Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci ha festeggiato il martedì grasso in modo originale, con “La Parata della fine”, il nuovo progetto dell’artista Andreco, in dialogo con la città di Prato e lo spazio museale, a cura di Giada Pellicari. Artista e ingegnere romano, Andreco è dottore di ricerca in Ingegneria Ambientale. Dal 2000 porta avanti la sua ricerca artistica, parallelamente alle sue ricerche scientifiche, verso un progetto multidisciplinare, avente come tema principale il rapporto tra lo spazio urbano e il paesaggio naturale, tra l’uomo e l’ambiente, in tutte le sue declinazioni. Tra i suoi numerosi lavori di videoarte, installazioni, performance e pittura murale, ricordiamo “Climate project”, una riflessione sui cambiamenti climatici a Parigi e Bitonto (BA), “The Rock Slide and the Woods”, parte del progetto “Nature as Art”, la performance “L’erba Cativa (l’an mor mai)”, insieme alla compagnia teatrale Motus, presentata al festival Santarcangelo dei Teatri nel 2015 e la “Parata per il Paesaggio” in Puglia.
Il progetto “La Parata della Fine” è una performance collettiva realizzata in dialogo con la mostra “La fine del mondo”, che ha inaugurato le sale del Centro Pecci, aperta fino al 19 marzo. I problemi ecologici, ambientali, le emergenze e le catastrofi, assumono sempre più rilievo nel dibattito internazionale contemporaneo e nelle riflessioni di Andreco. L’idea di questo progetto nasce proprio come necessità di ristabilire un equilibrio tra l’uomo e la natura, dato che viviamo nell’Era dell’Antropocene, o Capitalocene, in cui l’uomo, spinto da un sistema capitalistico, inquina e compromette l’ecosistema, fino alla sua stessa autodistruzione. La performance collettiva, sotto forma di corteo, ha coinvolto alcuni partecipanti al workshop con Andreco e la comunità locale, lungo un percorso che ha avuto il suo inizio dai Giardini di Piazzale Falcone Borsellino fino al teatro del Centro Pecci, aperto in via eccezionale per questa occasione. I partecipanti alla full immersion di due giorni con l’artista hanno sfilato con il volto coperto da maschere e abiti rigorosamente neri, portando grandi bandiere disegnate dallo stesso Andreco e recanti le immagini simboliche della geologia ferita, per rendere omaggio alla natura, come un rito pagano. Figura centrale della parata era una donna vestita di nero, con in mano un grande ramo d’albero, portato come oggetto magico-divinatorio, propiziatorio per una nuova Era. I performer hanno sventolato le proprie bandiere, sopra alcune delle quali era presente la scritta a caratteri cubitali “THE END”, mentre altre erano ispirate a un paesaggio in disfacimento: solidi irregolari, variamente sfaccettati e identificabili con pietre o macigni frammentati su campiture monocrome.
Il Centro Pecci è stato trasformato, per qualche ora, nel tempio consacrato a questo rituale, facendo da sfondo scenografico alla parata, proprio grazie alla sua architettura curvilinea, che ha dialogato visivamente con i grandi cerchi formati dagli interpreti. Questo progetto partecipativo ha unito, tramite una dimensione multidisciplinare, elementi visivi, musicali e performativi, dando vita a una struttura dinamica, ritmata e coinvolgente. Lungo il percorso sono state fondamentali e di grande intensità due tappe: la salita dei performer sopra la collina vicina al museo e l’entrata nel teatro all’aperto. Qui gli interpreti si sono disposti su due file parallele e, dopo una serie di scambi e brevi percorsi, hanno preso posto negli scalini più alti della cavea, seguendo la linea curva dello spazio architettonico.
La parata è stata accompagnata da alcuni percussionisti e sbandieratori appartenenti ai Piccoli Alfieri di Prato, un gruppo locale che tiene in vita le varie manifestazioni di memoria storica pratese come, ad esempio, il Corteggio e la Palla Grossa. Il pubblico è stato invitato a partecipare attivamente al rituale, vestendosi di nero e indossando maschere nere. Il carattere effimero della performance è ciò che l’ha resa magicamente unica e suggestiva.
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