Intervista esclusiva all’ex Ministro alla Coesione territoriale e tra i protagonisti del dibattito interno al Pd, Fabrizio Barca.
Dottor Barca qual è il suo giudizio sui risultati elettorali di lunedì?
“Segnalano secondo me due cose: una grave ed un segnale per il Pd. Quella grave è una disaffezione che nessuno poteva prevedere, una sfiducia anche nei confronti del Movimento 5 stelle che era stato considerato da molti come una speranza e questa non è una buona notizia. In questa sfiducia, ed è il secondo dato, la qualità dei candidati del Pd ed una maggior fidelizzazione, nonostante l’esito imprevedibile e negativo del risultato elettorale nella caduta dei consensi di tutti i partiti, ha permesso al Pd di perdere meno voti degli altri”.
Invece qual è la sua opinione sui primi provvedimenti del Governo Letta?
“Io penso che il Governo Letta sia un governo di compromesso, quindi non di innovazione, in questo caso, tra Pdl e Pd; questo vuol dire che ognuna delle due forze cerca di fare il possibile per realizzare la propria lista di obiettivi. Per ora è stata scorsa la lista, perlomeno negli annunci, del Pdl per quanto riguarda l’Imu, in termini di sospensione, vedremo se il provvedimento potrà essere almeno correttamente perequato rispetto alla progressività. Il Pd è riuscito a segnalare l’importanza della cassa integrazione in deroga, il cui mancato rifinanziamento sarebbe stato drammatico. Queste sono le cose più concrete. Un segnale importante da dare, che attende però ancora conferma, riguarda una posizione forte nei confronti dell’Europa, nella richiesta di flessibilità del patto di stabilità per quanto riguarda gli investimenti pubblici in Italia. Per il resto aspettiamo”.
Nell’ambito del congresso del Pd, tra le proposte in campo lei vede qualcuna più vicina al suo documento politico, con riferimento alle probabili candidature, ad esempio, di Cuperlo o Chiamparino?
“Credo che vadano giudicati i contenuti e non le persone, anche come modo di uscire da questo personalismo terribile che caratterizza questa fase; si tratta di vedere quali sono le mozioni. Io mi auguro che dal partito nel suo complesso, a partire dai più di 4.000 iscritti che ho incontrato in quasi trenta incontri in giro per l’Italia, possa venire la richiesta che, chiunque sia il segretario, possano essere soddisfatti alcuni requisiti minimi per la costruzione di uno spazio di confronto e di ricostruzione della forma di partito”.
Secondo lei quali sono gli elementi essenziali per la rinascita di una sinistra in Italia?
“Lavorare, per prima cosa, sulla sottoutilizzazione del Partito democratico, un partito che ha un grande potenziale. Ci sono alcuni fronti precisi di impegno: ricostruire un’identità culturale che ha radici che si incontrano anche in Europa, quelle del liberal-azionismo, del socialismo e del cristianesimo sociale. Queste famiglie politiche si sono incontrate nella costruzione europea in una politica importante, quella della coesione, nelle persone di George Thomson, Jaques Delors e del nostro Giolitti, quindi si può tornare a ragionare su queste culture. Bisogna darsi poi un’organizzazione, che oggi è carente, e lavorare in questo modo ad una selezione dei gruppi dirigenti interni e poi dei candidati alle elezioni, che sia compiuta sulla loro effettiva capacità di mobilitare le persone, tirare fuori soluzioni, mediando tra visioni diverse e non formando liste inventate all’ultimo”.
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