Nel suo ultimo rapporto semestrale sulle politiche valutarie, il Tesoro americano ha per la prima volta esplicitamente criticato i surplus commerciali tedeschi, mettendoli sullo stesso piano di quelli cinesi come fattori di destabilizzazione dell’economia mondiale.
Il loro crescente surplus commerciale ha fatto da contraltare al deficit americano, contribuendo quindi agli squilibri globali che hanno indebolito l’economia mondiale negli anni precedenti alla crisi. Ciononostante, negli ultimi anni i due Paesi sembrano perseguire strategie opposte.
Se, da un lato, la Cina ha mostrato, sin dai primi anni del secolo, la volontà di transitare la propria economia da un prevalente carattere esportatore ad una con preminenza del consumo interno, con l’introduzione nei piani quinquennali di innumerevoli riferimenti alla necessità di bilanciare la crescita dando maggior peso alla domanda interna, dall’altro, la “locomotiva” d’Europa rimane fedele alla propria dottrina che si basa sulla compressione della domanda interna (pubblica e privata), su di una competitività basata sulla qualità, ma anche sulla compressione di prezzi e salari, e su una crescita trainata dalle esportazioni.
Mentre i dirigenti cinesi hanno ben chiaro contemporaneamente quale sia il ruolo rivestito dal loro Paese nell’economia del ventunesimo secolo e che una grande economia non può dipendere, per la propria prosperità, dalla crescita del resto del mondo, i tedeschi sono prigionieri del seguente assunto: la “virtù” della formica tedesca può continuare se continuano ad esistere delle cicale, in Europa o altrove, che vivono al di sopra dei loro mezzi. Questo a priori non tiene conto del fatto che non si possa essere tutti virtuosi allo stesso tempo; un problema non da poco, per un modello economico che si intende generalizzare.
Ma esiste un secondo ed ancor più incisivo risvolto delle direttrici economiche tedesche estese a tutta l’eurozona: puntando su di un modello di crescita trainata dalle esportazioni l’Europa rinuncerebbe ad essere padrona del proprio destino. La Germania sembra intrappolata in una sorta di “sindrome del piccolo Paese”, accontentandosi di proporre ai propri partner europei di salire sulle spalle oggi dell’America, domani della Cina, e chissà di chi altro dopodomani.
Francesco Valerio della Croce
Uno studente di giurispruenza alla Luiss orientato da categorie marxiste è alquanto parossistico, oltretutto in conflitto col concetto di protagonismo che richiama.
Notoriamente l’imprenditore Engels era un nemico del popolo, anche quel borghesuccio di Lenin era un fustigatore di proletari. Grande soddisfazione nel notare che questo commento non c’entra nulla con l’articolo, in conflitto col concetto di pertinenza…
Non credo si possa mettere a confronto la Germania con un paese che è la Cina .. La prima una Democrazia la seconda una specie di dittatura di un partito che di comunista ha solo il nome.
Sono d’accordo sul processare a livello europeo per il suo enorme surplus di esportazioni ( che danneggia tutta l’europa ) ma non si può dire che la cina sia un paese “economicamente corretto” mi dispiace ma è un articolo scritto con i paraocchi.
l’analisi è condivisa anche dai Bolscevichi del Sole 24 Ore (articoli sono facilmente reperibili sul web). Non si può asserire che ci sia un pregiudizio ideologico, in primis per le fonti che ho citato, in secundis perchè io sostengo questa tesisulla base di indirizzi di politica economica: mentre la Repubblica popolare cinese si indirizza verso programmi di incentivazione del consumo interno, la Germania non lo fa (anche se è da notare l’apertura della cancelliera Merkel all’introduzione del salario minimo garantito, una misura tesa proprio a sopperire a questo deficit, probabilmente avvallata anche in sede Ue). Non vedo quindi cosa c’entri la forma di stato (anche se è da specificare che il grosso e più del grosso dell’economia nazionale tedesca è in robustissime mani statali), ergo un’analisi sulle direttrici economiche tra queste due realtà può esserci eccome. Ne approfitto per apprezzare comunque la pertinenza all’argomento dell’articolo.