21 Novembre 2024

Questa storia l’avrete sentita più o meno un miliardo di volte e l’ultima cosa che voglio fare è riproporre le solite domande trite e ritrite (cosa, vi assicuro, difficilissima), ma dopotutto è una storia che vale la pena raccontare anche un miliardo e una volta.

Per quelle sedici persone nel globo terracqueo che sono all’oscuro della vicenda dei ragazzi di Modì, ecco la storia in breve: siamo nell’estate 1984 e a Livorno si festeggia il centenario della nascita di Amedeo Modigliani, artista labronico che a Livorno è stato incompreso in vita e amato (moderatamente) sotto terra (forse questa storia l’avete già sentita). Il Comune decide di allestire una mostra e si affida a Vera e Dario Durbè, che ben presto avranno un’idea che creerà le fondamenta dei nostri “simil-eroi”. Nel 1909 Amedeo decide di lasciare una Livorno che proprio non riesce a comprenderlo  per trasferirsi a Parigi, ma prima di lasciare la sua città la leggenda vuole che abbia buttato alcune delle sue sculture nel Fosso preso dalla frustrazione.


Ideato dai Durbè e finanziato dal Comune si avvia il progetto che ha come obiettivo quello di ritrovare con delle ruspe queste sculture e ben presto arriva il colpo di scena: una ruspa tira fuori dal Fosso una testa di granito scolpita con i tipici tratti che caratterizzavano le opere di Modigliani. Il miracolo non solo è avvenuto, ma fa pure il tris. Infatti dopo pochi giorni dall’acqua ne escono altre 2. Le tre teste sono quelle di Modigliani, lo dicono i critici e su questo non ci piove. Giornalisti da tutto il mondo, libri scritti a tempo di record e dichiarazioni quasi commosse rendono il giusto onore che va tributato a tre teste scolpite da un portuale e da 3 ragazzi mortalmente annoiati. Come? Esatto.

Quelle teste non erano esattamente di Amedeo Modigliani, che probabilmente si stava contorcendo nella tomba (dalle risate), due erano state realizzate da Angelo Froglia, portuale livornese e abile falsario, che decise attraverso quelle teste di mandare un messaggio contro la “manipolazione di massa attraverso i media”, e l’altra da Pietro Luridiana, Pierfrancesco Ferrucci e Michele Ghelarducci, 3 ragazzi ventenni che con un Black & Decker guidato dalla noia estiva hanno ingannato alcuni tra i più grandi critici d’arte al mondo.

UniInfoNews attraverso la penna di Alessandro Colombini ha avuto il piacere di fare una chiacchierata con Pietro, che ovviamente ringraziamo per la disponibilità , uno dei tre ragazzi artefici dello scherzo.
Ecco di seguito l’intervista.- Quando qualcuno pensa alle teste di Modì tutta la faccenda viene subito ricollegata allo scherzo di tre ragazzi, senza pensare che voi siete gli artefici solo di una delle tre teste. La storia delle teste di Modì in fin dei conti l’avete fatta voi e gli anni hanno rinchiuso nell’angolo del dimenticatoio Angelo Froglia. Il portuale livornese dichiarò che il vostro scherzo intralciò non poco il suo gesto “polemico”. Avete mai avuto occasioni di confrontarvi con Froglia?

Le nostre vicende, pur essendo molto legate, si sono svolte sempre parallelamente e non abbiamo mai avuto occasione di incontrarci. L’unica volta che ricordi fu quando presentò il suo video da “Zio Popi” (locale di Ardenza). Io andai per curiosità, ma rimasi in mezzo al pubblico senza presentarmi.

Il vostro gesto era totalmente vestito d’innocenza o sotto un conclamato strato “scherzoso”, come avete sempre ribadito in questi anni, c’era anche la voglia di mandare un messaggio più serio?

Ho sempre detto che sarebbe stato diabolico riuscire a prevedere gli esiti, quegli esiti, per il nostro scherzo. Quindi no, confermo ancora una volta che il nostro scopo era solo di puro divertimento.

