21 Novembre 2024

…Se fossi come m’hai sognato?

A distanza di un secolo dalla prima al Teatro Costanzi di Roma, “Il Piccolo Marat” di Pietro Mascagni ritorna a Teatro in un anno carico di transizioni e cambiamenti ma non per questo incapace di regalare sorprese. La città natale saluta il suo Maestro con grande aspettativa e, soprattutto, con grande voglia di tornare a sedersi sulle poltroncine rosse difronte al manto amaranto del sipario: una platea poliedrica e ricca di età diverse ha accolto la riedizione dell’opera tra mascherine e occhi sorridenti, pronta a sostenere una fra le categorie più colpite dalla pandemia attuale e celebrare il famoso concittadino. L’antica sapienza del creare e sviluppare un legame emotivo, del quale il teatro si fa portatore da secoli, viene colta dal popolo livornese verso il suo Maestro con ovazioni tali da ottenere il bis, itinerante, del famoso duetto centrale al secondo atto e da far concludere lo spettacolo con svariati minuti di applausi.

Una scelta non casuale e non facile quella di riportare in scena quest’opera, rimasta in sordina dal 1989, soprattutto in questo momento in cui l’arte può davvero avere un ruolo direttivo nella coscienza sociale.
L’edizione, dedicata alla memoria del Maestro Antonio Bacchelli, è stata prodotta e curata con un nuovo allestimento dalla Fondazione Teatro Goldoni di Livorno e vede la bacchetta di Mario Menicagli a dirigere l’Orchestra della toscana. Particolarmente apprezzati dal pubblico sono stati il tenore Samuel Simoncini, interprete del Piccolo Marat, e il soprano Valentina Boi con una Mariella da un timbro leggermente più scuro ma che non tradisce sulle note più alte e che rende molto bene l’energia tipicamente giovanile. Degni di interesse sono stati anche , l’”Orco”, Andrea Silvestrelli, il Carpentiere, Alberto Mastromarino, e la spia, Alessandro Martinello.


Lo spettacolo inizia con una bambina vestita di rosso, che rivedremo anche in chiusura, che guida e filtra la lettura simbolica di questo libretto di Giovacchino Forzano in verso un’ottica di speranza. Il tema, ispirato da Noyades di Nantes di George Lenôtre e Sous la terreur di Victor Martin, rivela che durante gli anni del Terrore della Rivoluzione, dove la violenza era il pane quotidiano e le disparità sociali il triste condimento, il protagonista della vicenda può essere il concetto di Amore che riesce a trovar la sua via: il Piccolo Marat, in realtà Principe di Fleury, riesce a salvare sua madre e la sua amata Mariella, salvandosi lui stesso grazie all’aiuto del carpentiere.

Ph Augusto Bizzi

La scenografia, di Sarah Schinasi, figlia d’arte rientrata anch’essa nella sua città, conferisce un’aura fredda, un sottotono particolare che finalizza l’azione degli attori e ricorda che Il Piccolo Marat ha i “muscoli d’acciaio“, come diceva Mascagni. Interessante la scelta, di William Orlandi, di connotare col colore rosso, non casuale, sia la bambina che la prostituta: la figura femminile si presenta quasi come un cerchio che si ricollega al fine dell’azione, pratica o acclamata attraverso il continuo rimando alla Vergine Maria, madre di tutte le madri. Nel primo atto il Coro del Teatro Goldoni, diretto da Maurizio Preziosi, presenta una folla grigia, come solo la fame può rendere, capace però di emanare l’energia di rivalsa popolare nata da difficoltà indicibili e miseria quotidiana; poi ecco l’espediente del Piccolo Marat che salva Mariella e si fa arruolare per salvare la madre, sfruttando il doppio gioco nelle carceri.

