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Le Aquile Randagie, il film sulla Resistenza degli Scout proiettato a Livorno

Tre giorni di proiezione con due spettacoli al giorno, per un totale di 675 biglietti venduti. Sono i numeri che definiscono il successo delle “Aquile Randagie”, il film del regista esordiente Gianni Aureli sulla Resistenza Scout al nazi-fascismo, proiettato al Teatro-Cinema Salesiani di Livorno dal 30 settembre al 2 ottobre e distribuito dall’Istituto Luce. Una media di 225 spettatori al giorno, numeri inattesi, che hanno superato ampiamente ogni previsione: scout, ex scout, genitori, ma anche persone che con lo scoutismo non hanno niente a che fare.

 

C’è una vicenda che prende vita all’interno della Resistenza cattolica al nazi-fascismo, una storia di cui generazioni di scout italiani sono andate molte fiere, ma che spesso giace sulla seconda pagina di ciò che viene raccontato riguardo a quel periodo storico. Un racconto di supereroi, un po’ come gli Avangers, solo che quei supereroi sono persone reali: è la storia di un gruppo di scout milanesi noti come le Aquile Randagie.

Il film non solo piace, ma colpisce come un pugno nello stomaco, lascia un segno negli adulti e sconvolge i ragazzi: i lupetti, gli esploratori, le guide, i rover e le scolte. Tutti quei ragazzi che fino a ieri erano abituati a sentir parlare delle Aquile Randagie al bivacco della sera durante i campi estivi, quando le storie del tempo che fu aiutano la notte a rendere i cuori più coraggiosi e consapevoli. Ma stavolta le Aquile Randagie non saranno più una lezioncina storica basata su un racconto distante da noi, al contrario per i ragazzi che hanno visto il film diverranno un esempio che può ispirarli nel capire cosa significa abbracciare un ideale e difenderlo fino alle estreme conseguenze.

Il valore è quello della scelta scout, della Promessa, ma soprattutto della Legge, la nostra Legge: “Non è giusto, e noi non lo accettiamo – dice Giulio Cesare Uccellini, detto Kelly – che ci venga impedito di vivere insieme secondo la nostra legge, che è legge di libertà, di lealtà e fraternità”. Per essere fedeli a se stessi e alla propria Legge dobbiamo essere ribelli, questo è l’insegnamento estremo del film.

Per questo le Aquile Randagie, quando il regime fascista dichiarò lo scioglimento forzato dei gruppi scout continuarono le proprie attività in modo clandestino tra i monti della Val Codera, e più tardi, dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre del 1943 diedero vita all’O.S.C.A.R. (Opera Scout Cattolica Aiuto Ricercati), grazie a cui espatriarono molti ebrei e rifugiati verso la Svizzera, salvando un gran numero di vite (circa 2.000 espatri e 3.000 documenti falsi stampati).

Le Aquile Randagie furono talmente ribelli da far valere la stessa legge scout anche per il nemico. In questo il film regala un’immagine che segue trasversalmente la trama dall’inizio alla fine, apparendo a piccoli spezzoni e trasudando da una parte l’idea evangelica di perdono e dall’altra il valore laico di giustizia: “ti lascio libero perché tu possa diventare un uomo libero” dice don Giovanni Barbareschi  al Kapò che un tempo fu suo aguzzino, mentre lo accompagna alla frontiera per consegnarlo in Svizzera: perché pur salvandolo dalle rappresaglie dei partigiani, al contempo lo affida alla giustizia dei vincitori della guerra, cioè alle truppe Alleate.

È un’immagine che fa da sfondo alla vicenda del gruppo scout delle Aquile Randagie, assieme ai panorami mozzafiato della Val Codera, dove evadere da una Milano che ha “perso la bussola”, dove bene e male si fondono in un caos generico, dividendo la popolazione tra vittime e carnefici, e una chiesa che opera silenziosa per il bene, ma non senza contraddizioni. Ma nel film c’è anche un’altra contraddizione: quella tra la fraternità scout che il gruppo vive nell’incontro con il fondatore dello scoutismo Robert Baden-Powell al Jamboree del 1937, e una guerra mondiale che di lì a poco avrebbe distrutto intere generazioni, che si sono vicendevolmente uccise nel nome di un’ideologia all’opposto di quei valori.

Il regista è riuscito a trasmettere questo e molto di più in un film ben girato, a volte un po’ scarno nelle doti di recitazione di alcuni attori, ma comunque molto significativo per contenuti e messaggio, specie se consideriamo il budget di 550.000 con cui è stato girato: un costo notevolmente più basso della media dei film di oggi, una scelta di essenzialità a cui hanno contribuito anche l’AGESCI e il MASCI. Ne sono testimonianza non solo il successo al Festival Giffoni, ma i botteghini dei circuiti di distribuzione mainstream che nel periodo di proiezione lo hanno visto secondo solo alla pellicola di Tarantino.

Se anche a Livorno è stata possibile la proiezione di questo film dal grande valore educativo lo dobbiamo a Rino Pizzonia, direttore artistico e responsabile del Teatro-Cinema Salesiani presso la Parrocchia Don Bosco di Livorno, che ha creduto fortemente nel portare a Livorno il film; ai Gruppi MASCI di Livorno e alla Zona AGESCI Scout di Livorno. “Le Aquile Randagie” è l’ennesima riprova che fare educazione con il cinema si può, e anche con ottimi risultati.

La fiamma che ravviva la nostra gioventù non morirà mai più” dice un verso del canto scout dedicato alle Aquile Randagie. Per anni generazioni di scout hanno cantato queste parole commuovendosi attorno al fuoco della sera che si sta spegnendo, personalmente è sempre stata una delle immagini più significative che mi porto dietro dello scoutismo, e adesso sono contento che grazie a quel film la sensazione di libertà vissuta tra i boschi, nell’aderire a una promessa e a una legge potrà essere percepita non solo dagli scout più giovani, ma anche da chi degli scout non ha mai sentito parlare.

Inutile dire che nel Dopoguerra lo scoutismo cattolico, prima ASCI e AGI e poi AGESCI, riprese vita dalle ceneri del loro impegno, al motto di “fedeli e insieme ribelli”, e oggi conta più di 180.000 tesserati in tutta Italia.

Resisteremo un giorno in più del fascismo”, se il fascismo è morto nel 1945 per adesso sono ben settantaquattro anni in più.

 

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