E’ vero, oggi non è nessun anniversario “artistico-culturale”. E quindi un articolo per la mia rubrica non dovrebbe uscire. Ma, a qualche chilometro da qui, dalla mia scrivania, nella giornata di ieri, è accaduto un disastro (non sto esagerando, perché lo è davvero) che mi colpisce da vicino, e non potevo non parlarne. La cosa che più mi ha sconcertata e indotta a parlarne in realtà, è stato notare come la notizia non abbia avuto grande rilevanza a livello dei media; quando crolla un muro di Pompei ne facciamo un affare di Stato (giustamente, non fraintendetemi, per carità!) e chiediamo a gran voce le dimissioni del ministro di turno (come se fosse solo colpa sua, ma questo è un altro discorso), ma di questo disastro nessuno ne parla. Come mai? Ci sono Beni Culturali di serie A e serie B? Ci sono luoghi che fanno audience e luoghi di cui non interessa a nessuno? Spero proprio che non sia così. Il silenzio dei media, l’indifferenza dello Stato (avete forse letto qualche parola da parte del neo ministro dei Beni Culturali?) e l’inconsapevolezza dei cittadini, ma anche e soprattutto quello che per me significa l’acropoli di Volterra e la bellezza e importanza di edifici e reperti che lì si trovano e da lì provengono, mi hanno convinta ad affrontare l’argomento, con un po’ di timore reverenziale (e anche da studente) per l’argomento. Comunque, avrete capito di cosa sto parlando: del crollo (il secondo in poco più di un mese in realtà) delle mura di Volterra.
Ad essere sinceri, del primo crollo, quello del 31 Gennaio scorso, se ne è parlato molto: crollarono quel giorno, a causa delle forti piogge, 30 metri di mura medievali, portando con sé la strada attuale e rendendo inagibili molte abitazioni, il tutto a soli 100 m dalla Porta Etrusca di IV secolo a.C. Ma ieri, forse presi dall’euforia della grandiosa vittoria de La Grande Bellezza, pochi hanno parlato del nuovo crollo, quello dello sperone delle mura settecentesche che sorreggevano la sommità della collina, su cui sorge l’Acropoli Etrusca (Pian di Castello, nel parco Enrico Fiumi). Probabilmente, l’evento mi ha colpita così tanto proprio perché credo di sapere cosa sta esattamente sopra quel tratto di mura. Già, avete letto bene: proprio sopra il crollo insiste l’acropoli.
La città di Volterra ha fatto moltissimo per evitare quello che poi è accaduto, sono state prese misure per contenere il crollo del bastione che domina(va) Piazza Martiri della Libertà e che conteneva la “collina sovrastante la collina”, Pian di Castello; sono stati impiegati tiranti in ferro e già da sabato 1 Marzo e domenica 2 marzo è stato messo sopra al bastione un telo impermeabile; è stato effettuato il disboscamento dell’area situata nella parte superiore delle mura, quella più vicina agli scavi archeologici su cui sono stati posti altri teli. Alla base delle mura sono stati posti geoblocchi in cemento per contenerne lo spostamento verso l’esterno. Nel primo pomeriggio di lunedì è iniziata l’operazione di alleggerimento della pressione sul muro con lo smantellamento delle pietre, settecentesche. Purtroppo non è servito, e nella serata di ieri alcuni giornali della provincia di Pisa hanno pubblicato on line le foto della terra franata sopra il parcheggio sotterraneo.
E non ho potuto non tremare al pensiero di cosa poteva succedere. Per farvi capire meglio la mia ansia (che evidentemente qualcuno non condivide, e la cosa mi rattrista), voglio quindi raccontarvi molto in breve quello che potete trovare lassù, scusandomi in anticipo per l’estrema sintesi e i grandi salti temporali, e premettendo che mi attengo ai dati già pubblicati, anche se in realtà negli ultimi anni ci sono state altre importanti scoperte.
L’Acropoli etrusca, scavata nel 1927, poi nel 1969-1971, dal 1987 è oggetto di scavi annuali ad opera dell’Università di Pisa, è un’ampia area sulla sommità del colle che ha una continuità di frequentazione dall’epoca etrusca a quella medievale, con elementi settecenteschi che interferiscono con le strutture (ad esempio, un crollo della collina, uno degli ormai tre che la hanno interessata). Nel VII secolo a.C. si inizia a caratterizzare come area sacra, con la presenza dei primi oggetti votivi e la costruzione di un primo tempio nel V secolo a.C. di cui rimangono solo poche strutture murarie al di sotto di un accumulo di macerie, in cui sono state rinvenute le decorazioni in terracotta del tempio, in particolare tre antefisse (decorazioni del tetto), un volto femminile ispirato a quelli classici e due maschili ispirati a quelli di Caere, che in base allo stile sono state datate alla fine del VI secolo a.C. – inizi del V secolo. Alla metà del IV secolo probabilmente questo tempio fu ricostruito o almeno riparato, come indicano i ritrovamenti di elementi decorativi risalenti a questo periodo, e qualche decennio prima fu risistemata anche l’area circostante con la messa in opera di un nuovo selciato sopra quello preesistente. Poco dopo l’area viene terrazzata e recintata in modo da ottenere una sorta di corte per il tempio. L’area attraversa varie fasi storiche e vede vari rifacimenti e costruzioni, ad esempio tra IV e III secolo la spianata di macerie del tempio più antico e la costruzione di vasche per il culto, ma le fasi principali sono quelle di III-II secolo a.C., con la costruzione prima dei due templi principali dedicati a Tinia e Uni (i corrispettivi etruschi di Zeus ed Era, i cui templi non dovevano mancare in una città etrusca, assieme a quello dedicato a Menerva, cioè Atena) detti tempio A e tempio B (in parte crollato) e poi di un tempio secondario sul lato ovest della collina (dal lato del crollo odierno, per capirci) da cui proviene l’affresco in primo stile pompeiano opera di autori greci, elemento insolito in quella che viene definita l’Etruria Propria (attuali Toscana e Lazio settentrionale), il tutto circondato da un muro detto temenos, che separava l’area sacra dal resto della zona.
