dagli stessi cantanti per meglio figurare (dal Vocabolario Treccani). In passato c’era la tragica usanza di aggiungere degli acuti dove il cantante pensava ce ne fosse necessità e pertanto li aggiungeva arbitrariamente. Alcuni esempi celebri di puntature non scritte ma eseguite per tradizione sono il mi bemolle acuto alla fine della cabaletta Sempre libera de La Traviata oppure il do acuto al termine di Di quella pira nel Trovatore, Rigoletto, invece, è letteralmente infarcito di queste puntature fortemente volute dai cantanti ma che Verdi non ha mai scritto: dall’acuto al termine di Questa o quella, il sol alla fine del famoso recitativo Pari siamo (alle parole «Ah no, è follia!»), l’acuto dei due solisti nel Sì, vendetta e soprattutto l’orripilante cadenza che culmina in un si naturale ne La donna è mobile. Ebbene, queste puntature non solo non vanno eseguite perché non sono scritte, ma soprattutto perché costituiscono continue fermate all’interno dell’opera. Verdi disse di aver scritto Rigoletto come «una filza interminabile di duetti», quindi c’è proprio l’intento di rendere la narrazione un flusso continuo e ininterrotto, quasi wagnerianamente, e questi capricci da prime donne non fanno altro che sciupare questo eccezionale lavoro.
Luca Fialdini
luca.fialdini@uninfonews.it