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Ai margini

Pubblichiamo il testo del nostro intervento all’incontro del 14 febbraio sul Piano Strutturale organizzato dall’associazione “per la Rinascita di Livorno”.

 

Per anni abbiamo creduto che il progresso e lo sviluppo siano sempre positivi e portatori di benessere: non è così e le conseguenze le stiamo vedendo sul nostro territorio. Per troppo tempo l’evoluzione urbana si è basata su logiche esclusivamente di tipo economico, speculativo: il vero urbanista non è stato l’uomo, ma il denaro. Il risultato è un accrescimento della città disordinato, privo di coerenza e di pensiero, estremamente frammentato, polverizzato.

Questo breve intervento s’intitola “ai margini” perché è lì che vediamo gli errori e i danni frutto del lungo sonno dell’urbanistica. La città non ha più dei confini riconoscibili, ma è piuttosto circondata da aree periurbane, cioè zone in cui la città è quasi finita, ma la campagna ancora non inizia, soffocata dai tentacoli e dalle propaggini di un tessuto urbano dai limiti indefiniti. Queste aree ormai intercluse, quasi inaccessibili e prodotto di scarto del consumo del terreno sono il risultato di più accrescimenti disordinati e settoriali, privi di visione d’insieme: sto parlando di tutte quelle infinitesime porzioni di territorio racchiuse ora da un’infrastruttura stradale e da un centro commerciale, ora da una ferrovia e un capannone industriale; sono il risultato della rinuncia a pianificare.

Chi perde in tutto questo è il cittadino: la città che si accresce in modo apparentemente caotico ci ha lasciato con dei quartieri che quartieri non sono, ma solo agglomerati di edifici, spesso esclusivamente abitazioni, privi di animo e identità, senza comunità: ostili.

Un uso scorretto del territorio genera un terreno fertile per le disuguaglianze di ogni tipo: sociale, economico, lavorativo e perfino culturale. Le perequazioni di servizi, possibilità e strutture urbane di qualità sono le nemiche di quel cittadino dato troppo per scontato: sempre più si pensa a rendere esteticamente ‘bella’ la porta della città, il punto di arrivo dei croceristi, panacea di tutti i mali. Perchè? Per i turisti e i soldi che portano, in un’autentica mercificazione dello spazio urbano in cui il cittadino è il grande assente, sacrificabile sull’altare del guadagno.

Noi giovani abbiamo sempre meno possibilità di restare ancorati alle nostre radici e alla nostra città avara di opportunità: il nostro esodo ci allontana dall’unica “terra del latte e del miele” che vorremmo, non ci conduce verso nessuna terra promessa e lascia alle nostre spalle sempre più deserto.

La diffusa e verticale mancanza di cura e rispetto nei confronti del proprio territorio sono il risultato dell’incapacità di riconoscere in esso la stessa unica possibilità delle nostre vite: oggi più che mai, di fronte alle grandi sfide sociali e ambientali del nostro tempo, c’è bisogno di capire che una città più equa e giusta parte non solo dalla sua pianificazione, ma dal grado di identificazione e coinvolgimento che il cittadino ha con essa; dalla partecipazione.

 

Le vere battaglie da vincere per sperare in un futuro migliore per le nostre comunità si combattono ai margini: ai margini della città, ai margini della società.

 

Grazie

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