Recensione di Sherlock
Episodio 1 – Stagione Terza
The Empty Hearse
Nel giro di due anni Sherlock è passata da essere una serie tv prodotta dalla BBC di buon successo ad un vero e proprio fenomeno di culto non solo tra i fan del più famoso investigatore privato mai (in)esistito, ma sopratutto tra quella larga fetta di pubblico che grazie a questa neo reinterpretazione degli scritti di Conan Doyle ha potuto rispolverare, scoprire o conoscere per la prima volta il celebre genio che con il suo braccio destro Watson ha tinto di giallo le strade di Londra. Quanta agonia, quanto desiderio, ma sopratutto quanta attesa è stata chiesta ai fan, prima a causa degli impegni dei due attori protagonisti, in particolari modo Freeman che aveva un gran da fare sui set de Lo Hobbit, poi per il continuo rimandare la data di messa inonda, eppure, alla fine, l’anno nuovo si presenta a noi con il primo episodio di Sherlock accontentando di fatto, tutti gli appassionati!
Scritto da Mark Gatiss (che interpreta anche il fratello maggiore di Holmes: Mycroft) e diretto da Jeremy Lovering, The Hempty Hearse ha dalla sua il merito di non prendere assolutamente sotto gamba il fenomeno tempo e tutti i fan che si sono riversati nella visione dei sei episodi precedenti; in questo modo la sceneggiatura si concentra, in questa prima parte, principalmente sulla figura di Sherlock, dando il via (fin da subito) ad una sequenza ricca di adrenalina la cui funzione è quella di spiegare la presunta morte del famoso investigatore. Questo aspetto sarà, più o meno, presente per tutta la durata dell’episodio rappresentandone uno degli elementi portanti, dove sia Watson (che nel frattempo ha lasciato Baker Street e trovato una fidanzata) che gli altri personaggi vorranno sapere come abbia fatto Holmes a rimanere e in vita e come abbia passato gli ultimi 24 mesi della sua esistenza. Mettetevi l’animo in pace, come già si era vociferato tra le schiere dei fan, la morte/resurrezione di quest’ultimo rimarrà (quasi) un mistero!
C’è, inoltre, da annotare come questa terza stagione voglia, ancor più delle altre, mettere l’acceleratore sulla componente cinematografica, citando pellicole ormai note in tutto il mondo o blockbuster appena sfornati quali ad esempio Skyfall (dove il richiamo è palese!) o Star Trek – Into Darkenss per poi finire nel realizzare scene ricche di pathos un po’ alla James Bond o alla Mission Impossible.
Questo “nuovo” Holmes non ha perso assolutamente niente, durante questa lunga pausa, a cominciare dalla fastidiosa (a volte persino irreale) intelligenza per poi arrivare a quella dose di fascino british che l’ha sempre caratterizzato, molto più, ad esempio, della controparte cinematografica dove vedeva protagonista Downey Jr. . Riempiendo il primo atto di una sfumatura politica che riprende in analisi il terrorismo e la paura che si respira nella capitale inglese (ammiccando al 5 Novembre e agli attentati del 2005), Gatiss non si dimentica di mettere da parte i battibecchi e la “dura” relazione tra il dottor John Watson e Sherlock Holmes, interpretati perfettamente da Freeman e Cumberbatch e seguiti dalla new entry Amanda Abbington, che presta il volto in modo convincente alla simpatica Mary (la neo fidanzata di Watson) sulla quale, tuttavia, ancor troppo poco sappiamo.
Tecnicamente Lovering fa un lavoro costellato di alti e bassi, abusando a volte di rallent y i quali, se da una parte contribuiscono a rendere epica la sequenza e dare maggior enfasi riguardo a ciò che viene fatto, dall’altra, alla fine della corsa, sembrano essere un po’ troppo presenti e risultare noiosi come le incessanti deduzioni del geniale detective. Al di là di queste lacune il tutto, nel complesso, funziona abbastanza bene, soffermandosi, forse, troppo sulla psicologia del protagonista e sul rapporto con il suo miglior amico con annesso, di conseguenza, il suo misterioso ritorno, ma si sa, la resurrezione di un personaggio come Sherlock Holmes non può passare inosservata tantomeno stavolta, quando milioni di persone da tempo hanno dato vita alle più strampalate ipotesi.
Sherlock torna in gran forma, in un episodio che stavolta non punta tutto sul solo elemento investigativo (allontanandosi anche dal manoscritto), ma che cerca di allestire uno spettacolo ben gestito, con un valido script, dove ad essere celebrato è essenzialmente il ritorno dell’investigatore e che forse, accusa un po’ troppo di una eccessiva lentezza in alcuni passaggi dedicati ad approfondire una figura su cui, dopo ben 6 episodi, si sapeva già abbastanza; niente di irreparabile alla fine dato che The Hempty Hearse offre comunque momenti ricchi di ironia, suspance e si riallaccia perfettamente all’ultimo episodio della season precedente. Non rimane che aspettare il prossimo e sperare che tutto quel buono che si è visto in questi 90 minuti riesca a ripetersi e migliorarsi!
Claudio Fedele
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