E’ rimasto ben poco di cui andare orgogliosi, ma abbiamo sempre avuto un documento inattaccabile, a tratti divino, sicuramente dogmatico: la Costituzione della Repubblica Italiana.
Partorita al termine di una brutale esperienza dittatoriale, la Costituzione riunì in sé stessa varie anime tramite innumerevoli compromessi, con un unico fondamentale obiettivo: evitare che esperienze come quelle fasciste si potessero mai ripetere nella nostra nazione. Obiettivo ampiamente raggiunto. Peraltro, per i tempi la nostra Carta Costituzionale era radicalmente innovativa, promotrice di istanze allora sconosciute, dotata di un’elasticità che le consentiva di sopravvivere ai cambiamenti senza colpo ferire; essa costituì addirittura un esempio per le Costituzioni successive dei paesi europei e in certi casi sudamericane.
Questo ha nel tempo consolidato un assioma, sempre più saldo e sempre più stolto: che la nostra Costituzione fosse la migliore del mondo. Addirittura. Lo stesso Benigni ce lo ha ricordato recentemente, cantore di una sana e purtroppo deperita cultura popolare (nel senso sentimentale del termine), e molti costituzionalisti ce lo ricordano continuamente avvalendosi di autorevoli testate giornalistiche. Siamo infine giunti al paradosso: la nostra Costituzione non si può toccare. La Costituzione della Repubblica Italiana non può essere toccata perché, se fosse toccata, sicuramente sarebbe stravolta in senso restrittivo, a danno del cittadino.
I costituzionalisti buonisti, piuttosto, si limitano a dire quanto ripetuto, tra gli addetti ai lavori, fino a diventare una filastrocca: la seconda parte può e deve essere ritoccata, la prima è immutabile, perpetua, eterea, inamovibile, cristallizzata.
Eppure, proprio la prima parte avrebbe bisogno di un corposo intervento. Sicuramente la seconda parte deve essere ritoccata, e deve essere quantomeno aggiornato il quadro di organizzazione del nostro Stato, ma in tema di diritti il cammino tracciato, pur molto abbozzato rispetto ad altre realtà europee, ha comunque compiuto passi da gigante cui la Costituzione non può più far fronte, se non con arditi slanci interpretativi. Dovremo smetterla di ancorare, in definitiva, lo sviluppo del complesso di diritti ad un’interpretazione estensiva degli artt. 2-3 Cost. (vedi MORTATI).
Penso all’art. 9 della Costituzione, insufficiente e che necessita, a mio avviso, un contenuto leggermente più esaustivo; penso alla necessità di inserire una norma chiara ed univoca all’interno dei Principi Fondamentali che regoli finalmente l’inserimento dell’Italia nell’Unione Europea; penso ad una tutela della libertà sessuale che sia scandita nero su bianco all’interno della Costituzione, anch’essa all’interno dei Principi Fondamentali; penso alla necessità di definire finalmente il diritto alla riservatezza. Ancora, è ineludibile scandire a chiari toni un diritto alla rete (vedi RODOTA’); è opportuno intervenire in materia sindacale e porre finalmente la parola fine alle controversie in materia; sarebbe doveroso intervenire sulla nozione di famiglia, ancorata ad una visione ormai vecchia e scardinata e non inclusiva; sarebbe infine opportuno riaffermare con forza il diritto di critica nel quadro di libertà di manifestazione del pensiero.
Sono tutti interventi che richiederebbero un enorme sforzo giuridico ed una cultura sterminata, ma credo i tempi siano maturi.
Lo Stato non deve essere colto impreparato. La nostra non è la Costituzione più bella del mondo, è forse la più brutta dell’Europa Occidentale.
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