Pensate invece che, volenti o nolenti, un messaggio sia arrivato? Dopotutto in seguito numerose polemiche si riversarono sull’amministrazione cittadina per i soldi spesi e furono sollevati diversi dubbi sulla competenza dei critici d’arte che glorificarono immediatamente le presunte opere di Modigliani.

Sicuramente un messaggio è arrivato: quanto sia stato compreso ed accettato non lo so. Mi sembra che l’arte sia tuttora nient’altro che un mercato e a questo riguardo sembra che poco o niente sia cambiato. Vorrei però aggiungere qualcosa sui soldi spesi dall’amministrazione: trovo che i soldi spesi per la cultura siano sempre spesi bene, forse però sarebbe stata necessaria un po’ più di cautela ed un progetto più “scientifico”.

Oggi dell’argomento ne puoi parlare tranquillamente e con il sorriso sulle labbra, ma lì per lì ci fu un po’ di paura per essersi immischiati in una faccenda decisamente troppo grossa per dei ragazzi di 20 anni?

Non ricordo di aver mai provato paura. Sarà stata l’incoscienza dei vent’anni, sarà che avevamo la coscienza pulita, sarà che abbiamo riscosso sempre molta più simpatia che critiche ma ho vissuto tutto con estrema serenità.

Parliamoci sinceramente: quali erano le aspettative dello scherzo? A cosa puntavate?

Come spesso abbiamo raccontato, anche a costo di sembrare superficiali, le vittime del nostro scherzo dovevano essere le persone che quotidianamente si affacciavano alle spallette dei fossi per curiosare. Poi magari ci sarebbe piaciuto anche un trafiletto sul Tirreno che raccontasse la nostra bravata. Roba comunque da durare poche ore e limitata all’ambito cittadino. Poi, invece …..

In quale momento vi siete guardati negli occhi dicendo “ok ragazzi, la situazione sta sfuggendo di mano”?

Purtroppo nel momento in cui mi sono reso conto che la cosa stava crescendo oltre ogni limite e che si rendeva necessario fare qualcosa gli unici occhi che incontravo erano i miei riflessi nello specchio. Michele Genovesi, che aveva i negativi delle foto, mi sfuggiva perché non voleva decidersi a denunciare la cosa sperando che si risolvesse da sola. Quelle carogne (ride, nda) di Michele Ghelarducci e Francesco Ferrucci invece erano in vacanza a Parigi: figurati se in viaggio a quell’età pensavano a me!

Come si sente un ragazzo di poco più di 20 anni ad aver annientato con un Black & Decker dei mostri sacri dell’arte come Argan, Leymarie e Cesare Brandi?

Ho lanciato per gioco una palla di neve dalla cima della montagna. Scendendo a valle è diventata una valanga enorme che ha travolto tutto e tutti. Come non mi sono mai sentito moralmente responsabile per le carriere stroncate così non mi sono mai sentito particolarmente meritevole per gli effetti anche benefici del mio gesto. Nel bene e nel male è stato tutto frutto del caso, con il colpevole aiuto di chi aveva edificato una struttura così fragile.

Hai mantenuto i rapporti con Pierfrancesco Ferrucci e Michele Ghelarducci? Ogni tanto torna fuori l’argomento?

Dopo trenta anni la nostra storia è più viva che mai. Quest’anno poi abbiamo avuto l’incredibile omaggio della canzone di Caparezza (la canzone si chiama “Teste di Modì” e dal ritornello è stato ripreso il titolo dell’articolo, nda) con il simpatico video che ne è seguito, uno spettacolo dedicato a noi da Antonello Taurino, siamo stati ospiti dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e inviti e richieste da televisioni e giornali. Certamente il lavoro e le responsabilità non ci consentono di vederci tutti i giorni come quando eravamo ragazzi (e questo ha reso più serene tante persone) ma ci vediamo spesso e le nostre vite resteranno sempre legate a quei giorni del 1984.

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Alessandro Colombini

Nasce a Pisa il 17/01/1996 ma vive a Livorno da così tanto tempo che non era sicuro di voler far sapere le sue origini pisane. Ama il calcio di una volta, Bobby Sands ed è un grande appassionato di politica. Nel tempo libero frequenta il Liceo Classico.

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