Non è mai facile introiettare nel proprio contesto culturale un’opera nata un secolo fa ed anche in questo risiede la magia del teatro: nell’incanto della scena possiamo vedere un Marat ambientato in un contesto dal sapore post-industriale, ben diverso dall’originale, che riesce comunque a toccare le corde giuste per favorire il canale psicoemotivo, permettendo al contempo una presenza scenica da parte degli attori che, pur seguendo il taglio cinematografico conferitogli da Forzano, mantengono pose dal sapore novecentesco, con movenze a tratti lente e plastiche.

Ph Augusto Bizzi

Molta importanza è stata data anche alla progettazione luminosa, seguita da Christian Rivero, capace di sottolineare, se non

addirittura di “ritagliare“, intere scene di attorialità: Mariella e il Principe, emersi dallo sfondo nero sono ri-tonalizzati verso lo spettro caldo, differentemente dalle scene di violenza, più virate verso il freddo, e dal terzo atto teso a sottolineare l’azione finale. Il carattere mascagnano, irrequieto e impetuoso, porta ad un climax drammaticamente ascendente verso il terzo ed ultimo atto, dopo aver lentamente svolto il passaggio dal contesto corale iniziale a quello dinamico centrale.

Un tema particolare, quello delle rivoluzioni sociali, che stuzzicava il Maestro da tempo ma del quale non riusciva ad esser convinto: come far cantare un Robespierre in teatro e narrare queste vicende? Da questi dubbi nacque un’opera che svela la sua complessità a livello armonico, attoriale e operistico mostrando al contempo l’abilità di Mascagni. Ancora oggi si presta ad un doppio livello di lettura se ben si pensa alle simpatie che il Maestro ebbe verso le occupazioni degli operai del Cantiere Orlando di Livorno nel 1920, un anno prima dell’uscita dell’opera e della fondazione del Partito Comunista: col senno storico si può intuire quel riflesso proprio degli anni di fermento che avrebbero portato di li a poco a grandi cambiamenti nel contesto italiano.


Oggi, vivendo anche noi in un’epoca di cambiamenti, il passaggio finale in platea degli attori più giovani sembra ricordarci che l’arte non è viva se non vive negli spettatori e che ogni epoca può essere ‘rivoluzionaria’ a suo modo se decide di agire per il bene collettivo.

Uscendo dalla sala rimane il sapore della speranza che questo sia solo il preludio di una stagione di successo e ripresa per la categoria della quale la Fondazione Teatro Goldoni può farsi volano operando, magari, scelte a loro modo ‘rivoluzionarie’.

 


Teatro Goldoni – Stagione lirica 2021-22
IL PICCOLO MARAT
Dramma lirico in tre atti su libretto di Giovacchino Forzano
Musica di Pietro Mascagni

Livorno, 10 e 12 dicembre 2021

L’Orco Andrea Silvestrelli; Mariella Valentina Boi; Il piccolo Marat Samuele Simoncini; La mamma Silvia Pantani; Il soldato Stefano Marchisio; La spia Alessandro Martinello; Il ladro Pedro Carrillo; La tigre Michele Pierleoni; Il carpentiere Alberto Mastromarino; Il capitano dei marats Carlo Morini; Il portatore d’ordini Luis Javier Jiménez García; Prima voce Marco Mustaro; Seconda voce Simone Rebola

Direttore Mario Menicagli; Maestro del coro Maurizio Preziosi; Regia Sarah Schinasi; Scene e costumi William Orlandi; Light designer Christian Rivero; Orchestra della Toscana; Coro del Teatro Goldoni di Livorno; Nuovo allestimento e produzione Fondazione Teatro Goldoni Livorno

Ph Augusto Bizzi
Foto in loco
La conclusione dello spettacolo
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Chiara Lo Re

Scrivere per documentare, scrivere per imparare, scrivere per comunicare.
Dallo studio al lavoro, dalla curiosità all'immagine, sempre alla ricerca di ciò che ancora non c'è: scrivo vivendo, strada facendo.

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