Recensione de Lo Spaccone
Come nella letteratura, nell’arte o nelle varie discipline artistiche anche nel cinema, quello vero si intende, esistono dei classici indimenticabili, realizzati ormai da tempo, ma non per questo lasciati andare nell’oblio, ma che anzi risultano esser lavori sempre attuali e di grande interesse. Il caso calza a pennello quando abbiamo tra le nostre mani un film come Lo Spaccone (The Hustler), realizzato nell’anno 1961 e girato in bianco e nero, quando ormai alle porte iniziano ad esserci i le pellicole a colori; Il lungometraggio vanta un grandissimo cast ed offre senza dubbio una storia curata fin nel minimo dettaglio! Rimanete con noi e proseguite la lettura dell’articolo se volete saperne di più su uno dei più bei film della storia del cinema.
La vicenda vede protagonista Eddie (Paul Newman) detto “Lo Svelto”, uomo dalle grandi doti nel gioco del biliardo, che non aspetta altro, assieme al suo compare Charlie, di sfidare il grande campione Minnesota Fats. Una volta giunti nella sala e dato inizio al “duello” si assisterà alla sfida che vede i due grandi giocatori combattere per la vittoria fino allo stremo delle forze. Da una parte c’è il giovane Eddie, con il suo atteggiamento da spaccone e un po’ troppo pieno di sé, dall’altra il campione Minnesota, che sfoggia con tutta la sua (innaturale) tranquillità il suo talento, portando l’avversario a gli estremi delle sue capacità. Dopo una dura sconfitta subita da Fats, Eddie seguirà percorso di formazione e maturazione che lo porterà a conoscere la giovane Sarah (interpretata da Piper Laurie). I due, cercheranno di tirare avanti, in un modo o nell’altro, fino a quando Eddie non rientrerà nel mondo del gioco, del biliardo, convinto che un giorno, non lontano riuscirà ad ottenere la sua rivincita!
Pensare a Lo Spaccone come un film che si avvicina ad un opera di formazione ed evoluzione non sarebbe poi un grande azzardo poiché in fin dei conti ci troviamo davanti ad una pellicola che mette in luce una storia che principalmente parla con semplicità a tutti e vuole mostrare senza tanti giri di parole una lunga serie di tematiche (o aspetti della realtà) care al regista quali: le crudeltà ed avversità del destino, le difficoltà della vita, le conseguenze dell’arroganza e della superbia. Già dal primo “duello” tra Eddie e Minnesota si ha una chiara visione di quello che è la classe, l’eleganza e l’arroganza di un ragazzo, troppo preso ad ammirare se stesso invece di prendere sul serio non solo il gioco, ma anche l’avversario e metaforicamente la propria esistenza (elemento che poi riprenderà Scorsese anche in “Il Colore dei Soldi”). I sogni spezzati e la personale tragedia che deve affrontare il protagonista dinanzi al tavolo da gioco sono esperienze umane comuni a tutti, in un modo o nell’altro, che vengono approfondite ancora di più quando ad esse si uniranno anche quelle della sua stessa vita: la povertà, la difficile relazione con una donna, la dipendenza dagli alcolici e dal biliardo. La pellicola è tutta un lungo susseguirsi di vari mutamenti interni, sempre orchestrati in modo giusto, logici ed equilibrati; inoltre è bene specificare che ci troviamo di fronte un immenso e intenso Paul Newman che, non lasciando mai nulla al caso, si conferma ancora una volta un’attore capace di fare dei suoi personaggi delle vere icone indimenticabili (un po’ come era accaduto per “Nick Mano Fredda“), riuscendo sempre ad essere ricco di quelli sguardi a volte colmi di ira e disperazione, ma continuamente animati da quella voglia primordiale di farsi valere e riscattarsi che caratterizzano appieno la figura di Eddie e ne fanno un personaggio a tutto tondo.
Rossen oltre all’avidità e al gioco vuole sottolineare anche le relazioni con le persone, sopratutto quella del protagonista con la giovane Sarah (una eccellente Laurie), personaggio inizialmente debole, ma che si rivelerà essere anche l’unica donna in tutto il film e l’unico personaggio capace di capire ciò che realmente accade nella vita del suo compagno. Proprio per questo motivo la sua Sarah Packard, così ingenua ed al contempo sincera, è la vera chiave di lettura di tutta l’opera, l’elemento dove al cui interno risiede il messaggio che l’autore vuole dare al pubblico, la critica che vuole smuovere al mondo, mostrando una società ormai sconfitta da una vita mondana e stanca di tutto ciò che le sta attorno e che proprio con la morte cerca una sorta di sollievio o via di fuga. Ed è proprio dal baratro della disperazione e del dolore che Eddie riesce ad emergere, pur mostrando gli effetti nefasti di una vita vissuta sull’orlo della morale e della sofferenza, rivelandosi infine essere un uomo ormai distrutto, non più quel ragazzo pieno di arie e presuntuoso, ma un essere sconfitto dalla società e nauseato da quest’ultima, tuttavia pur sempre conscio di ciò che è la sua esistenza, consapevole di quel che ha perso per un suo vizio, per il suo egoismo ma sopratutto (e qui sta la terribile presenza del destino e al contempo la grande beffa) per una partita di biliardo. Alla fine egli da tutto ciò ne esce totalmente distrutto, in particolar modo dal senso del rimorso e dal semplice fatto che l’unica cosa importante della sua vita non potrà più tornare indietro. Robert Rossen fa barattare il talento con la vita al suo protagonista, impartendo a noi tutti una dura lezione, insegnandoci che tutto ha un prezzo e quel che siamo lo dobbiamo pagare a volte in modo assai caro.
Al di là, quindi, di una morale crudele e una storia indubbiamente ben realizzata, va fatto un plauso anche alla regia di Rossen, capace di mettere in luce gli aspetti più disparati dell’America del suo tempo, tenere alta l’attenzione dello spettatore mostrando, per esempio, 15 minuti consecutivi di partite di biliardo e mettendo in luce le conseguenze che possono portare sia la grandezza che la caduta, se non controllate e moderate da una giusta dose di accortezza. Perché, dunque, elogiare tanto Lo Spaccone? Forse non sarà la prima pellicola a parlare di un personaggio come Eddie “Lo Svelto”, a non mostrare gli eccessi di una società trasandata e disperata, a non rivelare personaggi estremi e derelitti, ma è di sicuro un lavoro realizzato egregiamente, un’opera curata e recitata a dovere.
Per la regia di Robert Rossen, Lo Spaccone è ancora oggi un film degno di nota, più che attuale, una pietra miliare da cui molti famosi cineasti ancora prendono spunto (in primis Martin Scorsese), capace di guardare e parlare al presente come poche pellicole sanno fare e che riesce a trovare uno spazio nei giorni nostri grazie anche a quella grinta che Eddie (con il volto ed il talento di Newman) mette nel cercare di battere il suo grande avversario Fats; ma al contrario di quest’ultimo, la grinta e il senso di denuncia del film risulta essere, assieme alla sua storia, la carta vincente, il biglietto d’entrata che permette alla pellicola di prendere posto nell’olimpo del Grande Cinema, quello eterno, che non verrà dimenticato, perché se un giorno si dovesse perdere una partita da biliardo come quella fatta da Paul Newman e Jackie Gleason vorrebbe dire, proprio come accade nel 2008 alla morte del grande attore Americano, che nel firmamento cinematografico mancherebbe uno dei suoi astri più luminosi.
Claudio Fedele
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