Il Teatro Verdi di Pisa ha inaugurato lo scorso 21 ottobre la nuova stagione di prosa con l’intramontabile tragedia di Euripide Medea, rendendo omaggio al grande regista teatrale del Novecento Luca Ronconi e riallestita da Daniele Salvo.
Tragica protagonista della storica edizione è Franco Branciaroli, attore e regista che recitò nello stesso ruolo femminile diretto da Ronconi nel 1996. Oggi come allora l’artista veste i panni di una Medea che leggiamo nelle note di regia di Ronconi essere:
“una minaccia, che incombe imminente anche sul pubblico. Per questo suo essere una creatura misteriosa e mostruosa può anche essere interpretata da un uomo. La sua non è una tragedia della femminilità, ma della diversità”.
La regia ronconiana è stata rispettata con rigore, “in questo riallestimento, assolutamente filologico, ho voluto riproporre nei dettagli la regia di Luca Ronconi, senza nessuna intromissione e nessuna aggiunta o sottrazione, – come ha affermato il regista Salvo- ritrovando l’itinerario già percorso da Luca”.
Franco Branciaroli in questo lavoro raggiunge vette di elaborazione interpretativa assolutamente mirabili, indice di un grande studio della psicologia del personaggio. Con grande maestria la sua Medea è sia donna, che uomo ma anche un mostro ingannatore, ambiguo, misterioso, mellifluo e violento.
LA SINOSSI
La trama è nota: tutto accade l’ultimo giorno, in quella Corinto dove la barbara principessa Medea è approdata anni prima lasciando la Colchide per seguire l’argonauta Giasone, da cui ha avuto due figli. Quest’ultimo però l’ha ripudiata invaghitosi, soprattutto per interesse, della giovane Glauce, figlia di Creonte re di Corinto. Così Medea, allontanata dal regno, viene ospitata dal sovrano di Atene Egeo, cui promette con le sue arti magiche (apprese dalla zia Circe) di renderlo fertile e padre. Qui decide di attuare la sua vendetta, inviando un dono al marito e alla sua nuova sposa: una veste e una ghirlanda entrambe avvelenate. La ragazza muore e la stessa sorte toccherà al padre, il re, accorso in suo aiuto. Giasone tenta di salvare i propri figli, ma questi sono già stati trucidati dalla madre. Sul carro del Sole Medea vola ad Atene. A Giasone non rimarrà che struggersi nel dolore e maledire Medea.
MEDEA
Non è un testo classico attualizzato, come afferma Branciaroli e di fatto i dialoghi hanno il ricordo del testo, ma sulla scena non vi sono maschere o riferimenti diretti all’antica Grecia. All’apertura del sipario, sul palco sono disposte alcune sedie, un tavolo, delle vecchie poltroncine da cinema, cassoni uno sopra l’altro come un trono composito, un letto nero e due maxi schermi su cui sono proiettati dei video dall’operazione chirurgica “simbolo del dolore e della vendetta che divorano gli organi interni a “quello di aria, acqua, terra e fuoco tenuti in pugno da Zeus”. Lateralmente un’enorme scalinata di legno, come quelle di un retro palazzo/scena, che vengono percorse sempre di corsa da tutti i personaggi. In quest’ambientazione anni Cinquanta Medea, alias Branciaroli, con una maglia bianca e la sottoveste nera, si mostra come una donna dalla forte componente maschile, che incarna la mostruosità ed il rancore umano. A primo impatto l’interpretazione è spiazzante, come lui stesso ha dichiarato: “spiazzo la gente che s’attende chissà quale metamorfosi: ho una voce normale, la mia, curando solo le appoggiature, le intonazioni che di solito identificano il parlato delle donne”.
UNA TRAGEDIA ATTUALIZZATA, TRA GANGSTER E FEMMINISTE
Medea è il prototipo della minaccia impersonata da uno straniero, che approda in una terra che si vanta di avere il primato della civiltà e la tragedia esprime l’odio di chi approda da una terra considerata barbara, a una comunità che presenta regole e valori morali diversi. L’uccisione dei suoi figli rappresenta non solo una punizione per il tradimento, ma anche un sacrificio rituale per aver abbandonato la propria terra e sposato un uomo greco, trasgredendo i valori tradizionali del suo paese.
Di grande importanza inoltre è il rapporto tra la protagonista e il coro composto da un gruppo di donne che, sollevato con false rivalse femministe, diventano complici dell’omicidio. Grande attenzione è data anche alle difficoltà e ai rischi del matrimonio, elencati da una fredda, calcolatrice e passionale Medea. L’atmosfera complottista del nuovo matrimonio tra Glauce e l’egoista Giasone, Alfonso Veneroso, è sottolineata dalle entrate in scena di un autoritario, ma accondiscendente Creonte, interpretato da Antonio Zanoletti che, con i suoi scagnozzi in eleganti completi scuri come gangster, intimano Medea a lasciare il paese.
Intenso, vibrante e dai toni ironici lo spettacolo Medea travolge il pubblico con una mise en scène tragica, considerata pietra miliare nella storia del teatro nazionale.
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