Il tempio A, che in realtà risale alla seconda metà del II sec. a.C. e quindi è il più recente dei due templi principali, comprendeva una cella chiusa, circondata su tre lati da colonne, alla quale si accedeva da una scalinata sulla facciata del tempio, una pianta quindi di origine greca e non locale, forse un simbolo di rottura con la tradizione e in quanto tale carico di significato per i suoi realizzatori. In situ si sono conservati i blocchi del podio (il basamento), in arenaria grigia modanata, e si conservano anche alcuni elementi della decorazione architettonica. Sotto il podio, una cisterna profonda 8 m.
Il tempio B, seconda metà del III sec. a.C., è posto sul margine settentrionale dell’area. Era questo un edificio detto tuscanico, cioè etrusco tradizionale. Era composto di due parti, di uguale grandezza: una cella chiusa posteriore, detta pars postica, completata sul fronte da un colonnato di tre file, ognuna di quattro colonne, detto pars antica. Il tempio si ergeva su un podio, accessibile tramite una scalinata sul lato anteriore di cui rimane un gradino, che poggiava su una pavimentazione in selciato probabilmente risalente alla fase più antica. I materiali di costruzione erano deperibili: legno e argilla, mentre la copertura dell’edificio, in tegole, includeva terrecotte architettoniche modellate a mano e a stampo. Alle sue spalle (e quindi sul lato ovest) si trovano altre strutture sacre, dette recinti al cui interno erano quelli che vengono definiti botroi, cioè veri e propri fori nel terreno in cui venivano gettate offerte e sacrifici agli dei. I due templi principali sono divisi da una sorta di viottolo su cui parte di una rampa di epoca medievale. Il tempietto più piccolo, probabilmente dedicato a Demetra, è in corso di studio. L’area sacra è stata rimaneggiata e presenta anche strutture romane e medievali. Nel corso del I sec. a. C. nell’area sacra furono infatti compiuti alcuni interventi, fra cui la costruzione delle nuove cisterne in opus caementicium e la sistemazione dello spiazzo antistante il tempio B, ma gli edifici non subirono sostanziali modifiche.
La zona cessò di essere frequentata nella prima metà del III secolo dopo Cristo, poiché sono state trovate una moneta di Alessandro Severo (231-235 d.C.) e una di Gordiano III: in quest’epoca deve essere avvenuto l’abbandono e poi la distruzione dell’area sacra. Abbiamo poi una sorta di pausa, e la frequentazione riprende nel X secolo d.C., per la presenza di ceramiche di questo periodo. I resti dell’abitato medievale si concentrano nella zona nord dell’acropoli, perché la zona sud-ovest è stata distrutta dai fiorentini alla fine del 1400, dopo l’assedio della città. Sicuramente l’urbanizzazione dell’area avviene nel XIII secolo, e si basa sulle strutture antiche che ancora dovevano essere visibili, riutilizzandole o recuperandone l’orientamento, e viene costruita anche una torre affiancata da un pozzo e da un ambiente interrato realizzato utilizzando le fondazioni di edifici classici. Si trovava in questa zona infatti la Contrada di Castello, quindi un vero e proprio quartiere abitativo.
Insomma, sapere che sopra a quel bastione settecentesco crollato sta una storia che comincia nel VII secolo a.C. e prosegue ininterrottamente fino al ‘500, e poi nel ‘900 con l’inizio degli scavi e la realizzazione del bellissimo parco circostante… pensare che pochi metri più a est della terra franata stanno edifici che sono stati sacri per secoli che hanno rischiato di essere distrutti per sempre… e vedere che nessuno ne parla, come se i muri delle domus di Pompei fossero più importanti (badate bene, non sto dicendo che non lo sono, ci mancherebbe! Sto dicendo che mi sembra ingiusta questa “scala di priorità” per i media e l’opinione pubblica, dato che sono cose fondamentali per la nostra storia, tutte quante) mi fa preoccupare: forse l’archeologia nel nostro paese è ancora considerata quella di Indiana Jones e degli edifici intatti, ma il mondo che vi sta dietro è altrettanto affascinante e meraviglioso, ve lo garantisco. In primis, il mondo che sta sopra Pian di Castello, Volterra.
Giulia Bertolini
Fonti: Il Tirreno Pisa
Volterra. l’Acropoli e il suo santuario, M. Bonamici
Gli Etruschi, G. Camporeale
Comments