24 Novembre 2024

Grandi applausi per lo spettacolo Petruška, originalmente rivisitato dal coreografo e danzatore fiorentino di fama internazionale Virgilio Sieni, presentato giovedì 15 marzo nell’ambito della Stagione Danza del Teatro Verdi di Pisa.

Composto dal celebre compositore russo Igor Stravinskij nel 1910 e rappresentato il 13 giugno del 1911 nel Théâtre du Châtelet di Parigi ad opera dei Balletti Russi di Diaghilev, Petruška (balletto in quattro quadri) sembra sintetizzare quello che emerge come il tratto più essenziale e decisivo della cultura russa fra Otto e Novecento: l’affermazione dell’Io come risposta al tentativo di annichilimento del potere. Lo spettacolo era innovativo per l’epoca sia per la musica, con materiali musicali meccanici, ripetitivi e sonorità aspre, dissonanti, sia per le coreografie di Michel Fokine eseguite da due interpreti prestigiosi come Vaslav Nijinski e Tamara Platonovna Karsavina, tra le coloratissime scenografie di Alexandre Benois.


La trama di Petruška, semplice e potente ricorda in certi aspetti quella del nostro Pinocchio o maschere teatrali come Pierrot: un burattino (Petruška), proprietà di un Ciarlatano, che si esibisce durante le feste del martedì grasso a San Pietroburgo, nella piazza dell’Ammiraglio. In questa occasione il protagonista si innamora di una Ballerina ma, a causa di questo amore per lei, subisce la violenza dell’ottuso Moro, che lo uccide. Ma ad essere distrutta è soltanto la sua forma di burattino: la frattura della maschera indossata durante tutto lo spettacolo, fa emergere il volto vero e nascosto di Petruška, che rivendica una vita autonoma e libera.

La vicenda tratta la storia di una lotta: da una parte contro il Ciarlatano, l’uomo che ha professionalizzato la finzione ed il Moro, l’individuo appagato, forte e rozzo. Dall’altra, Petruška è un burattino come gli altri, ma attraversato da emozioni e sentimenti nostalgici, che desidera di essere vivo e vero. L’amore per la Ballerina è l’evento che permette alla vita burattinesca del protagonista di essere sconvolta e trasformata.

VIRGILIO SIENI e i PUPI

Virgilio Sieni ha ripreso il classico balletto attraverso una rilettura originale e contemporanea. Nel destino del burattino, manifestato nei corpi di sei danzatori della Compagnia Virgilio Sieni, il coreografo sembra ricercare un eco dei Balletti Russi, ma anche l’attuale sperimentazione, condiviso con Mimmo Cuticchio, sulle possibili e immaginifiche relazioni tra gesto e marionetta, espresso dal progetto Atlante. L’umano del gesto a Palermo.

“Con l’arte della marionetta – afferma Virgilio Sieni – le leggi naturali del mondo emergono cristalline tra sospensione-orizzontalità e gravità-verticalità, richiamandoci in ogni istante alla ‘risonanza’ quale fonte dei nostri spostamenti e della nostra postura di abitanti del mondo”.

PETRUŠKA mistica e onirica di Sieni

Il lavoro è diviso in due parti e la prima è sicuramente quella più sperimentale. Al posto del classico palcoscenico il pubblico si trova di fronte ad una parete velata, posta quasi al margine del palco. Lo spettacolo si apre il prologo Chukrum, la creazione: i sei danzatori dietro un velo semitrasparente avanzano e si allontanano, creando silhouette scure e dinamiche, restituendo grande drammaticità soprattutto attraverso le mani che, sfiorando il velo, suggeriscono immagini visive, come impronte. La partitura per orchestra d’archi di Giacinto Scelsi (1963) porta lo spettatore all’interno di una visione dal respiro cinematografico, nella quale non arriviamo mai a percepire in modo totalmente nitido figura e volti dei danzatori.

Il velo è l’oggetto drammaturgico ricorrente anche nella seconda parte dello spettacolo, mediante il quale i danzatori si relazionano, come un vero “svelamento”, un attraversamento che si fa passaggio di stato, tra verità e finzione, tra vita e morte, immergendo lo spettatore in una dimensione mistica. Petruška infatti, non è mai umano, ma passa dall’essere un fantoccio alla dimensione di fantasma.

Frammentazione e fragilità sono le costanti attuate dai danzatori, evidenti negli assoli, duetti, terzetti e sequenze d’insieme. Tutti i danzatori sono Petruška, come tutti rappresentano il Moro, identificati da calze nere che coprono il volto e la Ballerina, con tutù e vesti bianche. Ognuno di loro però rappresenta una singolarità attraverso piccoli e diversi accorgimenti, un cappello, una camicia o una piccola gonna, che danno personalità a coloro che diventeranno, di volta in volta, i personaggi della storia.

I danzatori di Petruska sono leggeri, fluidi e dinamici, tra manipolazioni, sospensioni e cadute. Tutto è incorporeo, eppure vitale nel movimento collettivo che rispetta le famose note stravinskiane.


Una rivisitazione di Sieni che entra ed esce dalla storia per apparizioni rapide, come nel momento in cui Stravinskij orchestra la presentazione dell’orso incatenato, nel quale il coreografo oppone ad un assolo di un danzatore un gruppo di danzatori che fingono di sparare.
L’avvicinamento e allontanamento dall’originale procede per sfocature e nitidezze, come nel prologo iniziale. Ed è in questo procedere che Sieni proietta il gesto della marionetta nella quotidiana ricerca di identità, nell’incertezza e nella precarietà della contemporaneità.

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Marta Sbranti

Marta Sbranti, classe 1989. Dopo il Diploma presso l'Istituto d'Arte Franco Russoli di Pisa mi sono laureata in Scienze dei Beni Culturali curricula storico-artistico. Ho conseguito la Laurea Magistrale in Storia delle Arti Visive, dello Spettacolo e dei Nuovi Media, presso l'Università di Pisa. La mia tesi di laurea "Musei e Danza" unisce le mie due grandi passioni la danza e l'arte, che coltivo fin da piccola.
"Toccare, commuovere, ispirare: è questo il vero dono della danza".
(Aubrey Lynch)

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